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mercoledì 5 aprile 2023

Ucraina, resistenza allo stremo, anche l'America ha capito: è finita

Roberto Mazzoni durante l'intervista
Roberto Mazzoni, giornalista definito 'indipendente' e specializzato in tecnologia informatica, ha parlato della posizione americana a livello internazionale e rispetto alla guerra in Ucraina, intervistato dalla televisione libera Byoblu: "Gli Stati Uniti stanno perdendo terreno a vista d'occhio e, anche all'interno del 'Deep State,' ci sono molte fazioni che si stanno contrapponendo, e così anche all'interno del Pentagono. In molti si rendono conto che le forze armate americane sono molto più deboli (rispetto al passato, ndr), con le forze armate di terra in diminuzione e una flotta obsoleta. L'unica forza predominante è l'aviazione, però in grave difficoltà nella guerra in Ucraina, visto che oggi i sistemi antiaerei russi sono al top, e quindi diventa difficile confrontarsi in uno scontro potenziale con cinesi e russi, in quanto gli americani non sono pronti a farlo. Le persone più sveglie anche all'interno del Pentagono si rendono conto che così non si può andare avanti".
Quindi Mazzoni, collegato dagli Stati Uniti, si addentra nell'ambito di quello che potrebbe riservare l'immediato futuro del conflitto ucraino, visto dall'America. "Dal Pentagono emerge il fatto che l'Ucraina è in svantaggio. Finalmente ammettono che è finita, mentre per un anno si è parlato di marcia trionfale. Sicuramente bisogna riconoscere che (gli ucraini, ndr) hanno combattuto con enorme coraggio ed efficienza, guadagnando anche territori importanti, come durante l'avanzata di Kharkiv. La NATO però comincia a rendersi conto che non può competere perché non ha la capacità produttiva".
Ancora Mazzoni spiega il perché: "I russi hanno mantenuto la produzione di munizioni costante e con fabbriche a riposo, ma pronte a essere riattivate all'occorrenza. Invece negli Stati Uniti si lavora solo a profitto e la produzione di proiettili non è profittevole e, in una guerra come quella ucraina, dove l'importanza fondamentale è quella dell'artiglieria dove i russi hanno un vantaggio di sette a uno anche come vittime (un russo ucciso per sette ucraini), nonostante la propaganda occidentale, non hanno alcuna carenza di munizioni proprio perché hanno una struttura industriale predisposta a questo fine. Sul fronte americano ci viene detto che per poter ripristinare quanto usato dagli ucraini finora ci vorranno due anni e mezzo. Ormai quello che gli ucraini hanno 'hanno'. Una volta consumata la scarica di riserve nella prossima controffensiva è finita, non avranno più munizioni. Già adesso scarseggiano alcuni componenti fondamentali sui fronti principali. I combattimenti resistono solo in alcune zone dove sono concentrate le truppe ucraine. I russi negli ultimi mesi attraverso una serie di bombardamenti e missili teleguidati hanno distrutto le batterie antiaeree ucraine, e oggi i russi sono in grado di fare entrare in azione i bombardieri pesanti che stanno facendo la differenza".
Mazzoni conclude: "Siamo alla fine della corsa e gli ucraini hanno forse quattro, cinque mesi di potenziale di sopravvivenza, e lo stesso Zelensky dice che forse è il caso di scendere a patti perché si rende conto che se, questa controffensiva venisse respinta dai russi, l'Ucraina si troverebbe in condizioni molto peggiori di quelle di oggi. Dovrebbe così arrendersi, salvo dovessero entrare in campo polacchi, rumeni o gli stessi americani".

martedì 22 marzo 2022

Draghi è impazzito: "Diamo armi all'Ucraina"

Mario Draghi quest'oggi (immagine AskaNews)
Mario Draghi
è ufficialmente impazzito. Le gravissime dichiarazioni del premier italiano scelto dal mazzo dei soccorritori di una situazione economica allo sfascio si è tuffato 'di pancia' in una crisi storica senza precedenti, uno dei più gravi passi mai compiuti dall'Italia dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
Il premier dice: "Con le armi all'Ucraina difendiamo i nostri valori". Ma di cosa parla Draghi? Dei prodromi di una nuova guerra contro la Russia, che non sarebbe però a base di bombe, ma a base di ordigni nucleari, palesando a questo modo la sua totale incapacità di recitare un ruolo attivo nella politica internazionale, cosa ben diversa dall'occuparsi di denari e banche, settori probabilmente nei quali è maggiormente consapevole.
Nulla a che vedere con la prova 'muscolare' che Bettino Craxi mostrò in faccia ai marines americani in quel di Sigonella l'11 ottobre 1985, che ci rese orgogliosi di essere italiani, fieri e per nulla schiavi della prepotenza 'made in USA'.
Oggi Draghi mostra invece il volto arcigno del 'servo' piegato, vantando un presunto 'petto in fuori' nei confronti della Russia e di una guerra 'locale' che solo i biechi interessi della NATO stanno trasformando in globale.
Armatevi e partite, ci intima Draghi, o meglio lo chiede agli ucraini: sparate e morite con le nostre armi in pugno, fino all'ultimo uomo o, per dirla con Toni Capuozzo, fino all'ultimo ucraino. Giusto per rendere ancora di più 'senza ritorno' una guerra che è giù andata oltre.
Un conflitto che una mente 'sana' cercherebbe di chiudere, prendendo al più presto una posizione 'neutrale', in modo da poter trattare in posizione di vantaggio a conflitto concluso, nella consueta e storica posizione 'razionale' che, da sempre, ha accompagnato la nostra politica estera.
Finora, quando un banchiere ottimo ragioniere ma sprovveduto politico che passa per 'salvatore della Patria' è assurto a guida indiscussa della nostra Repubblica in uno dei momenti più bassi della sua vita politica.