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Lo studio di SkySport 24 durante un telegiornale |
E' una
Serie A, quella vissuta sullo streaming di
DAZN, drammatica per lo spettatore medio, quello abituato a schiacciare il tasto del telecomando per vedere il canale richiesto e con il palinsesto definito.
L'opposto delle fastidiose alchimie del web, dov'è necessario compiere sintonizzazioni a mano, iscriversi a siti con ID e password, pagare con carta di credito e usare cavi e controcavi per collegare i sistemi informatici al televisore per potersi guardare la partita seduti comodamente in poltrona.
Di fronte a questo clamoroso handicap vissuto dai rivali, per non parlare dell'inqualificabile ritardo nel trasmettere le immagini (fino addirittura alle pause e alle disconnessioni o alle zone non coperte),
Sky, che in più vanta un'esperienza maggiore e una copertura giornalistica superiore delle partite, non ha saputo minimamente organizzare una decente controffensiva, arrendendosi prima ancora che la 'guerra delle partite' fosse cominciata.
La storica tivù a pagamento altro non ha fatto che rinforzare il proprio palinsesto cercando di attirare appassionati di calcio estero. Ma, fondamentalmente, a chi frega di guardare squadre come Watford, Hoffenheim o Lilla? Una débâcle totale, resa ancora più drammatica dalla totale incapacità di trovare una formula almeno godibile per gli spettatori che, non avendo voluto sottoscrivere l'abbonamento a DAZN, siano rimasto orfani dei vari collegamenti da studio a fine gara, dei post-partita con i collegamenti da tutti i campi e dei 'senza giacca', piacessero o meno questi ultimi.
Durante le partite, quando non abbia almeno una gara collegata, Sky sparisce dall'orizzonte degli eventi: si limita a trasportare il campionato più importante per gli italiani su SkySport24, perso all'interno delle news del telegiornale, in un contesto noioso e privo di mordente nei commenti spenti di
Giancarlo Marocchi, affiancato dal giornalista di turno e condotto per mano dalla pur brava
Giorgia Cenni che è tanto brava quanto non è
Diletta Leotta. E, per tenere il pubblico sveglio davanti a un insieme di parole condito dal nulla, sarebbe stato certamente meglio infilare in studio su uno sgabello una miss scema ma dalla minigonna conturbante. Per esempio, mi viene in mente tale
Barbara Francesca Ovieni, eccessiva in tutto (anche nel cattivo gusto), 'madrina' supersexy dei pomeriggi pugliesi e co-conduttrice del programma sportivo di
Telenorba nelle ultime stagioni. Buttata lì, in un calderone privo di senso, avrebbe per lo meno catturato il maschio medio italiano, a metà strada fra il 'voyeur' e l'esperto calciomane.
Nel secondo tempo spazio a
Federica Frola, accompagnata dai bravi, ma anche in questo caso troppo spenti,
Giancarlo Padovan e
Massimo Tecca.
Addirittura patetici i collegamenti con i campi coperti da DAZN, senza il video della partita, ma con la ripresa dei telecronisti in studio che però, come tali si comportano, con grigi commenti conditi da lunghe pause.
Insomma, una Caporetto dell'informazione ma anche del varietà televisivo, dove il risultato è fare male sia una che l'altra cosa.
Zero idee, nessun Telebim, nessun disegno, nessun arbitro in studio, zero ironia o volto suadente e nessuna formazione di opinionisti schierata capace almeno di lanciare quelle polemiche che avrebbero potuto tenere incollati al teleschermo gli spettatori non ancora aspirati da DAZN.
Eppure basterebbe girare canale su di una delle tante televisioni private, che proprio sulle parole hanno impostato il proprio successo. Un esempio, il
Gruppo Mediapason che, con
Qui Studio a Voi Stadio, da anni fornisce una televisione più semplice e godibile di quella proposta dai superpotenti 'rivali' satellitari.