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La prima pagina de "Il Corriere della Sera" di lunedì 13 luglio |
Andrzej Duda ha vinto di misura, ma ha vinto. Un successo fondamentale che l'ha confermato presidente della
Polonia.
Duda, esponente tipico del 'sovranismo' in stile
Visegrad è stato rieletto al ballottaggio contro il sindaco di Varsavia,
Rafał Trzaskowski, con il 51,2% delle preferenze, con lo sfidante fermatosi al 48,8% delle preferenze, una vittoria risicata come lo era stata quella precedente, ma con un numero di votanti nettamente superiore a favore del vincitore, quasi due milioni in più rispetto al 2015.
Un distacco minimo, racconta l'
ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), che ha tenuto la Polonia (e l’Europa) con il fiato sospeso, per quello che in molti hanno definito l’appuntamento politico più importante per il Paese dalla fine del comunismo. Un esito che riflette l’immagine di una nazione comunque divisa in due. Se l’ovest e le grandi città hanno votato in massa per l’europeista Trzaskowski, candidato della ‘Coalizione civica’ dei partiti liberali, le regioni rurali dell’est si sono confermate il bastione che ha consentito a Duda di ottenere la rielezione.
Per la commissione elettorale si è trattato delle elezioni più partecipate di sempre: al primo turno l’affluenza era stata del 63% degli aventi diritto, mentre ieri a recarsi ai seggi è stato il 68,8%. Un record storico, tra i più imponenti dal 1989.
Nonostante l’impatto economico del
coronavirus, la ricetta conservatrice del presidente, formalmente indipendente ma sostenuto dai nazionalisti del Partito Diritto e Giustizia (PiS), fondato dai gemelli Kaczyński, che ha la maggioranza in Parlamento dal 2015, è riuscita a convincere ancora una volta gli elettori polacchi.
Forte di una campagna elettorale particolarmente aggressiva nei confronti della comunità LGBTQ, in nome della presunta difesa di “valori nazionali e cristiani” Duda ha fatto breccia nell’elettorato più conservatore delle regioni orientali e a maggioranza rurali. La mappa del voto ricalca quindi il profilo di un Paese diviso, con caratteristiche economiche, culturali e storiche diverse tra ovest ed est.
Dall'altra parte Trzaskowski incarnava la classicia figura filoeuropeista e progressista, tanto cara ai magnati di Bruxelles, che sino alla fine hanno incrociato le dita sperando nella vittoria del loro candidato prediletto, fautore di una linea durissima verso la Russia.
La rielezione di Duda costituisce un'importante vittoria per il partito di governo (PiS). L’ordinamento polacco, infatti, assegna al Capo dello Stato un veto forte e ora l’esecutivo non ha più motivo di temere ostacoli alle riforme che più volte lo hanno posto in rotta di collisione con le istituzioni di Bruxelles. Se l'opposizione controlla ancora il Senato, infatti, la Camera Bassa (Sejm) può ribaltare le obiezioni mosse dai senatori e a quel punto solo un veto presidenziale ha il potere costituzionale di bloccare l’iter legislativo.
Durante una campagna elettorale dai toni particolarmente accesi, il leader del PiS, Jaroslaw Kaczynski – considerato da molti il leader de facto del paese –, ha suggerito che il Governo potrebbe mettere sotto controllo i media stranieri, troppo critici nei confronti dell’esecutivo.
Per la prima volta dal 1989, i due candidati alla presidenza non hanno partecipato ad alcun dibattito televisivo in comune. Incapaci di convenire su un’unica emittente, boicottandosi e rinfacciandosi l’un l’altro di intervenire solo in trasmissioni di parte, Duda e Trzaskowski hanno evitato ogni confronto diretto davanti alle telecamere.
Da parte degli sconfitti ci sono state le classiche accuse di irregolarità del voto. In molti hanno lamentato di non aver ricevuto le schede elettorali per tempo e di non essere riusciti a votare. In totale si tratta di circa mezzo milione di elettori, il cui voto però difficilmente avrebbe potuto ribaltare la situazione.
Matteo Tacconi, giornalista, commenta: "Il voto conferma che la Polonia è spaccata. Quasi due paesi in uno. Duda è prevalso nelle aree rurali, con percentuali molto alte nella fascia est del territorio. Il suo bacino elettorale corrisponde alla Polonia più conservatrice, più influenzata dalla chiesa cattolica, più scettica verso l’Europa e più lenta, a livello di passo economico. Al contrario, Trzaskowski ha vinto nelle regioni dell’ovest e in tutte le grandi città: Varsavia, Cracovia, Danzica, Poznan, Breslavia. La Polonia che lo ha votato è quella parte di Paese più prospero, più aperto verso l'Europa e i suoi paradigmi liberali. Il voto regionale si conferma un ottimo filtro per capire il quadro politico polacco e la sfida tra le due 'tribù' – populisti e liberali – che si contendono il paese da 15 anni".
Prosegue Tacconi: "A proposito di città, il prossimo obiettivo dei populisti e di Duda, fautori di un potere centrale forte, potrebbero essere i poteri dei sindaci. Diritto e Giustizia (PiS) controlla parlamento, presidenza, magistratura, radio-tv di Stato. A livello locale, però, non riesce a sfondare nelle grandi città. Sono tutte a trazione liberale. Da cui questa ipotesi, per ora un 'rumor', sul taglio del potere dei sindaci. Cosa che viene portata avanti, proprio ora, nell’Ungheria Viktor di Orban, a cui le leadership polacca in parte si ispira".
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L'articolo di "Libero" |
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L'articolo de "Il Manifesto" |
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L'articolo de "La Repubblica" |
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