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"Una pietra miliare nell’ambito della letteratura scientifica relativa a questo argomento - afferma la biologa nutrizionista Livia Galletti, PhD in Scienze Antropologiche Biologia dell’uomo, delegata nazionale nutrizione del Comitato Centrale Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologici - è il primo studio prospettico, randomizzato, condotto dai ricercatori della School of Medicine della Stanford University, che ha dimostrato come la dieta a base di alimenti fermentati come kefir, latticini, kimchi, kombucha, verdure fermentate e bevande a base salamoia vegetale fermentata, rispetto a una dieta ricca di fibre, porti a un aumento della biodiversità del microbiota intestinale".
In questo studio pubblicato su Cell. nel 2021 gli esperti hanno seguito 18 individui sani, divisi in 2 gruppi con differenti diete, per 17 settimane: un gruppo ha seguito una dieta ricca di cibi e bevande fermentate, l’altro gruppo ne ha seguita una ricca di fibre. Durante questo periodo di tempo sono state effettuate misurazioni del microbiota e dell’ospite, ivi compresa un’ampia profilazione immunitaria. La biodiversità del microbiota intestinale delle persone che seguivano una dieta ricca di alimenti fermentati è significativamente aumentata nell’arco di sole 10 settimane, con effetti proporzionalmente maggiori all’aumentare della quantità di cibi fermentati consumata, e si è mantenuta nel periodo di quattro settimane durante il quale i partecipanti potevano mantenere qualsiasi livello di assunzione di cibo fermentato desiderassero. Parallelamente, una dieta ricca di fibre non ha scaturito cambiamenti significativi.
In questo contesto l'azienda italiana Named Group, ha inserito nel proprio portfolio prodotti una linea di verdure biologiche fermentate spontaneamente non pastorizzate, nel segno del benessere anche a tavola e del supporto alla biodiversità del microbiota intestinale.