mercoledì 9 agosto 2023

"Nero è bello", il capolavoro giornalistico di Giampiero Mughini

Giampiero Mughini in "Nero è bello"
Oggi sono capitato casualmente, grazie a Youtube, sul documentario "Nero è bello", realizzato da un Giampiero Mughini in splendida forma, lontanissimo da quella tragica macchietta che ne ha fatto la televisione di regime.
Il documentario è un'analisi attenta e senza pregiudizi della Destra, più o meno extraparlamentare, degli anni '80. Un'ora filata e graffiante condotta da un uomo della Sinistra, anche estrema, capace di mischiarsi senza remore ai gruppi e alle personalità più marcate di un periodo turbolento.
Emerge, attraverso quest'ora di autentica 'lezione civile', la differenza di coscienza, di costume e di autoanalisi che albergava nella società e nei giovani del tempo, in quel caso dell'estrema Destra, proprietari di un lessico oggi sconosciuto e dimenticato, come le stesse sensazioni che esprimeva. Mentre oggi si ride imbarazzati di fronte alla totale ignoranza della storia esibita da parte delle nuove generazioni, oltre che dei fatti del presente, o sulla loro conoscenza trasfigurata dai messaggi 'pulp' dei media dominanti, in "Nero è bello" i protagonisti, giovani e giovanissimi, a volte minorenni, citano sulla punta delle dita non solo personaggi e date chiave della storia, ma ne comprendono pienamente, a volte mistificandone il senso, le vicende rappresentate.
Fino ad affermare, ai microfoni di un programma RAI, il Movimento Sociale Italiano come un "movimento borghese asservito al sistema", aggiungendo che la "democrazia è superata", o sdoganando affermazioni di libera adesione al nazismo da parte di giovani che ammettevano di avere in Adolf Hitler il proprio punto di riferimento. Si immaginino gli effetti delle stesse dichiarazioni oggi.
Guardare, ma anche solo ascoltare "Nero è bello" non è solo osservare una prova di grande giornalismo, è anche specchiarsi in un passato che pare lontano migliaia di anni, una delle ultime propaggini in cui l'uomo moderno ha vissuto e si è scontrato attraverso l'elaborazione di idee proprie, o quasi, certamente prima che la propaganda moderna stravolgesse le menti deboli e i cervelli sempre più sgonfi quelle masse che, come recita il titolo di un disco di Giorgio Gaber, sono ormai ridotte a 'polli di allevamento'.