La foto tratta dal sito de "Il Giornale" |
Ricercata in tutto il paese è diventata, senza volerlo, il simbolo delle donne che non si piegano ai talebani.
La sua storia è stata racconta da Fausto Biloslavo e Matteo Carnieletto, ottimi giornalisti de "Il Giornale", fra i pochi che possano vantarsi di poter esibire una tessara dell'Ordine. Sono loro a definirla "il soldato Jane dell'Afghanistan" e a raccontare, in un drammatico articolo che lin'k'o (terribile termine) in calce a questo post, l'odissea della donna e della sua famiglia.
Zhara era, fra l'altro, la 'responsabile per la parità di genere di Herat' che già, scritto così, in un Paese islamico, fa venire drammaticamente da ridere. E' lei a contattare il quotidiano milanese, a parlare della sua condizione di pericolo, del suo nascondersi, della necessità di fuggire dal suo Paese, lei e la sua famiglia, mentre gli estremisti islamici le bruciano la casa.
Biloslavo racconta dell'inerzia di un Governo italiano che, al solito, si riempie la bocca di demagogia, senza realmente intervenire, per incapacità e per impotenza manifesta.
Tanto succede e tanto vengono mosse le persone giuste che, alla fine, Zhara arriva in Italia, a Verona. Scrivono i due giornalisti: "La città di Verona non può che essere orgogliosa di accogliere questa donna, che ha collaborato con il nostro Esercito mettendo in pericolo la sua vita. Zhara è commossa: 'Vi ringrazio di cuore. Siamo felici. Eravamo in pericolo e ci avete salvato'".
La conclusione però, è meno felice. Si legge nel testo dell'articolo: "Un caso pilota, che va replicato perché la nostra Schindler list è ancora lunga. Sette famiglie di ex interpreti dei soldati italiani rimasti indietro oltre a B., una vedova per mano dei talebani che le hanno rapito e ucciso il marito e una giovane giornalista ad Herat che vive nel terrore. Un’altra ragazza, N. che ha creduto nei valori dell'Occidente, ora è costretta a vivere sotto il giogo dei talebani e ci scrive un pensiero terribile: "Penso alle ragazze che sono rimaste uccise durante un attentato all’Università di Kabul, in classe con i loro libri aperti e le loro penne. E le invidio".