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venerdì 10 gennaio 2025

Violenze in Piazza Duomo: nordafricani ancora protagonisti

Le donne occidentali del futuro?
(foto Cottonbru Studio per Pexels)
Sono ancora loro, i cosiddetti 'italiani' di 'seconda generazione', o semplicemente gli stranieri di 'prima', che però non sono filippini o canadesi, svedesi o colombiani, thailandesi o cinesi, ma nordafricani, quei maghrebini che ormai in tutta Europa hanno creato delle 'enclave' autosegregatesi dove vige il razzismo verso le popolazioni che hanno avuto la bella idea di ospitarli e dove basta festeggiare un Capodanno per ribadire la volontà di colpire, violare, violentare.
In Piazza Duomo, a Milano, è successo per l'ennesima volta anche quest'anno, e qualcuno ha avuto anche la 'bella idea' di costringere le povere ragazze vittime degli abusi a dover subire il fuoco di fila di domande umilianti dopo la violenza subita dai nordafricani di turno.
"Ero atterrita, sono stata trascinata da una parte all'altra da un fiume di uomini, erano 30 o 40 in tutto e non riuscivo ad uscire". Con queste parole, in modo molto preciso anche se ancora visibilmente provata, una studentessa belga, ha raccontato il dramma, uno dei tanti, avvenuto a Milano il 31 dicembre.
Come tre anni fa, forse peggio, a misura di quanto successe per la prima volta in Europa, a Colonia, in Germania, nel 2015.
L'esperienza non ha insegnato niente. Si continua a usare la carota, di bastone neanche l'ombra. E se per sbaglio uno di quelli, sbadatamente, va a sbattere contro un muro il motorino e crepa, apriti cielo, la colpa è della 'polizia assassina'. Giustizia per quello, verità per quell'altro, ma per le donne bianche e per gli uomini bianchi che di questa terra dovrebbero essere i padroni, giustizia non c'è più da tempo.
"White lives doesn't matter" si potrebbe dire, e sono stati per primi gli inglesi bianchi, ormai succubi della violenza 'woke', a provarlo sulla propria pelle.
Alla testimonianza della giovane belga se ne stanno via via aggiungendo altre. E ciò mentre la Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, indaga su almeno cinque casi in totale di (presunti) abusi sessuali e nelle forme delle "molestie collettive" della "taharrush gamea" (non a caso un'espressione di lingua araba. In pratica, lo stesso sistema adottato anche nel Capodanno 2022, sempre a Milano, da decine di ragazzi con le vittime accerchiate e aggredite e che subirono violenze terribili, temendo anche di morire nella calca.
I filmati analizzati dalla Squadra Mobile di Milano mostrano un movimento "caratteristico e ondulatorio", quello del "muro umano" mentre mette in atto gli abusi, come forma di disprezzo verso le donne. I casi al vaglio potrebbero presto aumentare. (fonte: ANSA)

domenica 5 luglio 2020

Giustizia per l'autore di "White Lives Matter", aperta una raccolta fondi

Jake Hepple durante l'intervista
Jake Hepple, l'autore dell'iniziativa che ha portato un aereo a sorvolare lo stadio del Manchester City in occasione della sfida di campionato con il Burnley (di cui Hepple è tifoso), recando lo striscione "White Lives Matter Burnley", è stato giudicato innocente dalla polizia.
Non è stato considerato un gesto razzista avere rivendicato parità di diritti fra 'bianchi' e 'neri' di fronte alla violenza, all'ingiustizia e alla morte. E, anche se lo fosse stato, non è comunque punibile. Non siamo arrivati ancora allo psicoreato, sebbene la Gran Bretagna sia la patria di George Orwell.
Niente carcere per Hepple, quindi, ma tutto il resto del peggio sì. Offese mediatiche da parte di tutto il mondo benpensante, giornali e giornalisti, messa al bando, un pubblico ludibrio pubblico degno di un regime comunista. Ma non solo: ripudiato dai genitori, che hanno detto chiaramente di voler prendere le distanze dal figlio e da 'certe idee', Hepple ha perso anche il posto di lavoro. Ma non basta: chi lo ha difeso a spada tratta, condividendone gli affetti, la sua ragazza, lasciatasi andare ad alcune frasi pesanti su alcuni 'social' ha pure perso il posto di lavoro. Un tentativo di raccolta fondi per aiutarlo è stato bannato dalla piattaforma gofundme.com.
A rimediare a questa incommentabile ingiustizia sta cercando di porre rimedio Tommy Robinson, che su Wikipedia viene etichettato come "far-right and anti-Islam activist" e già leader della English Defence League. Robinson ha realizzato un video per la propria testata, TR.News, che ha postato anche su Youtube, in cui intervista Hepple e gli chiede di raccontare la vicenda nel suo complesso. Per la prima volta il tifoso del Burnley ha così l'occasione di poter dire la sua, dopo essere stato messo alla gogna mediatica.
Soprattutto, però, Robinson ha aperto una sottoscrizione a favore di Hepple, intitolata "Support Jake".
Un atto dovuto, un gesto di riconoscenza verso chi ha avuto il coraggio di esprimere delle semplici idee, per nulla 'anti' qualcosa ma a favore di un sentimento sempre più diffuso in una Europa che diventa sempre più Eurabia. Un coraggio pagato con la perdita del posto di lavoro proprio e della propria fidanzata.

giovedì 25 giugno 2020

Striscione Burnley, le folli censure dei cosiddetti 'democratici'

L'incredibile comunicato della Solace
Una reazione totalitaria, terrorista, ecco a voi servito "1984", proprio da quella Gran Bretagna in cui George Orwell è vissuto.
La reazione è quella che ha fatto seguito allo striscione "White Lives Matter Burnley" che Jake Hepple, tifoso dei 'clarets', ha steso sorvolando in aereo lo stadio del Manchester City, impegnato contro la sua squadra del cuore.
Il 'pensiero unico' ha già condannato Hepple, etichettato come 'razzista' e tanto basta. Persino La Gazzetta dello Sport nazionale (quella che recentemente ha messo in copertina la foto del Papa che scrive ad Alex Zanardi, in un esercizio di dubbio gusto), unico giornale sportivo italian o a tornare sull'evento, titola "Licenziato l'ideatore dello striscione razzista".
In un colpo solo, notizia e interpretazione della stessa. Hepple è uno sporco razzista. Anzi, basta dire 'razzista'. Nella nuova Europa del 'pensiero unico' basta allontanarsi dall'idea ormai consolidata che ai 'neri' tutto sia concesso, anche riscrivere la storia. Un po' come ai comunisti, del resto.
E così Jake perde il lavoro. Ma non basta. Il pensiero va eradicato. Non è sufficiente colpire chi il pensiero l'abbia formulato. Il cancro va estirpato per evitare che alcune cellule possano fuggire. Anche Megan Rambadt, la sua 'ragazza', che pare ne condivida le 'opinioni', viene lasciata a casa dall'istituto di bellezza in cui lavorava. Non prima, però, gli sia stato offerto un 'intensive racial sensibility training' pagato dalla ditta, per giunta. Istituto di bellezza in cui lavora, si badi bene, la madre stessa di Hepple, che ha però pubblicamente denunciato e rinnegato qualsiasi commistione con il pensiero, meglio, 'psicoreato' del figlio.
"We want to make ABUNDANTLY CLEAR" scrive nel suo comunicato l'azienda, la Solace FH & R "that in no way does Jill or Solace agree or condone any actions or comments made by Jake or Megan". A chiudere, una campagna per accogliere fondi a favore di Megan, rimasta senza lavoro a causa delle proprie opinioni, è stata disattivata dalla piattaforma gofund.me.
Perché 2+2, in fin dei conti, è uguale a 5. E, forse, in effetti, White Lives Doesn't Matter. Oppure no? #IStandWithJakeHepple

mercoledì 24 giugno 2020

"White Lives Matter" sopra lo stadio di Manchester, e scoppia l'accusa di razzismo

"White Lives Matter": goliardia, ma anche verità
Fa discutere in Inghilterra la singolare (e, a mio avviso, apprezzabile) iniziativa di un gruppo di tifosi del Burnley che, durante la partita di Premier League disputata a porte chiuse all'Al Etihad Stadium (in realtà il City of Manchester Stadium ridenominato causa sponsor arabo) contro il Manchester City, ha fatto sorvolare l'impianto da un aereo che recava con sé uno striscione con la seguente frase: "White Lives Matter Burnley".
Una risposta chiara al clamore e alle violenze perpetrate in questi giorni dal sedicente movimento Black Lives Matter, già esistente da anni, ma strumentalmente cavalcato dopo l'omicidio, da parte di un poliziotto americano, del 'colored' George Floyd.
La vicenda dello striscione 'incriminato' è stata vissuta secondo i più drammatici canoni del 'politically correct' anglosassone. Genuflessione in atto di contrizione, richiesta di perdono, intervista alla madre di uno degli organizzatori del 'misfatto', Mark Hamer, la quale dichiara la propria 'vergogna' per il gesto del figlio e addirittura dice di non poter "lasciare la mia casa per andare al lavoro, affrontando gli sguardi dei colleghi". Come in un regime perfetto, come in un mondo orwelliano, anche il padre rinnega ogni gesto del figlio, stigmatizzandolo e ribadendo di non averci "nulla a che fare". Aspettando il 'Gin della Vittoria'.
Il Burnley, dal canto suo, si è affrettato a rilasciare un piagnucolante comunicato stampa in cui ribadisce la solita solfa dell'uguaglianza universale, il proprio sostegno al movimento Black Lives Matter e la minaccia di 'squalifica a vita' dal proprio stadio, il Turf Moor, per tutti coloro che abbiano preso parte all'atto, una volta scoperti. Sulla pagina Facebook del club è stata una aggiunta una intervista a un giocatore (di pelle bianca) il quale appare contrito e sconsolato affermando, in sostanza, "Siamo tutti imbarazzati e sconvolti". Addirittura! Dei miliardari sconvolti nel proprio tenero animo da uno striscione!
Dietro l'iniziativa, indubbiamente coraggiosa e geniale, al di là di come la si pensi, c'è la firma di Jake Hepple, amico di Hamer, il quale si è assunto la piena paternità del gesto, scrivendo sulla propria pagina Facebook: "I'd like to take this time to apologise .. TO ABSOLUTELY F ** NOBODY!". Aggiungendo: "Evidentemente adesso viene considerato razzista dire 'White Lives Matter'". Come dargli torto?