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giovedì 19 maggio 2022

Opera San Francesco, uno spot per fare scappare le questue

Il fallito 22enne in mensa a 'magnà' con i vostri soldi (dallo spot)
Questa sera ho visto uno spot pubblicitario che mi ha lasciato allibito. Si tratta del 'commerciale' dell'Opera San Francesco, una delle tante associazioni di beneficenza che, anche giustamente dal loro punto di vista, elargiscono a tutti indistintamente le nostre generose elargizioni. Anzi, a dire la verità le 'vostre' perché, da buon Ebenezer Scrooge quale sono, da sempre mi sono ben guardato di fare questue a chicchessia, anche perché, se avessi 22 anni, di questue mai ne chiederei. A meno che non appartenessi a categorie particolarmente fragili e malate.
Il protagonista dello spot è infatti un ragazzo di 22 anni, ce lo dice lui stesso (chiaramente attore di una clip inventata), e questi sono alcuni estratti della sua (anche questa immaginaria) storia: "A 22 anni avevo già realizzato il mio sogno. Avevo un piccolo bar tutto mio... amavo quel sogno. Dopo i debiti, la crisi... C'era solo un gran silenzio... Non è questa la vita che voglio...".
Quindi, riassumendo, noi (voi) dovremmo (dovreste) regalare soldi all'Opera San Francesco per riempire le tasche di un fallito che a 22 anni preferisce andare a mangiare alla mensa dei poveri invece che andare a raccogliere pomodori nella Daunia a fianco di migranti e clandestini?
Raramente ho visto una pubblicità in grado di ottenere l'effetto contrario di quello auspicato perché, ve lo dico con tutta sincerità, questo è il classico spot che mi fa incazzare anzi, inkazzare con la 'k', alla maniera di Gioele Dix.
Se sono personaggi di questo calibro quelli assistiti dall'Opera San Francesco, meglio impiegare il proprio denaro secondo i dettami di George Best: "Ho speso gran parte dei miei soldi per alcool, donne e macchine veloci, il resto l'ho sperperato". Alla faccia del barista fallito 22enne.

domenica 31 dicembre 2017

Idealista, la pubblicità cristianofobica dell'app che offende anche chi non è religioso

Giuseppe e Maria nello spot di "Idealista"
Si chiude l'anno e i fari de "L'Urlo del Diavolo" scivolano sulla campagna pubblicitaria natalizia dell'app "idealista", dal titolo "Oh, my God!", in cui viene riproposta, in maniera ironica, la vicenda della nascita di Gesù a Betlemme nella capanna, presenti Giuseppe, Maria, l'asino e il bue.
Direttamente dalla pagina dell'app la campagna viene definita 'multisoggetto d’ispirazione natalizia in sinergia tra web e TV. Tre settimane di programmazione, fino all’Epifania (ahinoi)'. Sempre secondo "idealista" 'la campagna affronta il tema della Natività con grazia, calandolo nella realtà odierna in una sottile tensione surreale tra tecnologia e tradizione'. Questo secondo loro.
A chi scrive appare invece, lungi dal voler apparire il classico professorino moralista, che questi spot, tesi a esaltare l'app che permette di cercare annunci di compravendite edilizie (credo...), scadano in un già visto banale, una cristianofobia ormai scontata, tesa a ridicolizzare una religione su cui ormai sparano cani e porci, e sulla quale perfino una presunta maestra del Friuli si prende la briga di cambiare i nomi dei protagonisti, da Gesù a Perù.
Insomma, il duo di 'creativi' Gibbo&Lori non pare abbia fatto una grande... creazione. Per la ridicolizzazione del cattolicesimo e del mondo occidentale c'è ormai una fila lunga chilometri, a furia di prendere il numerino per fare a gara nell'apparire il più 'dissacrante' si è scaduti nella banalità della presa per i fondelli a senso unico, salvo poi scandalizzarsi se qualcuno disegni Maometto con o senza turbante o, giustamente, si 'permetta' di ironizzare sull'altra grande religione monoteista mondiale, quella di un mondo islamico teso alla 'colonizzazione' dell'Occidente.
La stessa azienda si era del resto segnalata per avere trasformato l'inno di Mameli ribattezzandolo 'inno integrazionale', melassosamente dedicato alla cosiddetta 'integrazione' di stranieri e clandestini vari per, si cita ancora, 'contribuire al dibattito sugli immigrati con una visione umana: persone che aspirano ad avere una vita migliore in un Paese, l’Italia, nel quale sperano di crescere come esseri umani, vivere in famiglia e contribuire alla crescita della nazione e al futuro della società italiana'.
Nell'attesa speranzosa, ma probabilmente vana, di vedere uno spot con un Maometto barbuto a caccia di un appartamento nei pressi della Mecca per andare in adorazione alla Pietra Nera, rimango sorpreso del fatto che nessuno abbia sollevato il problema sugli spot trasmessi da questa app, già colpevole per il solo fatto di avere trasformato un aggettivo così positivo nel vile appellativo di una marca da supermercato. Se questo è il concetto di 'idealismo' di cui si è impossessato il mondo dei media moderni, ecco un motivo in più per tornare al telefono a gettoni.