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venerdì 31 marzo 2023

La Russa distrugge con una frase il falso mito dei partigiani

I soldati del "Bozen" trucidati dai partigiani
E' un piacere vedere il retaggio della Sinistra comunista, cresciuta nel mito del 'partigianesimo', dibattersi come un verme ferito dalle parole di Ignazio La Russa, personaggio esteticamente non gradevolissimo e dalla voce gracchiante, che spesso diventa macchietta di se stesso, ma che questa volta meriterebbe i famosi '90 minuti di applausi' di fantozziana memoria al termine della infausta visione della "Corazzata Kotemkin".
La brutalizzazione dell'ormai stantia e marcia propaganda filopartigiana alla "Bella Ciao" è un autentico atto di coraggio, con cui La Russa ha sgretolato decenni di propaganda 'sinistrorsa'.
Lo abbiamo sempre saputo quanto le 'palle' raccontate dall'ANPI, associazione la cui esistenza è a tutt'oggi immotivata, fossero rigonfie di finta esaltazione patriottica, come e forse di più della stessa melassa che i fascisti servivano al 'popolo bue' durante il Ventennio.
Gli 'invitti' partigiani erano spesso criminali, fuggiaschi codardi che preferivano riparare sui monti lasciando a chi rimaneva il compito di vedersela con gli occupanti.
L' azione dei partigiani a Via Rasella (che portò alla strage delle Fosse Ardeatine, ndr) è stata "tra le meno gloriose della Resistenza", una pagina "tutt'altro che nobile". "Furono uccisi" i componenti "di una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non". Queste le parole di La Russa, intervenuto a "Terraverso", il podcast del quotidiano "Libero".
Parole vergate nell'oro di una verità inconfutabile, a parte una piccola imprecisione: i soldati del "Bozen" non erano 'semi-pensionati' ma, alcontrario, militari assai giovani e, va segnalato, tutti italiani. Italiani se, per lo meno, si voglia considerare tale, come in effetti è, chi sia nato in Alto Adige. Alla fine i morti furono 33, più due passanti, due civili italiani che la storiografia italico-comunista ha deciso opportunamente di dimenticare.
I ragazzi del "Bozen", marchiati come SS, erano in realtà un 'reparto militare della Ordnungspolizei (polizia d'ordine) creato in Alto Adige nell'autunno 1943, durante l'occupazione tedesca della regione nel contesto della Operationszone Alpenvorland. La truppa era formata da coscritti altoatesini mentre gli ufficiali e i sottufficiali provenivano dalla Germania' (fonte Wikipedia, notoriamente orientata verso simpatie di Centrosinistra).
E ancora da Wikipedia veniamo a conoscenza di una posizione fortemente critica datata 1979, niente meno che di Marco Pannella: 'Uno dei primi personaggi pubblici a criticare l'azione gappista e a esprimere vicinanza ai caduti fu Marco Pannella, leader del Partito Radicale, che sempre nel 1979 affermò: «Ricordare che erano sud-tirolesi i ragazzi di via Rasella è fare insulto alla Resistenza? [...] vorrei poter portare fiori sulle tombe di quei 40 ragazzi, il cui nome non è scritto da nessuna parte, se non nella nostra convinzione che non si trattava di cose (come qualcuno sembra credere) ma di persone, di uomini che avevano delle madri, delle mogli, dei figli, che erano capaci di pensare, di sentire, di baciare»'.
E scorrendo i nomi e i luoghi di nascita dei soldati tedeschi possiamo osservare la loro giovane età e i paesi di provenienza, con cognomi ben noti a chi si occupi di sport invernali. Per esempio, il soldato Johann Fischnaller, dalla Val Pusteria, ci riporta alla mente il cognome di un famosissimo slittinista italiano, il soldato Mathias Oberrauch da Bolzano porta lo stesso cognome di un famoso giocatore di hockey ghiaccio, più volte nazionale italiano. E così via.
Del resto, la cosiddetta 'resistenza' gappista, braccio armato di quella jugoslava comunista dei 'titini', si è spesso macchiata di orribili fatti di sangue, dalle foibe in cui torturarono e uccisero migliaia di cittadini italiani, all'eccidio di Porzus, fino a un altro attentato, quello di Viale Abruzzi a Milano, che portò a un altro famoso rastrellamento, quello di Piazzale Loreto.
Ancora da Wikipedia: 'L'8 agosto 1944 elementi ignoti compirono un attentato con due ordigni esplosivi contro un camion tedesco (targato WM 111092) parcheggiato in viale Abruzzi a Milano. In quell'attentato non rimase ucciso alcun soldato tedesco (l'autista Heinz Kuhn, che dormiva nella cabina di guida, riportò soltanto lievi ferite) ma provocò la morte di sei cittadini milanesi e il ferimento di altri undici'. Il soldato Kuhn altri non era che il famoso "Carlùn", che portava viveri e vettovaglie ai cittadini milanesi bisognosi, certamente lontano da qualsiasi ferocia nazifascista (anche se, per onor di verità, relativamente a questo attentato alcune fonti postulano uno dei primi casi di 'false flag', tutto da dimostrare in ogni caso).

sabato 25 aprile 2020

25 aprile, tomo 3: piazze vuote 'grazie' al Covid

Un 'pensiero' per il 25 aprile 2020
Ci sarà l'ANPI e qualche altro 'urlatore' di professione, sicuramente non mancheranno i 'centri sociali', gli onnipresenti dello schifo, i cialtroni habitué della violenza e della provocazione.
La giornata del 25 aprile, non illudiamoci, sarà come sempre arricchita di quegli inutili orpelli che ormai ne hanno svilito e stravolto il significato.
E' per questo che, senza paura di essere travisato, ho voluto lanciarmi in una 'didascalia' molto forte sulla 'non presenza' dei cosiddetti partigiani in Piazza Duomo a Milano e dovunque vorranno e potranno. "25 aprile: la dove non potè il Duce ci ha pensato il Covid" la scritta prescelta, che confermo, in tutta la sua terribile ironia. Dove poi uno possa leggerci quello che vuole. Di sicuro, lo preciso, non auguro la morte agli ultimi valorosi vecchietti che abbiano fatto parte della Resistenza. Piuttosto auspico che l'assembramento mancato (ma forse verrò smentito, è possibile, ai partigiani tutto è concesso, la legge una pura congettura, l'hanno già dimostrato) sia solo il primo di una lunga serie collegata a una festività il cui senso, inteso come viene pensata ora, è ormai divenuto anacronistico.

25 aprile, tomo 1: l'omeostasi dell'eterno presente

Una vignetta di Pubble sul tema
Finalmente è arrivato: come il Natale, la Pasqua e le vacanze estive con le code d'agosto, eccolo qui, il 25 aprile, la Festa della Liberazione!
E allora è tutto un dirodorlando di immagini, suoni, colori, filastrocche, canti e balli... no, quest'anno no. Ci voleva un dramma globale e catastrofico per 'liberarci' dalla Festa della Liberazione. Anche se qualcuno in piazza ci andrà lo stesso, come quei vecchi rincoglioniti dell'ANPI. Cioè, volevo dire, quiei giovani rincoglioniti dell'ANPI, perché quelli vecchi sono morti quasi tutti ormai, e ci si chiede cosa ci facciano quelli giovani, che la guerra manco sanno cosa sia, ma forse di un posto dirigenziale si ha sempre bisogno e cosa non si fa per campà...
Un mio 'vecchio' caro amico, il mitico Alberto, tanti anni fa scrisse un libello amanuense, dal curioso titolo "L'omeostasi dell'eterno presente". Un titolo che ben si adatta a questa festa, che ogni anno si ripete attraverso i medesimi stanchi slogan sempre più stanchi, uguale a film già visti, dove cambiano il regista e gli attori, ma l'assassino è lo stesso personaggio. Come le code sull'autostrada ad agosto: ogni anno il tiggì trasmette lo stesso servizio ormai da 50 anni, ogni lustro smacchia un po' la bobina, e sostituisce la macchina del decennio precedente con quella del decennio successivo.
E allora via, ormai da giorni, con la serie delle frasi fatte, e il fascismo che ha sconvolto l'Italia, i partigiani che ci hanno liberato, i servi torturatori della Repubblica di Salò, la follia di Mussolini, gli eroici difensori della libertà, quelli che preferirono combattere (o scappare?) sui monti per non piegarsi alla dittatura, le famiglie distrutte, le stragi dei repubblichini, o bella ciao, le donne della Resistenza, il quadro di Pelizza da Volpedo (non c'entra un kajser, ma ci va sempre bene), le medaglie al valore, Pertini partigiano, vecchi e giovani uno accanto all'altro, i nazifascisti come i fascioleghisti, il ritorno del sovranismo, odiare ti costa, ora e sempre Resistenza, fino alla fine dei tempi...