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giovedì 21 settembre 2023

Indagine sul lavoro in Italia: scarse prospettive di carriera

Foto di Rock Staar su Unsplash
Sono molto interessanti i dati emersi da una ricerca promossa dall'Istituto IASSC del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca. Si tratta dell’indagine longitudinale e pluriennale “Italian Lives”, una fotografia di carriera, stipendi e livelli di stress degli italiani, una fotografia della qualità del lavoro in Italia.
Così, dai dati raccolti si ricava che il 54,4 per cento del campione ritiene scarse le prospettive di carriera. Il 56,2 per cento ritiene che il lavoro lo impegni molto fisicamente e il 59,3 per cento si sente sotto pressione per ritmi e scadenze temporali.
"Un dato confermato purtroppo da livelli ormai intollerabili di infortuni e morti", sottolinea il professor Serafino Negrelli, docente dell’Ateneo e direttore dell’Istituto IASSC. Il 60 per cento del campione concorda invece che la retribuzione sia adeguata, che il lavoro svolto abbia un adeguato riconoscimento, che gli orari di lavoro, al di là dei ritmi stressanti, si concilino abbastanza con gli impegni familiari e sociali e il 58,2 per cento degli intervistati sostiene di ricevere supporto e aiuto da colleghi e vertici.
Le donne nelle generazioni più recenti, X e Millennials studiano di più rispetto ai coetanei maschi ed entrano più tardi nel mercato del lavoro. Più nello specifico, le donne appartenenti alle ultime generazioni mostrano un’età mediana di ingresso nel mercato del lavoro che si attesta a 24 anni, tre anni in più rispetto ai coetanei uomini. Tale differenza di genere è da imputare alla persistenza di stereotipi, norme, modelli culturali e carenza di domanda di lavoro che penalizzano in primo luogo le donne meridionali. Va comunque sottolineato che nelle generazioni più recenti l’età mediana delle donne al Sud si è ridotta significativamente, segno di un profondo cambiamento culturale e di un allentamento della specializzazione dei ruoli di genere.
Anche in riferimento al fenomeno della disoccupazione si delinea un divario di genere: la durata mediana di fuoriuscita dal primo episodio di ricerca di lavoro è di un mese in più per le donne rispetto ai coetanei uomini. Il divario si attesta a due mesi per gli episodi di disoccupazione successivi al primo. La mobilità di lavoro cresce nel volgere delle coorti, segno che le traiettorie lavorative diventano più differenziate e incerte. Classe sociale e area geografica continuano ad essere importanti fattori di eterogeneità nel condizionare i tempi delle transizioni e i 'pattern' di mobilità di lavoro e di carriera.

giovedì 3 marzo 2022

Il 'caso Dostoevskij' e l'ennesima brutta figura di Milano

La copertina del libro di Paolo Nori su Dostoevskij
Dopo la vicenda che ha visto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, pretendere dal direttore d'orchestra Valerij Gergiev una netta presa di posizione nei confronti di Vladimir Putin e della guerra in Ucraina (richiesta non soddisfatta e che ha visto, come conseguenza, la perdita del lavoro per l'artista russo), con il successivo addio di Anna Netrebko alla Scala, un fatto ancora più grave ha scosso il mondo della cultura milanese, anche perché ha coinvolto non una persona in carne e ossa ma un grandissimo artista patrimonio dell'umanità, Fëdor Dostoevskij.
La cancellazione di un corso universitario sul grande scrittore moscovita, che doveva tenersi all'Università Milano Bicocca per opera di Paolo Nori, ha suscitato sconcerto e, almeno da parte mia, una certa nausea 'intellettuale', anche perché ho avuto il piacere di conoscere il rettore dell'ateneo, Giovanna Iannantuoni, e la giudico persona intelligente e non gretta. Immagino che l''ordine' in questione, poi fortunatamente rientrato, sia arrivato dal cosiddetto 'alto'.
La reazione è stata di sdegno immediato: "Se confermata sarebbe una decisione non solo sbagliata ma pericolosa: in un momento come questo occorre dare al contrario la massima visibilità a tutte le forme intellettuali che contestano le radici della guerra. E i grandi scrittori russi hanno scritto su questo pagine illuminanti", parole di Danilo De Biasio, già collega e maestro di giornalismo nei miei esitanti esordi a Radio Popolare, oggi direttore del Festival dei Diritti Umani.
Durissima anche la reazione dello scrittore italo-russo, Nicolai Lilin: "Siamo di fronte a un dilagare di russofobia veramente pericoloso", ha detto durante uno dei suoi collegamenti videotrasmessi sul proprio profilo Facebook.
Inevitabile, ma piuttosto tardivo e balbettante, il dietrofront dell'università, attraverso le parole dello stesso rettore Iannantuoni: "Nessuna censura, il corso si terrà come previsto. Ho invitato Nori per un caffè in rettorato e lui ha accettato. C'è stato un malinteso in un momento di grande tensione. Dall'idea di questa università non c'è niente di più lontano della censura". Poi la nota ufficiale: "Il nostro ateneo è aperto al dialogo e all'ascolto (ndr: una lezione, peraltro dovuta, su uno scrittore patrimonio dell'umanità significherebbe essere 'aperti al dialogo'?) anche in questo periodo molto difficile che ci vede sgomenti di fronte all'escalation del conflitto". Il corso si terrà negli orari stabiliti in precedenza e tratterà "i contenuti già concordati con lo scrittore. Inoltre, la rettrice incontrerà Paolo Nori la prossima settimana per un momento di riflessione".
Sembrerebbe finita qui, ma non è così. Scopro, leggendo "Il Primato Nazionale", che non se ne farà nulla. Riporto: "Infine si scopre che il corso, per una sorta di grottesca par condicio culturale, verrà integrato con lezioni su alcuni autori ucraini. Dopo le quote rosa, dunque, arrivano quelle di Kiev. Lasciando passare così il messaggio che Dostoevskij, in quanto russo, risulta in questo momento «culturalmente problematico», e la sua divulgazione può essere legittimata solo dalla presenza di un contraltare ucraino".
E' lo stesso Nori a raccontare sul proprio profilo Facebook le ultime evoluzioni: "Il prorettore di Bicocca Casiraghi racconta i motivi per cui hanno sospeso il mio corso. Per «ristrutturare il corso e ampliare il messaggio per aprire la mente degli studenti. Aggiungendo a Dostoevskij alcuni autori ucraini». Non condivido questa idea che se parli di un autore russo devi parlare anche di un autore ucraino, ma ognuno ha le proprie idee. Se la pensano così, fanno bene. Io purtroppo non conosco autori ucraini, per cui li libero dall'impegno che hanno preso e il corso che avrei dovuto fare in Bicocca lo farò altrove (ringrazio tutti quelli che si sono offerti, rispondo nel giro di pochi giorni)".
Fra coloro che hanno espresso la propria solidarietà a Nori anche Giulio Cavalli, artista politicamente schierato a Sinistra, le cui idee spesso ho trovato in contrasto con le mie ma che, in questo caso, non posso che condividere e riportare: "La pericolosa abitudine di confondere i popoli con i loro governi è utile per infiammare il tifo ma diseduca alla complessità. Lo scrittore Paolo Nori racconta del suo corso su Dostoevskij cancellato dall'Universita Bicocca per “evitare polemiche”. Eppure sarebbe proprio compito dell’Università affrontare le polemiche e scioglierle con lo studio e il sapere. Solidarietà a Paolo Nori (e a Dostoevskij)".