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giovedì 28 ottobre 2021

Fausto Biloslavo racconta l'odissea di Zhara, soldato Jane dell'Afghanistan

La foto tratta dal sito de "Il Giornale"
E' un caso speciale e mirabile, quello di Zhara Gol Popal, soldatessa afghana che, a casa sua, armata, fiera e indomita, ha deciso di combattere l'estremismo islamico, collaborando con i militari italiani.
Ricercata in tutto il paese è diventata, senza volerlo, il simbolo delle donne che non si piegano ai talebani.
La sua storia è stata racconta da Fausto Biloslavo e Matteo Carnieletto, ottimi giornalisti de "Il Giornale", fra i pochi che possano vantarsi di poter esibire una tessara dell'Ordine. Sono loro a definirla "il soldato Jane dell'Afghanistan" e a raccontare, in un drammatico articolo che lin'k'o (terribile termine) in calce a questo post, l'odissea della donna e della sua famiglia.
Zhara era, fra l'altro, la 'responsabile per la parità di genere di Herat' che già, scritto così, in un Paese islamico, fa venire drammaticamente da ridere. E' lei a contattare il quotidiano milanese, a parlare della sua condizione di pericolo, del suo nascondersi, della necessità di fuggire dal suo Paese, lei e la sua famiglia, mentre gli estremisti islamici le bruciano la casa.
Biloslavo racconta dell'inerzia di un Governo italiano che, al solito, si riempie la bocca di demagogia, senza realmente intervenire, per incapacità e per impotenza manifesta.
Tanto succede e tanto vengono mosse le persone giuste che, alla fine, Zhara arriva in Italia, a Verona. Scrivono i due giornalisti: "La città di Verona non può che essere orgogliosa di accogliere questa donna, che ha collaborato con il nostro Esercito mettendo in pericolo la sua vita. Zhara è commossa: 'Vi ringrazio di cuore. Siamo felici. Eravamo in pericolo e ci avete salvato'".
La conclusione però, è meno felice. Si legge nel testo dell'articolo: "Un caso pilota, che va replicato perché la nostra Schindler list è ancora lunga. Sette famiglie di ex interpreti dei soldati italiani rimasti indietro oltre a B., una vedova per mano dei talebani che le hanno rapito e ucciso il marito e una giovane giornalista ad Herat che vive nel terrore. Un’altra ragazza, N. che ha creduto nei valori dell'Occidente, ora è costretta a vivere sotto il giogo dei talebani e ci scrive un pensiero terribile: "Penso alle ragazze che sono rimaste uccise durante un attentato all’Università di Kabul, in classe con i loro libri aperti e le loro penne. E le invidio".

mercoledì 30 ottobre 2019

Il Pensiero del Nulla contro Fausto Biloslavo

La pagina online de Il Giornale con la denuncia dell'agguato
I servi del globalismo egualitario hanno tentato di colpire ancora. Il nauseabondo lezzo delle loro parole alitate al vento si perde però nel nulla di cui è costituita la loro ideologia, scopiazzata da un passato sepolto che inutilmente tentano di rianimare. Gli studenti (ma cosa studiano?) dell'Università di Trento che hanno tentato di tappare la bocca all'ottimo e coraggioso giornalista Fausto Biloslavo sono solo il rigurgito maleodorante di un'ideologia consunta e inutile, sconfitta dal tempo e dall'umanità. Non so di cosa volesse parlare Biloslavo, che leggo con gusto sui giornali, e che ho avuto il piacere di conoscere personalmente. Conosco bene invece la feccia universitaria che, colorata di rosso, pretende di avere spazi a disposizione dove poter ciarlare le proprie inutili idee. Anzi, questi spazi pretende di gestirli, dominarli e impedirne l'uso a chi non la pensi come lei. I propugnatori del (non) pensiero unico cercano in questo modo di sobillare la rinascita di un'altra ideologia ancora più morta, quella fascista, in modo da dare un senso alle proprie inutili esistenze. Eppure restano ciò che sono: un nulla vestito di sembianze bipedi. In realtà essi non pensano. Non esistono. Non sono.