martedì 22 marzo 2022

Draghi è impazzito: "Diamo armi all'Ucraina"

Mario Draghi quest'oggi (immagine AskaNews)
Mario Draghi
è ufficialmente impazzito. Le gravissime dichiarazioni del premier italiano scelto dal mazzo dei soccorritori di una situazione economica allo sfascio si è tuffato 'di pancia' in una crisi storica senza precedenti, uno dei più gravi passi mai compiuti dall'Italia dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
Il premier dice: "Con le armi all'Ucraina difendiamo i nostri valori". Ma di cosa parla Draghi? Dei prodromi di una nuova guerra contro la Russia, che non sarebbe però a base di bombe, ma a base di ordigni nucleari, palesando a questo modo la sua totale incapacità di recitare un ruolo attivo nella politica internazionale, cosa ben diversa dall'occuparsi di denari e banche, settori probabilmente nei quali è maggiormente consapevole.
Nulla a che vedere con la prova 'muscolare' che Bettino Craxi mostrò in faccia ai marines americani in quel di Sigonella l'11 ottobre 1985, che ci rese orgogliosi di essere italiani, fieri e per nulla schiavi della prepotenza 'made in USA'.
Oggi Draghi mostra invece il volto arcigno del 'servo' piegato, vantando un presunto 'petto in fuori' nei confronti della Russia e di una guerra 'locale' che solo i biechi interessi della NATO stanno trasformando in globale.
Armatevi e partite, ci intima Draghi, o meglio lo chiede agli ucraini: sparate e morite con le nostre armi in pugno, fino all'ultimo uomo o, per dirla con Toni Capuozzo, fino all'ultimo ucraino. Giusto per rendere ancora di più 'senza ritorno' una guerra che è giù andata oltre.
Un conflitto che una mente 'sana' cercherebbe di chiudere, prendendo al più presto una posizione 'neutrale', in modo da poter trattare in posizione di vantaggio a conflitto concluso, nella consueta e storica posizione 'razionale' che, da sempre, ha accompagnato la nostra politica estera.
Finora, quando un banchiere ottimo ragioniere ma sprovveduto politico che passa per 'salvatore della Patria' è assurto a guida indiscussa della nostra Repubblica in uno dei momenti più bassi della sua vita politica.