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Foto di Rock Staar su Unsplash |
Sono molto interessanti i dati emersi da una ricerca promossa dall'
Istituto IASSC del
Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca. Si tratta dell’indagine longitudinale e pluriennale
“Italian Lives”, una fotografia di carriera, stipendi e livelli di stress degli italiani, una fotografia della qualità del lavoro in Italia.
Così, dai dati raccolti si ricava che
il 54,4 per cento del campione ritiene scarse le prospettive di carriera. Il 56,2 per cento ritiene che il lavoro lo impegni molto fisicamente e il 59,3 per cento si sente sotto pressione per ritmi e scadenze temporali.
"Un dato confermato purtroppo da livelli ormai intollerabili di infortuni e morti", sottolinea il professor
Serafino Negrelli, docente dell’Ateneo e direttore dell’Istituto IASSC. Il 60 per cento del campione concorda invece che la retribuzione sia adeguata, che il lavoro svolto abbia un adeguato riconoscimento, che gli orari di lavoro, al di là dei ritmi stressanti, si concilino abbastanza con gli impegni familiari e sociali e il 58,2 per cento degli intervistati sostiene di ricevere supporto e aiuto da colleghi e vertici.
Le donne nelle generazioni più recenti, X e Millennials studiano di più rispetto ai coetanei maschi ed entrano più tardi nel mercato del lavoro. Più nello specifico, le donne appartenenti alle ultime generazioni mostrano un’età mediana di ingresso nel mercato del lavoro che si attesta a 24 anni, tre anni in più rispetto ai coetanei uomini. Tale differenza di genere è da imputare alla persistenza di stereotipi, norme, modelli culturali e carenza di domanda di lavoro che penalizzano in primo luogo le donne meridionali. Va comunque sottolineato che nelle generazioni più recenti l’età mediana delle donne al Sud si è ridotta significativamente, segno di un profondo cambiamento culturale e di un allentamento della specializzazione dei ruoli di genere.
Anche in riferimento al fenomeno della disoccupazione si delinea un divario di genere: la durata mediana di fuoriuscita dal primo episodio di ricerca di lavoro è di un mese in più per le donne rispetto ai coetanei uomini. Il divario si attesta a due mesi per gli episodi di disoccupazione successivi al primo. La mobilità di lavoro cresce nel volgere delle coorti, segno che le traiettorie lavorative diventano più differenziate e incerte. Classe sociale e area geografica continuano ad essere importanti fattori di eterogeneità nel condizionare i tempi delle transizioni e i 'pattern' di mobilità di lavoro e di carriera.