venerdì 24 maggio 2019

La Sinistra e l'eterna omologazione, ecco perché bisogna svoltare a Destra

I leader dell'Europa dei Popoli: uno sguardo nuovo al futuro
Gli attentati continuano, i morti non si contano, i crimini commessi da extracomunitari, stranieri e clandestini in genere dilagano, solo i centri cittadini sapientemente (e furbescamente) agghindati a giardino dalle giunte comunali fanno da maschera alla drammatica situazione delle periferie italiane, ormai 'okkupate' dal cancro di una presenza di etnie che con l'integrazione dei luoghi ospitanti non hanno nulla a che spartire e che anzi, in maniera sempre più evidente, cercano di sovrastare in numero e presenza soffocante, imponendo la propria legge e dando il là a quella che si profila come una vera e propria 'sostituzione etnica', quella tanto auspicata dalle grandi multinazionali della globalizzazione, a caccia di un popolo 'massa', senza nome né identità, quel 'sentiment' che solo una coscienza nazionale ed etnica possono fornire.
Di fronte a ciò il variegato e multiforme (o deforme) mondo dell'accoglienza a tutti i costi, di quel buonismo che in realtà è solo fumo negli occhi di ignoranza o connivenza criminale con chi sull'immigrazione specula per interesse economico o calcolo politico.
Del resto la Sinistra ha sempre giocato su questo equivoco, a cominciare da quegli anni '70 in cui i nemici erano il 'padronato' (parola tanto cara al sindacalista Luciano Lama) e la borghesia, rei di investire e rischiare di tasca propria per cercare di tirare avanti la baracca del Paese, a presunto danno del 'proletariato'. La realtà era ben altra: il sopracitato proletariato trovava agio in una nuova dimensione dell'industria e del commercio, quell'idea 'olivettiana' che tanto spaventava la Sinistra perché ne cauterizzava gli scopi e le iniziative, ovvero riusciva a soddisfare tutte le richieste dei lavoratori senza bisogno della Falce e del Martello. Defunto il mondo proletario, e con esso il 'fascismo' borghese, la Sinistra si è presto dovuta trovare un altro nemico, trovandolo nel magnate per eccellenza, Silvio Berlusconi che, macchia forse peggiore, era direttamente collegato al Partito Socialista, che del comunismo è sempre stato il primo nemico, in quanto socialdemocrazia avversa a ogni ribaltamento violento e rivoluzionario del potere al governo. Ma anche con Berlusconi è andata male. Per poterlo battere la Sinistra si è dovuta snaturare, cancellare nome e cognome d'origine, abbattere il comunismo e fingersi democratica alleandosi con le aree più buoniste e retrive del mondo cattolico. Senza successo. La gente ha capito che Berlusconi forniva risposte a temi che la Sinistra non sapeva nemmeno affrontare. Passata l'onda del Cavaliere era necessario trovare un nuovo avversario e delle nuove, presunte, vittime. Ed ecco profilarsi la figura di Matteo Salvini, abilissimo genio politico, capace di trasformare la Lega Nord in partito nazionale, portandola dal famoso 'prefisso telefonico' a partito preferito dagli italiani. Smacco, livore, odio. Un altro boccone amarissimo da ingoiare per la Sinistra, a caccia degli ennesimi alleati, fossero cani, porci o entrambi. Pronta a sparare ogni proiettile, talvolta anche non in senso figurato contro il 'fascista' di turno, quel termine sempre caro ai partigiani rossi, usato contro chiunque la pensi in maniera diversa dalla loro. Oggi come negli anni '70 ogni scusa è buona per sollevare violenza e creare tensione, additare a crudeltà laddove ci sia solo buon senso. La realtà è che, di fronte a quella guerra che prima o poi dovremo combattere contro il cancro dell'invasione nordafricana e mediorientale, in gran parte connotata dalla religione islamica, solo la nuova Destra europea ha saputo dare risposte chiare e vicine alle esigenze dei Popoli. Quelli veri, con la 'P', maiuscola alla ricerca di una ritrovata dignità, che la Sinistra e i suoi accoliti vogliono sotterrare nel nome della nuova omologazione di massa: dopo aver fallito con quella di classe, ci riprovano con quella etnica.

giovedì 23 maggio 2019

Mad Mood, c'è anche Eva Henger

Eva Henger a colloquio con Marianna Miceli
Mad Mood non delude mai, che sia nella sua sede originale, Milano, oppure in quella terra salentina patria di Marianna Miceli, che dell'ormai noto e consolidato format che vede protagonista il mondo della fashion, è stata ideatrice e attenta organizzatrice nel 2016.
Anche in questa occasione tante sono state le proposte scese in passerella, con le collezioni estive di moltissimi brand internazionali, fra cui Pia Carregal dall’Argentina, Anor Atelier dall'Uzbekistan, Imen Design e Gatty Garb dall’India.
Spazio alla moda 'baby', con una 'modellina' d'eccezione, al secolo Jennifer Henger Caroletti, figlia della showgirl Eva Henger, che ha sfilato a sua volta per una figlia... d'arte, la giovanissima stilista Perla Maria Monsé, figlia di un'altra protagonista del mondo dello spettacolo, Maria Monsé, supportata nell'occasione dalla celebre designer pugliese Carmen Clemente, titolare dello Storico Atelier Carmen Clemente Couture.

Sull'argomento leggi anche:
Nord Light Fashion Show, una giornata che Petrozavodsk non scorderà

martedì 21 maggio 2019

Il Trono di Spade, perché non poteva finire se non così

Leggo di polemiche aspre relativamente al finale dell'ottava stagione de Il Trono di Spade, una delle più belle serie televisive di sempre, resa palpitante ed emozionante fino al termine dell'ottava stagione... o quasi.
Perché, in effetti, la sesta e ultima puntata dell'ultima stagione, a fronte di tanto pathos, è parsa quasi segnata fin dall'inizio. Jon Snow non poteva se non rivoltarsi contro Daenerys Targaryen, dopo l'orrore della distruzione di Approdo del Re con massacro annesso.
Sansa Stark e Arya Stark non litigheranno per dividersi Grande Inverno, ma ognuna andrà per i fatti suoi, senza pestare i piedi alla sorella, Brandon Stark, controvoglia, diverrà il 'grande pacificatore', dietro proposta di un Tyrion Lannister in catene, gli 'unsullied' e gli 'uomini di ferro' tornano alle rispettive origini, o meglio, i primi occuperanno senza fiatare, in nome della pace, le terre loro proposte da Davos Seaworth (o altre). Jon alla fine torna addirittura a nord della 'barriera' dove incontra gli ex Bruti per cominciare una nuova vita.
Dopo sette stagione e 90% di guerre e tradimenti, il finale de Il Trono di Spade si riduce a un mieloso consorzio di reciproci intenti. Forse sono state troppo poche sei puntate per chiudere la sceneggiatura, né so perché siano state solamente sei, Difficile però pensare che i protagonisti, nell'ambito del racconto, potessero volere qualcosa di diverso. Che so io, Tyrion uccidere Sansa riaprendo la faida Lannister-Stark, o le due sorelle uccidersi a vicenda, o Jon Snow dichiarare la verità delle proprie origini reclamando i Sette Regni e obbligando tutti a una nuova guerra, oppure il 'bastardo' Baratheon reclamare pure lui i propri nobili natali. Ciò che di cruento doveva essere è stato tutto condensato nella penultima puntata, e forse, con due puntate in più, l'unica alternativa sarebbe stata quella di fare sopravvivere Cersei Lannister, salvata dal corpo del fratello Jaime, per lasciare il dubbio di una nuova guerra futura condotta dal figlio poi partorito. E magari si sarebbe potuto chiudere così, con un piccolo brivido, a fronte dell'allegra tavolata dei nuovi consiglieri di re Brandon.
Ora possiamo solo sperare nei spin-off. Nel prequel già in opera di allestimento, che vedrà protagonista niente meno che Naomi Watts, e magari in qualche storia parallela, tipo il futuro di Arya Stark a... ovest di Westeros, o di qualche altro protagonista lasciato libero di costruire una nuova avventura in grado di tenere gli appassionati di questa incredibile saga ancorati alle poltrone.

mercoledì 1 maggio 2019

Nord Light Fashion Show, una giornata che Petrozavodsk non scorderà

Una delle collezioni che hanno sfilato a Petrozavodsk
La favola di Petrozavodsk ha avuto il suo lieto fine. La prima edizione del Nord Light Fashion Show è terminata fra gli applausi, e al di là di ogni più rosea immaginazione. Svetlana Semenova, la mente ma anche il braccio di questo 'numero zero' di un progetto che ha nel mondo della moda il suo punto focale, a fine giornata era come intontita e stravolta dalla stanchezza, quasi incapace di cogliere la grandezza di un evento da lei creato dal nulla, a costo praticamente zero, e che ha portato negli spazi adiacenti all'Università di Petrozavodsk, dove le sfilate si sono svolte, 11 stilisti, 15 collezioni, 60 modelle e oltre 300 persone che si sono accalcate per celebrare quella che rimane una giornata unica e da ricordare per la capitale della Carelia, repubblica russa al confine con la Finlandia.
Alla fine tanta soddisfazione per tutti: per Svetlana, che lentamente ha preso coscienza, con il passare delle ore, dell'eccezionalità del proprio lavoro, dei vari designer, che hanno trovato dopo tanto tempo (per la prima volta, a dire la verità), una scusa e uno spazio per poter, nel vero senza della parola, finire sotto i riflettori, e per le giovani modelle che hanno preso parte alla due giorni (la prima giornata è stata dedicata alle prove). Tutte ragazze che nella vita fanno altro, studentesse, cameriere, segretarie, mamme e casalinghe, ma che per due giorni hanno vissuto la magia della fashion e del carpet, trasformando in realtà, per molte, il sogno di una vita.
A essere sinceri, forse non tutte le collezioni erano di prima qualità e il legame con la tradizione si è fatto anche troppo sentire, penalizzando le novità. La cosa importante, però, era cominciare, tracciare una linea fra ciò che non c'era mai stato in una città in cui esiste un enorme potenziale di giovani ma dove è necessario fare ancora passi avanti per uscire dal passato. Svetlana Semenova, e tutti coloro che hanno preso parte a questa giornata incredibile, lo hanno capito. (tutte le foto di Massimiliano Bordignon)