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sabato 3 luglio 2021

Orbán: "Nessuno può dirci come vivere le nostre vite"

Viktor Orbán parla ai giovani ufficiali (foto Twitter)
Proteggere le famiglie ungheresi, ma soprattutto impedire che gli altri, intesi come popoli e Paesi dicano al popolo ungherese come vivere. Altrimenti, sottolinea il leader magiaro Viktor Orbán, "we will perish".
Lo ribadisce il sito About Hungary, in cui si racconta la giornata che il primo ministro ha trascorso durante la giornata inaugurale trascorsa alla Facoltà delle Forze dell'Ordine, parte integrante della National University of Public Service di Budapest.
"Mentre ci sono città in Europa dove le persone non possono più sentirsi al sicuro - ha detto Orbán nel suo discorso ai giovani ufficiali, uomini e donne in divisa egualmente belli nel loro splendore mitteleuropeo -, l'Ungheria rimane uno dei luoghi più sicuri in Europa dove non solo la maggioranza, ma tutte le minoranze possono vivere in pace".
E ancora, il primo ministro ungherese ha aggiunto che il compito delle neolaureate forze dell'ordine dovrà essere quello di proteggere l'Ungheria e garantire la sicurezza delle famiglie ungheresi.

venerdì 25 giugno 2021

Ungheria a testa alta: "La nostra legge difende i diritti dei bambini"

Judit Varga (foto profilo Twitter)
Continuano gli strepitii e le proteste del mondo cosiddetto 'occidentale' contro la legge approvata dall'Ungheria di Vikton Orban, che vieta la promozione della segregazione di genere fra i minori di 18 anni. Legge peraltro passata quasi all'unanimità, con 157 voti a favore e uno solo contrario, e legge che prevede una cosa che apparirebbe perfino logica, ovvero quella di impedire che dei bambini o comunque dei giovani vengano esposti a messaggi quali i contenuti che raffigurano la sessualità fine a se stessa o che promuovono la deviazione dall'identità di genere, il cambiamento di genere e l’omosessualità. Dovrebbe apparire infatti intuitivo che un bambino possa fare fatica a comprendere il senso di due uomini che si pongano vicendevolmente la lingua in bocca, o quello di un uomo che decida di vestirsi da donna. Immagini già abbastanza discutibili per degli adulti, figurasi per un minore, il cui cervello e la cui sensibilità dovrebbero essere tutelate da quelle che sono scelte assolutamente personali, ma che non per questo debbano essere considerate 'normali' e parte della quotidianità.
E così, Orban, ancora una volta, diventa l'incarnazione del male da parte dell'Occidente 'evoluto', una 'reductio ad hitlerum' che fa molto comodo agli stati servi della globalizzazione imperante.
Al Consiglio Europeo di Bruxelles, però, il premier magiaro si è presentato con schiena diritta. "Abbiamo una legge che difende i diritti dei bambini e dei genitori", ha cercato di spiegare ai giornalisti che lo incalzavano al suo arrivo al summit. E ancora, "Io sono un combattente per la libertà, ho combattuto durante il regime comunista per la libertà, difendo i diritti degli omosessuali ma questa legge non li riguarda, riguarda le famiglie, come i genitori vogliono educare i loro figli".
Infine Judit Varga, ministro della Giustizia ungherese, ha aggiunto: "L'Ungheria non vuole uscire dall'Unione Europea" e "al contrario, vogliamo salvarla dagli ipocriti".

mercoledì 15 luglio 2020

Elezioni in Polonia, vince Duda e la linea di Visegrád

La prima pagina de "Il Corriere della Sera" di lunedì 13 luglio
Andrzej Duda ha vinto di misura, ma ha vinto. Un successo fondamentale che l'ha confermato presidente della Polonia.
Duda, esponente tipico del 'sovranismo' in stile Visegrad è stato rieletto al ballottaggio contro il sindaco di Varsavia, Rafał Trzaskowski, con il 51,2% delle preferenze, con lo sfidante fermatosi al 48,8% delle preferenze, una vittoria risicata come lo era stata quella precedente, ma con un numero di votanti nettamente superiore a favore del vincitore, quasi due milioni in più rispetto al 2015.
Un distacco minimo, racconta l'ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), che ha tenuto la Polonia (e l’Europa) con il fiato sospeso, per quello che in molti hanno definito l’appuntamento politico più importante per il Paese dalla fine del comunismo. Un esito che riflette l’immagine di una nazione comunque divisa in due. Se l’ovest e le grandi città hanno votato in massa per l’europeista Trzaskowski, candidato della ‘Coalizione civica’ dei partiti liberali, le regioni rurali dell’est si sono confermate il bastione che ha consentito a Duda di ottenere la rielezione.
Per la commissione elettorale si è trattato delle elezioni più partecipate di sempre: al primo turno l’affluenza era stata del 63% degli aventi diritto, mentre ieri a recarsi ai seggi è stato il 68,8%. Un record storico, tra i più imponenti dal 1989.
Nonostante l’impatto economico del coronavirus, la ricetta conservatrice del presidente, formalmente indipendente ma sostenuto dai nazionalisti del Partito Diritto e Giustizia (PiS), fondato dai gemelli Kaczyński, che ha la maggioranza in Parlamento dal 2015, è riuscita a convincere ancora una volta gli elettori polacchi.
Forte di una campagna elettorale particolarmente aggressiva nei confronti della comunità LGBTQ, in nome della presunta difesa di “valori nazionali e cristiani” Duda ha fatto breccia nell’elettorato più conservatore delle regioni orientali e a maggioranza rurali. La mappa del voto ricalca quindi il profilo di un Paese diviso, con caratteristiche economiche, culturali e storiche diverse tra ovest ed est.
Dall'altra parte Trzaskowski incarnava la classicia figura filoeuropeista e progressista, tanto cara ai magnati di Bruxelles, che sino alla fine hanno incrociato le dita sperando nella vittoria del loro candidato prediletto, fautore di una linea durissima verso la Russia.
La rielezione di Duda costituisce un'importante vittoria per il partito di governo (PiS). L’ordinamento polacco, infatti, assegna al Capo dello Stato un veto forte e ora l’esecutivo non ha più motivo di temere ostacoli alle riforme che più volte lo hanno posto in rotta di collisione con le istituzioni di Bruxelles. Se l'opposizione controlla ancora il Senato, infatti, la Camera Bassa (Sejm) può ribaltare le obiezioni mosse dai senatori e a quel punto solo un veto presidenziale ha il potere costituzionale di bloccare l’iter legislativo.
Durante una campagna elettorale dai toni particolarmente accesi, il leader del PiS, Jaroslaw Kaczynski – considerato da molti il leader de facto del paese –, ha suggerito che il Governo potrebbe mettere sotto controllo i media stranieri, troppo critici nei confronti dell’esecutivo.
Per la prima volta dal 1989, i due candidati alla presidenza non hanno partecipato ad alcun dibattito televisivo in comune. Incapaci di convenire su un’unica emittente, boicottandosi e rinfacciandosi l’un l’altro di intervenire solo in trasmissioni di parte, Duda e Trzaskowski hanno evitato ogni confronto diretto davanti alle telecamere.
Da parte degli sconfitti ci sono state le classiche accuse di irregolarità del voto. In molti hanno lamentato di non aver ricevuto le schede elettorali per tempo e di non essere riusciti a votare. In totale si tratta di circa mezzo milione di elettori, il cui voto però difficilmente avrebbe potuto ribaltare la situazione.
Matteo Tacconi, giornalista, commenta: "Il voto conferma che la Polonia è spaccata. Quasi due paesi in uno. Duda è prevalso nelle aree rurali, con percentuali molto alte nella fascia est del territorio. Il suo bacino elettorale corrisponde alla Polonia più conservatrice, più influenzata dalla chiesa cattolica, più scettica verso l’Europa e più lenta, a livello di passo economico. Al contrario, Trzaskowski ha vinto nelle regioni dell’ovest e in tutte le grandi città: Varsavia, Cracovia, Danzica, Poznan, Breslavia. La Polonia che lo ha votato è quella parte di Paese più prospero, più aperto verso l'Europa e i suoi paradigmi liberali. Il voto regionale si conferma un ottimo filtro per capire il quadro politico polacco e la sfida tra le due 'tribù' – populisti e liberali – che si contendono il paese da 15 anni".
Prosegue Tacconi: "A proposito di città, il prossimo obiettivo dei populisti e di Duda, fautori di un potere centrale forte, potrebbero essere i poteri dei sindaci. Diritto e Giustizia (PiS) controlla parlamento, presidenza, magistratura, radio-tv di Stato. A livello locale, però, non riesce a sfondare nelle grandi città. Sono tutte a trazione liberale. Da cui questa ipotesi, per ora un 'rumor', sul taglio del potere dei sindaci. Cosa che viene portata avanti, proprio ora, nell’Ungheria Viktor di Orban, a cui le leadership polacca in parte si ispira".

L'articolo di "Libero"

L'articolo de "Il Manifesto"

L'articolo de "La Repubblica"

L'articolo de "La Verità"