sabato 29 luglio 2017

Technoir, musica magica notturna e... italiana!

Jennifer Villa, cantante dei Technoir
E' notte. Non ho voglia di andare a dormire. E là fuori qualcuno merita un mio post. Che forse non leggeranno in molti. Ma questo poco importa. Perché una voce ne vale cento. E cento voci ne valgono mille e geometricamente così via. Per questo voglio portare 'il mio piccolo mattoncino' (come diceva un mio antico 'padrone') alla cattedrale dei Technoir, duo musicale genovese trasferitosi a Milano, composto da una voce femminile, Jennifer Villa, italonigeriana, e da una chitarra (e tanto altro) maschile, al secolo Alexandros Phoenix, greco 'hablante' un perfetto italiano. Loro invece cantano in perfetto inglese su una musica che potrei definire elettrosoulnujazz.
Hanno ottenuto una conoscenza internazionale che li ha fatti notare dalla rivista "Afropunk", anche se io li ho conosciuti poco fa grazie a un equivoco. Stavo ascoltando su Youtube una cover davvero originale di "The Voice" degli Ultravox, da parte di un gruppo con lo stesso nome, Technoir, A lato, altri brani eseguiti dalla stessa band. E invece no. E così mi sono imbattuto nelle note accattivanti e in un sound notturno e cittadino.
Attualmente stanno percorrendo un lunghissimo tour che li ha portati in Centro e in Nord Italia, debordando in Svizzera per un paio di concerti. A Milano arriveranno il 7 settembre, ancora non si sa dove, ma l'appuntamento si presenta davvero immancabile.

Starbucks, dalle palme alle stalle

30 gennaio, titolo de La Stampa: "Starbucks sfida Trump: assumerà 10mila rifugiati nelle sue caffetterie".
27 luglio, fonte ANSA: "Nell'annunciare i risultati trimestrali Starbucks comunica il taglio di 3.300 posti di lavoro".
E sono gli stessi che hanno messo le palme davanti al Duomo... #Starbucks

giovedì 27 luglio 2017

Milan, parte dalla Romania la nuova avventura europea

Tre anni e cinque mesi dopo la sua ultima apparizione, il Milan torna nell'Europa del calcio. Lo fa, con frase abusata, dalla porta di servizio dell'Europa League. Questa sera, alle 20, i rossoneri saranno infatti di scena allo Stadionul Municipal di Severin contro la Universitatea Craiova, squadra rumena che dovrà rinunciare all'impianto di casa, in via di ricostruzione. Si tratta del terzo turno preliminare, il cui eventuale superamente porterebbe a un ulteriore doppio confronto di playoff, e solo successivamente alla sospirata fase a gironi, che poi sarebbe l'Europa League vera e propria. Il Milan, ancora con molti infortuni e giocatori in ritardo di condizione, dovrebbe però poter disporre senza eccessivi sforzi di una squadra che, è bene ricordarlo, è allenata da un italiano, Devis Mangia, e ha un giocatore italiano in rosa, il centrocampista Fausto Rossi, 96 presenze in Serie B e 25 nell'Italia Under 21.
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martedì 25 luglio 2017

Razza, Giuliani e gli abbracci: la Sinistra e i concetti che fanno paura

La Prestipino con la Boschi e Speranza, il 'nuovo vecchio' PD 
Chi è abituato a combattere per il nulla, per un nulla si mette a combattere. E' il caso della Sinistra, tutta, corta, media ed estrema, che una volta di più, fa capire come siano ormai finiti oltre il limite quel misto di ideali, idee e obiettivi concreti che, forse, mezzo secolo fa, poteva ancora sbandierare a buon diritto. Ormai gli ultimi vagiti di esistenza di chi ancora sventola bandiere rosse (o arancioni) sono sepolti da slogan, demagogia, tentativi di ristabilire una coscienza di classi ormai scomparse da decenni, seppellite da quello stesso nemico che i Comunisti volevano combattere, quel grande Capitale di cui la stessa Sinistra è stata la prima collaborazionista, tutto pur di uccidere la piccola industria, il commercio, il lavoro autonomo, la vera spina dorsale di questo Paese che chiamiamo Italia.
L'ultima grande scoperta della Sinistra, mai tanto benedetta, sono stati i 'rifugiati'. Chiamati con il passare del tempo 'migranti, 'vittime', 'fuggitivi', perfino 'fratelli' dai più millenaristi, che ora vorrebbero trasformare questa gente, che io altro non posso definire se non 'invasori', in 'italiani'. I rifugiati costituiscono l'ultima grande speranza della Sinistra. Del creare una nuova ideologia di eguaglianza, ma soprattutto di raccogliere voti. Voti che, è bene saperlo, si dissolveranno non appena i cosiddetti rifugiati capiranno che dovranno poi accogliere altri migranti che verranno dopo di loro. Tutto senza regole, ovviamente. Perché l'ordine è brutto, cattivo, e perfino un po' fascista. E allora proseguirà la lotta fra poveri. Prima fra italiani e africani, poi tra africani di prima e seconda 'invasione'.
A seconda del grado di caos auspicato, la Sinistra si è poi spezzettata in gruppi e gruppuscoli, ognuno degnissimo e rappresentato da un Personaggio Pensante. Nel caso di Campo Progressista si tratta di Giuliano Pisapia che, oltre a essere stato sindaco di Milano, 'vanta' l'aver rappresentato, come legale, la famiglia del 'galantuomo' Carlo Giuliani (colui che stava per assassinare un poliziotto con un estintore e poi venne ucciso, per legittima difesa, dal poliziotto stesso). In un mirabile 'fondo' uscito lunedì 24 luglio su "Il Giornale" e intitolato "Ai comunisti non piacciono gli abbracci", Alessandro Sallusti ironizza sull'affettuoso slancio che Pisapia ha riservato a Maria Elena Boschi, la 'cattiva' di una Sinistra un po' meno Sinistra. Un abbraccio fortemente criticato dai compari dell'ex sindaco arancione: "E su questo - scrive Sallusti - è in corso 'un ampio e approfondito dibattito' in stile soviet con tanto di richieste al povero fedifrago di chiarimenti e scuse ufficiali".
La scena è però presto virata su un altro piddino reo di uno psicoreato ancora più grave: avere espresso il proprio pensiero di padre proprio su quel Giuliani di cui sopra. Il problema è che, al giorno d'oggi, gli psicoreati diventano meno 'psico' se li si rende di pubblico dominio su Facebook. E così Diego Urbisaglia, consigliere PD di Ancona, l'ha certamente sparata grossa: "Oggi nel 2017 che sono padre, se ci fosse mio figlio dentro quella 'campagnola' gli griderei di sparare e di prendere bene la mira. Sì, sono cattivo e senza cuore, ma lì c'era in ballo o la vita di uno o la vita dell'altro. Estintore contro pistola. Non mi mancherai Carlo Giuliani". Non credo sia questione di cattiveria, perché chiunque di noi fosse stato dentro la camionetta avrebbe tentato di difendersi da un criminale (presunto?) che avesse cercato di ucciderlo. Va detta una verità: la 'colpa' di Urbisaglia non è stata tanto la frase, certamente cruda, quanto quella di avere toccato uno dei 'santini' della Sinistra estrema ed extraparlamentare, quella del G8 e di Genova, da cui uno come Giuliani è riuscito a uscirne martire.
Non basta. Nel giro di tre giorni la Sinistra è scivolata sulla terza buccia di banana: 'merito' di Patrizia Prestipino e di una sua improvvida frase: "Se uno vuole continuare la nostra razza, se vogliamo dirla così, è chiaro che in Italia bisogna iniziare a dare un sostegno concreto alle mamme e alle famiglie. Altrimenti si rischia l'estinzione tra un po' in Italia". Apriti cielo. Dimissioni richieste a gran voce da tutto il web sinistrorso, reazioni schifate e indignate da parte del mondo del "siamo tutti fratelli". Tutto per una parola, 'razza', che è stata sempre usata, nel corso della storia, per identificare diverse popolazioni. Wikipedia, che certamente non è l'Accademia della Crusca, la definisce come "gruppo d'individui di una specie contraddistinti da comuni caratteri esteriori ed ereditari". Onestamente non vedo nulla che possa opporre questa definizione al concetto di 'italiano'. Se non la demagogia imperante della sinistra, che in 'razza' vede una parola di origine fascista e pertanto essa stessa pericolosa. Un altro psicoreato, insomma. Razze? Popoli? Genti? Importa veramente? Non conta forse più come la parola venga usata? E poi, è sbagliato identificare un popolo con un concetto o una frase, quando è evidente che tra questi e altri gruppi di genti esistano palesi differenze? Per i fautori dell'accoglienza indiscriminata, a cui pare brutto dare dignità di popolo a chi abita la Penisola Italica, evidentemente sì.

lunedì 17 luglio 2017

Teodora e le sue amiche, sorrisi sensuali dal Montenegro a Milano

Teodora Radovic
Prendi un gruppo di ragazze montenegrine, cinque più parente accompagnatrice, aggiungi una giornata di sole estiva, porta il tutto in Piazza Duomo e aggiungi un fotografo in erba come il sottoscritto. Shakera il tutto e servi con l'ombrellino e un po' di zucchero durante un pomeriggio milanese.
E' questo il cocktail vincente del mio recente incontro con Teodora Radovic, ragazza in realtà nata in Italia a Roma ma poi rientrata in quel Montenegro sua terra d'origine, e unica in grado di parlare un italiano forbito del gruppo.
L'ho subito notata mentre si faceva fotografare da una delle amiche. Come in una formazione di pallavolo, oltre a lei, la 'squadra' montenegrina 'schierava' Sonia Uskokovic e le sorelle Ksenija, Milena e Dragana Draskovic. Un perfetto mix di colori fra bionde e more, tratti quasi nordici, forse mitigati dall'altezza, non esagerata. Tutte molto, molto carine.
Il gruppo di ragazze montenegrine davanti al Duomo
Ecco allora che l'italiano medio, un po' vitellone in stile anni '50 come il sottoscritto, ha cominciato a scattare foto una in fila all'altra, immagini un po' rubate, lasciandosi rapire dalla bellezza delle ragazze in questione. Fino all'assalto finale, con la rivelazione della propria presenza e, ovviamente, la propria disponibilità a proseguire il 'servizio', questa volta sfruttando la collaborazione delle 'modelle per un giorno'. Che, a dispetto di molte che avrebbero potuto reagire in maniera antipatitca, è arrivata fra sorrisi e qualche battuta, con Teodora che mi ha lasciato anche il proprio contatto Facebook. Spero che queste foto vi piacciano e, soprattutto, piacciano alle ragazze dell'Est Europa.
Teodora e le sue amiche, intanto, hanno proseguito il proprio viaggio verso est, visitando Padova, Venezia e, forse, Trieste. Per me è stato un pomeriggio molto divertente. Sia dal punto di vista fotografico, sia perché mi ha permesso di conoscere cinque belle ragazze montenegrine, le prime persone che io abbia mai incontrato originarie di quella nazione. Delle splendide ambasciatrice, non c'è che dire... Ciao, Teodora, buon viaggio e buon ritorno a casa! 
(foto Massimiliano Bordignon)





giovedì 13 luglio 2017

La treccia femminile torna a infiammare la moda

Lagertha e Aslaug, fiere e bellissime nemiche in "Vikings"
La treccia torna di moda fra le capigliature femminili, e io sono felice. L'ho notato già da un paio di anni, forse meno. Al bar, all'Esselunga, per strada, sui tram. Un modo di agghindare i propri capelli fra i più sensuali e parte della millenaria storia dell'uomo. Tanto più importante perché la treccia (o le trecce, senza la 'i', nel caso ce ne siano almeno due) fa scivolare la mente al passato medievale (o ancora più antico) in cui i popoli europei, in particolare quelli germanici, la utilizzavano, almeno secondo quanto possiamo vedere in alcuni film e telefilm, fra cui il favoloso "Vikings" e le due meravigliose Lagertha e Aslaug. Un passato di popoli fieri, capaci di conservare la propria identità.
Ecco, la treccia (da non confondersi con le riprovevoli treccine rasta che, ovviamente, nulla hanno a che vedere con la nostra cultura), di cui pure l'origine non è per niente europea (come leggerete più sotto) riporta alla mente il nostro comune retaggio.
Secondo Wikipedia "La treccia come capigliatura risale al periodo egizio fino al 4.000 a.C. Prima ancora fu sviluppata nell'Africa occidentale come status sociale nelle tribù. Dato il tempo per creare tali acconciature, si creava socialità tra le donne locali. L'arte la si apprendeva in giovinezza guardando le donne più anziane. L'etimologia della parola treccia non è chiara, potrebbe derivare dal greco tricha (in tre) o dal latino tricae (viluppo), trinus (di tre) o trix (capello)".
La cosa che però balza all'occhio più di tutto è il senso di ricerca e di stile, che prevale e ammalia in un mondo triste e sempre più uguale dove tutte le donne, così come gli uomini, tendono alla scelta più facile e accettata al pensiero dominante: svegliarsi al mattino e pettinarsi come capita. Ora però l'invito è: non fatevela tutte!

sabato 8 luglio 2017

I media anti Casa Pound si dimenticano dei centri sociali

I centri sociali attaccano la polizia fuori da Palazzo Marino
Dunque, facciamo un po' di chiarezza. Casa Pound pochi giorni fa ha compiuto una legittima, per quanto un po' irruenta, protesta a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano (ovviamente enfatizzata dai media schierati a sinistra e subito definita 'blitz' con toni da guerra di trincea). L'obiettivo era il sindaco Giuseppe Sala, ex commissario unico di EXPO, ormai da diverso tempo alle prese con vicende poco chiare legate all'Esposizione Universale del 2015.
Fuori, nel frattempo, si schierano le solite 'squadre' leoncavalline di picchiatori vari, la cui presenza i soliti media (si ascolti il fantasioso resoconto di Telereporter) cercano di fare passare quasi come casuale e dovuta solo a un incontro con alcuni consiglieri (a cui ci si era presentati in un centinaio, ma vabbeh...). In pochi secondi partono le minacce, i tentativi di aggressione ai ragazzi di destra (che in realtà stavano tranquillissimi all'interno di Palazzo Marino) e alla polizia. In pratica si tratta della stessa gente che okkupa case impunemente senza che nessuno la sbatta in galera, e che difende clandestini e spacciatori, protetta e spalleggiata dalla giunta rossa di turno.
Questo sabato l'ineffabile ANPI (le famose migliaia di partigiani di 105 anni ancora in vita) organizza una 'riflessione' (tze...) sul tema “L’escalation dei neofascismi e il ruolo delle Istituzioni", si ribadisce, 'dopo l'irruzione di esponenti di Casa Pound in Consiglio Comunale', evento a cui prenderà parte, ovviamente, il sindaco Sala. Per la serie, se la suoneranno e se la canteranno, con tanto di presenza del Comitato permanente antifascista contro il terrorismo per la difesa dell’ordine repubblicano (yuppie!). Intanto, i picchiatori e i violenti dei centri sociali continueranno impunemente ad agire indisturbati nel nome di una loro presunta idea di democrazia di comodo. George Orwell non avrebbe mai osato immaginare tanto...

mercoledì 5 luglio 2017

Islam no grazie, nasce il Partito Anti Islamizzazione

Il Partito Anti Islamizzazione è stato presentato a Milano, PAI come acronimo, il suo primo segretario è Stefano Cassinelli e può contare fra i suoi sostenitori e iscritti lo psichiatra Alessandro Meluzzi.
Un inizio che ha dovuto superare l'ostacolo della chiusura del locale che avrebbe dovuto ospitare l'evento (lo Spazio Cobianchi di Piazza Duomo), che all'ultimo momento ha addotto delle problematiche di carattere burocratico. Divertente la mia discesa nel locale, con la hostess che mi guarda tra l'infastidito e l'interrogativo, come se si trovasse di fronte a un alieno. "Ma scusi, l'evento di oggi?". "Nessun evento", la risposta gelida. Va bene, ci crediamo.
La conferenza si è così risolta in un dialogo aperto ai giornalisti in una via alle spalle del Duomo, in cui è stato dapprima Meluzzi a esporre i nove punti che il partito barra movimento si pone come obiettivi da realizzare.
Primo fra tutti "contrastare ogni forma di radicalizzazione dell'Islam" e "ogni tentativo di sottomettere la libertà sociale e culturale dell'occidente", citando come esempio la presenza, accettata in alcuni Paesi europei come la Gran Bretagna, di corti islamiche il cui verdetto possa essere concorrenziale o addirittura superiore a quello dello Stato. così come un rischio da valutare sono le provenienze dei denari raccolti da investire in nuove moschee o ancora nella fantomatica università islamica che sarebbe dovuto essere realizzata nel Salento.
Il continuo sbarco e la continua nascita di figli fanno della popolazione islamica italiana l’unica a trend positivo, con la possibilità di avere decine di milioni di praticanti nei prossimi decenni. Una realtà che, in chiave fantasiosa ma drammaticamente pericolosa, è stata esposta dal noto scrittore francese Michel Houellebecq nel suo libro "Sottomissione".
(foto Massimiliano Bordignon)

martedì 4 luglio 2017

Comincia la Milano-Taranto, moto d'epoca fra turismo e gastronomia

Nelle foto sopra e sotto, alcuni dei partecipanti alla corsa
Ha preso il via all'Idroscalo la 31.a edizione della Milano-Taranto, maratona per moto d'epoca.
Allo scoccare della Mezzanotte, I 208 concorrenti, provenienti da 14 Paesi diversi (fra cui l'Australia e il Giappone) sono partiti a gruppi di due e di tre da Punta dell'Est, per una settimana di viaggio che li porterà nella cittadina pugliese l'8 luglio suddivisi in varie categorie: sidecar, scooter, classe 100, 125, 175, 250, 500 ed oltre, a cui si aggiunge il gruppo degli 'assaggiatori', che valuteranno insindacabilmente quello che sarà il miglior 'punto ristoro' dell'edizione 2017.
Bei volti di appassionati, anche piuttosto agée, delle due ruote, qualche (poche in realtà) centaura al femminile, tanti coloro che hanno scelto un abbigliamento storico, consono alla moto d'appartenenza. Una bella atmosfera, per uno degli ultimi e più grandi eventi del genere.
In totale verranno toccate 7 regioni, con 28 fermate in Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Molise, Basilicata e Puglia, per 1700 chilometri totali.
Nessuna gara o competizione, ci tengono a sottolineare gli organizzatori: la Milano-Taranto è solo una splendida rievocazione di una massacrante gara del passato, a cui unisce la gioia del viaggio, la scoperta dei luoghi e il gusto dei sapori del Belpaese. (foto Massimiliano Bordignon)