Osservo la mia Milano immersa nelle foschie di novembre e i miei occhi lacrimano scorrendo veloci sulla finestra, affiancando le gocce di pioggia che rimbalzano sui fiori esposti sul balcone. Primi brividi d’inverno, per loro e per me, quasi mi avvicino per alitare loro un po’ di calore.
Il Milan ha vinto all’Olimpico con la Lazio per 2-1, gol di Thiago Silva e Pato, doppietta brasiliana e allora non posso non pensare al ritmo sincopato della bossanova di João Gilberto e Tom Jobim (‘Desafinado’), a quell’armonia che mischia così sapientemente quel piano triste un po’ francese e quella canzone da strada che potrebbe tranquillamente appartenere a un vicolo di quelli di Porta Ticinese, forse quello delle Lavandaie, dove ancora adesso si possono vedere le pietre dove i panni venivano appoggiati, strizzati e violentati da quelle mani di cento e più anni fa.
Ho scoperto il valore della parola ‘saudade’ e ora lo vivo così intimamente da farmi straziare da ogni sua nota, mentre Stan Getz e Astrud Gilberto intonano con una sfrontatezza tutta anni ’60 le note di ‘Corcovado’.
Penso al mio Duomo di notte, alla musica di Alberto Fortis e alla nebbia che avvolge San Siro ripieno di strabordante calore rossonero. Calore di popolo, calore di vita, calore di amore.
Il Canada è una donna bellissima, ma anche un po’ puttana. Milano è mia, solo mia, la sento dentro ogni parte del mio corpo. Ogni sua via mi è familiare, come la gente che la popola. Toronto invece non fa ancora parte di me, anche se sto cercando di persuaderla che potrei anche piacerle. Questione di tempo, mi dico, e di qualche bella partita di hockey vista dal vivo o in televisione.
Intanto guardo i rigagnoli della pioggia annebbiare le finestre di casa mia, oppure questa sera sono io che mi sento particolarmente legato a questo posto. Il clarinetto di ‘Atração Sensual’ diretta da Tony Vella mi fa ricordare Cochi e Renato che ballano fuori dallo stadio cantando ‘E la vita l’è bela’, un’ironica e amara presa di coscienza della vita del povero diavolo, sempre alla ricerca della famosa ‘svolta’, che però non arriva mai. Ma tanto, ‘basta avegh l’umbrela…’.
Ed è tutto così diverso, tutto così operaio rispetto al Media Gondola dell’Air Canada Centre, dove solo pochi giorni fa ho coronato uno dei sogni della mia vita, assistendo in tribuna stampa alla mia prima partita NHL come giornalista accreditato, Toronto Maple Leafs-Tampa Bay Lightning.
Ma se basta questo giorno di pioggia a farmi provare tante emozioni in pochi secondi, e queste sensazioni sono così forti (intanto Elis Regina canta ‘Triste’) mi sembra ancora più incredibile pensare a quanto amore e passione ci lasciamo scivolare addosso mentre il nostro tempo scorre via.
La bossanova si avvia verso la fine, Chico Buarque e Telma Costa cantano ‘Eu te amo’. Ormai ho chiuso la finestra. Non vedo più la pioggia. Non so più cosa succeda fuori. Ancora pochi giorni di Milano, ancora pochi giorni di pioggia. La prossima partita del Milan non sarò più qui.
(Le foto non sono mie ma della fotografa degli allora esistenti Milano Vipers, squadra di hockey ghiaccio, fotografa di cui purtroppo ora non ricordo il nome...)
Ascoltate questa canzone per favore. Si chiama "Il Duomo di notte" ed è di Alberto Fortis. Assoluta poesia, fra le migliori canzoni italiane di sempre...