In questi tempi bui la parola 'razzista' è diventata come
una Colt ai tempi del Far West, pronta a essere utilizzata, rapida e veloce,
per condannare il nemico di turno. Un po' come accadeva per il vocabolo
'fascista' negli anni '70, compagno di cordata di intimidazioni e violenze che
costringevano chi non si allineava alla 'monocultura' di sinistra a prendere
posizioni defilate, non chiare, raramente espresse.
Piuttosto che passare per fascista, un nomignolo che
autorizzava a qualsiasi violenza, presunta o tentata, nei confronti di chi non
si adeguava alle varie manifestazioni, occupazioni, discese in piazza per
Fausto, Iaio e compagnia cantante, si preferiva restare nell'ombra, magari
ascoltando Lucio Battisti o i Kraftwerk, un po' come i patrioti italiani del
XIX secolo scrivevano sui muri 'Viva Verdi' per contestare l'Austria matrigna,
esaltando così l'autore di tanti trionfi della musica nazionale (ma anche
esprimendo l'acronimo per Vittorio Emanuele Re D'Italia).
In questo 'post' il termine sarà invece utilizzato con
estrema leggerezza: perché il Subbuteo non si tocca. A prescindere. Eppure è
proprio il Subbuteo, meraviglioso ed eterno gioco anglosassone 'per grandi' con
il calcio protagonista, ma in miniatura e perfetta riproduzione in 3D, a
mantenere una sorta di anacronistico 'razzismo' nelle sue produzioni.
L'augurio è che la 'presidenta' Laura Boldrini non ci legga,
perché altrimenti potrebbe seriamente prendere in considerazione l'idea di
bloccarne la produzione. Eppure, le meravigliose squadre che, secondo la nota
di produzione del passato (forse una leggenda?) dovrebbero essere tutte dipinte
a mano, lasciano di stucco: non ci sono stranieri, secondo un criterio di
difesa del territorio e dei vivai che molte federazioni dovrebbero riprendere
in considerazione.
Nessun giocatore di colore nelle squadre europee, ma undici
omini dalla pelle pallida, come in un film di Leni Riefenstahl, un bianco e
nero del passato, con i capelli impomatati e avvolti nella retina.
Anche le squadre del presente rimangono intatte, 'razzialmente
parlando', né stranieri né mulatti. Persino il Milan 1988/89 (le squadre oggi
in commercio, vendute attraverso la Gazzetta dello Sport, vengono anche
associate a un preciso periodo storico), che aveva in Ruud Gullit e Frank
Rijkard, entrambi olandesi 'colored', due perni della propria squadra, appare
composto solo da 'bianchi'. I due 'tulipani' dimenticati in panchina, come
forse mai o raramente è successo.
Insomma, un curioso paradosso da parte della produzione che,
evidentemente per risparmiare su colori e tempi di realizzazione, ha prodotto
un solo 'omino monorazza'. Anche perché, a ragionarci, ci potrebbero essere
casi in cui il risultato rischierebbe di essere totalmente opposto, con undici
giocatori 'colorati' di scuro, come potrebbe succedere ai tempi nostri nel
campionato belga oppure olandese, dove gli 'importati' costituiscono forse la
maggioranza rispetto ai giocatori 'autoctoni'.
Di contro, rimane un mistero 'razziale' il perché le squadre
sudamericane siano composte da undici giocatori di colore: e se per il Brasile,
squadra che nella storia tutti hanno sempre identificato con la figura di Pelé,
genio messianico dalla pelle scurissima, non si capisce come questo possa
invece capitare per l'Argentina, dove non si ricordano giocatori 'scuri' né
tanto meno 'indios', come magari è successo per Cile, Perù, Ecuador o Bolivia.
Insomma, un guazzabuglio di colori che però, in questo caso,
esatto opposto alla realtà, viene mantenuto ben distinto. Il nord del mondo,
Europa e Nord America, rimane totalmente 'bianco', il sud (Africa e Sud
America, con l'eccezione delle anglosassoni Australia e Nuova Zelanda)
completamente 'nero'.
E allora? Allora va bene lo stesso. La fobia
dell'antirazzismo a tutti i costi sta diventando una sorta di paranoia da
salotto buono. Del resto, il calcio 'a punta di dito', come lo sport, del
resto, piace a ogni latitudine, e il bello è che ognuno può metterci la propria
mano, colorando la propria squadra del cuore come meglio crede, in barba a
moralizzatori e procuratori di bassa... lega.