E’ quanto meno singolare che il mio arrivo a Toronto sia stato ‘contrappesato’ dall’addio di Wayne Gretzky da Phoenix: ‘Game Over’ titolano i giornali di queste parti, tutti presi a sottolineare come la partenza del ‘Great One’ dalla guida dei Coyotes costituisca la pietra tombale dell’hockey ‘made in Arizona’. Una scelta criticata da molti puristi, quella del Commissioner NHL Gary Bettman di estendere le franchigie dove il ghiaccio fosse per molti l’ornamento da servire con l’ombrellino per i cocktail da spiaggia.La crisi dei Coyotes è profonda, e va ben al di là di quella che portò all’addio, da parte dell’NHL, di piazze ben più intriganti come quelle di Quebec City, Winnipeg, Hartford o Minnesota (al tempo dei North Stars), e che ne mis
Biglietti della ‘opening night’ venduti ufficialmente ad ‘appena’ 25 dollari sono il simbolo di come in Arizona l’hockey non abiti più da tempo. Il miliardario Jim Balsillie ha risposto ‘picche’ a un’eventuale offerta di subentro e compartecipazione della franchigia, dopo che per mesi gli è stata chiusa la porta in faccia, a lui e al suo progetto di portare un’altra squadra sopraconfine, in Ontario, forse in quella stessa Toronto che i Maple Leafs non sono più in grado di fare sussultare con i propri desolanti risultati.
Troppa umiliazione per gli ‘ameregani made in US’ vedere una squadra statunitense varcare il confine dopo che per anni storiche piazze canadesi
(foto di Massimiliano Bordignon)