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giovedì 9 marzo 2023

Le donne russe protagoniste nell'8 marzo del Cremlino

Putin e le premiate dell'8 marzo (foto Facebook)
La donna nel mondo russo, e prima ancora sovietico, ha sempre rivestito una grande importanza e presenza nell'ambito della società.
Anche per questo, in un contesto ovviamente esaltato nella sua propaganda dal momento di guerra con l'Ucraina, Vladimir Putin ha festeggiato l'8 marzo regalando a piene mani onorificenze a combattenti, madri, infermiere, giornaliste, tutte impegnate nella lotta quotidiana nelle proprie case o sul fronte del Donbass.
La Russia si trova nuovamente ad affrontare "minacce dirette alla sua sicurezza e sovranità", ma ci sono "molti esempi di determinazione, coraggio, volontà di difendere la verità, di proteggere il popolo e lo stesso futuro del nostro Stato". Queste le parole di Putin, citato dall'agenzia Ria Novosti.
Durante la cerimonia, svoltasi al Cremlino, sono stateinsignite di un'onorificenza la giovanissima giornalista Vlada Lugovskaya, inviata nella regione di Kherson e vittima, insieme a molti altri civili, di un attacco militare ucraino, e la dottoressa Lyudmila Beletskaya, primario dell'ospedale pediatrico di Lugansk.

lunedì 8 marzo 2021

La Svizzera vieta burqa e niqab in pubblico

L'articolo pubblicato dal quotidiano "20 Minuti Ticino"
L'8 marzo porta un regalo 'de facto' alle donne, soprattutto a quelle europee. Divieto di portare burqa e niqab in pubblico: è questo il risultato del referendum svoltosi in Svizzera e che ha sancito il 'divieto di dissimulare il viso', che però, in senso più ampio,ha come chiaro riferimento i 'veli' che coprono la maggioranza delle praticanti islamiche, sebbene la consigliera federale Karin Keller-Sutter abbia sottolineato come il voto non vada interpretato come una presa di posizione contro i musulmani.
Va detto che i risultati non hanno espresso una valanga di consensi al riguardo, il che però, e questo è ancora più preoccupante, è probabile sia stato condizionato dalla grande presenza di stranieri con passaporto svizzero sul territorio elvetico, e tutti con diritto di voto. Il fatto che la Svizzera sia piena di arabi, albanesi, turchi e stranieri in genere (di cui moltissimi di religione musulmana) ha senz'altro condizionato il risultato del referendum. Nel 2012 i 'non svizzeri' rappresentavano circa il 22,7% della popolazione residente (emigrati italiani compresi), mentre nel 2015 i musulmani 'ufficiali' con passaporto rossocrociato erano stati censiti con una percentuale di oltre il 5% del totale. Nel 2017 il 2,4% dei cittadini svizzeri si dichiarava musulmano, una percentuale che, fra gli stranieri, saliva al 14,1%.
Del resto, se la votazione 'contro' i minareti nel 2009 aveva ottenuto il 57,5% dei voti, stavolta la percentuale si è fermata al 51,2%. E ben sei cantoni hanno detto “no”. In Ticino il “sì” (60,5%) era quasi scontato (come otto anni fa). Fra il pubblico, la fascia d'età più contraria al velo islamico è stata quella 'anziana', con il 57% delle preferenze, mentre fra i 18 e i 34 anni solo il 45% ha detto 'sì' all’iniziativa anti-burqa.
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