E' del 10% la probabilità che, nei
prossimi 10 anni, la caduta incontrollata di detriti spaziali
sulla Terra possa fare una o più vittime.
Lo indica uno studio pubblicato sulla rivista Nature
Astronomy e guidato dall'Università canadese della British
Columbia di Vancouver, basato sui dati satellitari degli ultimi
30 anni.
Gli autori dello studio evidenziano quindi l'importanza
di rendere obbligatori i rientri controllati dei veicoli
spaziali, per evitare di far crescere ulteriormente il rischio.
I ricercatori
guidati da Michael Byers, analizzando i dati dei satelliti degli
ultimi 30 anni, hanno proiettato il rischio per gli esseri umani
nel prossimo decennio, concentrandosi soprattutto su pezzi di
veicoli che rimangono parzialmente intatti e che rappresentano
quindi una minaccia se dovessero cadere sulle terre emerse, sul
mare, ma anche sugli aeroplani.
I risultati mostrano che, se non
cambieranno le pratiche attuali, c'è un 10% di probabilità di
causare vittime se la caduta di ogni rottame diffonde detriti
letali su un'area di 10 metri quadrati.
Inoltre, il rischio è concentrato nel Sud del mondo, con i resti
dei veicoli che hanno una probabilità circa tre volte maggiore
di atterrare alle latitudini di Giacarta (Indonesia), Dhaka
(Bangladesh) e Lagos (Nigeria), rispetto a quelle di New York,
Pechino o Mosca.
Gli autori dello studio sottolineano come manchi
una volontà collettiva di utilizzare la tecnologia per i sistemi
di rientro guidato, a causa dei costi associati, e che siano
quindi necessari accordi multilaterali che ne rendano
obbligatorio l'impiego. (fonte: ANSA)
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martedì 12 luglio 2022
martedì 25 gennaio 2022
Tonga, l'esplosione del vulcano ha provocato tsunami fino alle Baleari
L'esplosione da un satellite, pubblicata dal Corriere del Ticino |
L'eruzione ha generato un 'treno' di onde marine che si è diffuso in tutto il bacino del Pacifico, provocando un catastrofico tsunami nell'arcipelago delle Tonga e innalzando il livello del mare in altre zone costiere bagnate dallo stesso oceano. Ma il fenomeno più sorprendente è stato quello di una serie di meteo-tsunami che ha generato fino al Mare Mediterraneo, onde espansive che hanno attraversato l'atmosfera e hanno provocato una variazione del livello del mare, come quelle generate da alcuni fenomeni meteorologici.
Con il passare dei giorni, emergono maggiori dettagli sull'eruzione che ha colpito Tonga, remoto arcipelago del Pacifico composto da oltre 170 isole, praticamente tagliato fuori dal resto del mondo, ricoperto di cenere e con vaste aree devastate dopo l'eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha'apai.
Oltre ai tre decessi confermati a Tonga, due persone sono annegate in Perù (a circa 10mila chilometri dal luogo dell'eruzione) a causa delle onde anomale che sono state registrate nel Pacifico dopo l'esplosione. Sempre in Perù le forti onde hanno provocato una fuoriuscita di petrolio che ha colpito le spiagge della provincia di Callao. Questo vulcano sottomarino poco profondo univa le due piccole isole Hunga-Ha'apai e Hunga-Tonga, da cui prende il nome.
Fortunatamente si trattava di isole disabitate, dato che ora sono quasi scomparse dalla mappa dopo l'eruzione, considerata la più potente sin da quella del Pinatubo, nelle Filippine, nel 1991. L'energia rilasciata è stata di circa 10 megatoni, secondo una stima degli scienziati della NASA. Alla maggiore esplosività che caratterizza questo tipo di magma si è aggiunto un altro fattore: l'acqua, trattandosi di una caldera sottomarina, anche se non molto profonda.
"Quando la lava entra in contatto con l'acqua ci sono tre possibili scenari", ha spiegato il geologo Stavros Meletlidis, del National Geographic Institute (IGN). "Che il volume dell'acqua sia decisamente maggiore di quello della lava, come è successo a La Palma, e non ci sono quasi effetti; che l'interazione è in parti uguali, e si produce una certa esplosività, ma non molto grande; o cosa che e' successa a Tonga: che c'è più lava che acqua. L'acqua evapora improvvisamente e la pressione di questi vapori acquei si aggiunge alla pressione del vulcano, moltiplicando la pressione e moltiplicandone l'esplosività. Immagina la caldera di Santorini e immergila nel mare. Tra migliaia di anni, Tonga sarà come Santorini". (fonte: AGI)
martedì 28 aprile 2020
Le cascate di San Rafael si sono prosciugate
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Le cascate di San Rafael ora e, a destra, prima del 2 febbraio |
Le cascate, alte più di 150 metri, si trovano nel Cayambe Coca Park, al confine con la Colombia. "Le cascate erano un'attrazione per decine di migliaia di visitatori ogni anno, un simbolo dell'ecoturismo in Ecuador", ha detto Emilio Cobo, responsabile del South America Water Program con l'International Union for the Conservation of Nature.
Stando ai dati dell'Osservatorio della Terra della NASA, la cascata ha smesso di scorrere lo scorso 2 febbraio.
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