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sabato 6 novembre 2021

Antifa, non solo Trump, l'organizzazione è terrorista anche per l'Europa

Una manifestazione di Antifa
A quanto pare, non sarebbe solo il 'cattivissimo' Donald Trump a ritenere Antifa un'organizzazione terroristica. Anche il primo ministro della Slovenia, nazione a noi confinante e dove la gente non pare oppressa da regimi dittatoriali e fascisti, la pensa allo stesso modo.
Janez Janša, premier di Lubiana, ha infatti etichettato il gruppo estremista di Sinistra come "organizzazione terroristica internazionale". Il tutto dopo le ennesime violenze, questa volta perpetrate in Francia, a Nantes, che hanno visto i cosiddetti 'antifascisti' tentare di interrompere un incontro dello scrittore conservatore e candidato alle presidenziali francesi, Eric Zemmour.
Janša ha twittato: "Antifa è un’organizzazione terroristica globale. Sostenuta dal capitale degli speculatori finanziari che forgiano profitti a spese del caos causato dall’operazione".
Da parte sua, lo stesso Zemmour, che sta riscuotendo un notevole successo in terra transalpina, ha detto: "Sappiamo chi era Joseph Stalin, sappiamo le centinaia di migliaia di morti che ha causato, queste persone sono solo i suoi lontani discendenti".
I filmati delle violenze, così come i graffiti che chiedono l’assassinio di Zemmour, sono stati riportati dal giornalista francese Clément Lanot.
Nel 2019, quando il presidente Trump dichiarò Antifa un gruppo terroristico, le figure della Sinistra europea, in particolare in Germania, reagirono dichiarando il loro sostegno al gruppo estremista.
A mia volta ho poi deciso di fare una piccola ricerca su Google: e al primo posto della ricerca 'antifa terroristi' comparivano non le frasi del 'cattivissimo presidente americano' o di qualche leader del Gruppo di Visegrad come Viktor Orban, ma niente meno che le dichiarazioni del Parlamento europeo, non proprio una struttura espressione della 'reazione'.
Il 10 giugno 2020 un nutrito numero di firmatari è posto in calce a una Proposta di Risoluzione sull'inclusione del movimento Antifa nell'elenco dei soggetti terroristici stabilito dall'UE.
Nella sua risposta, il Parlamento europeo sottolinea che:
A. considerando che all'articolo 1, paragrafo 3, della summenzionata posizione comune del Consiglio figura la definizione di "atto terroristico";
B. considerando che Antifa ha organizzato e compiuto attacchi violenti negli Stati Uniti, con il pretesto di manifestare contro la morte di George Floyd; che Antifa ha notoriamente incitato alla violenza e commesso atti di violenza in Europa; che si presume che il movimento sia stato addestrato da altri gruppi terroristici in Siria;
1. ritiene che le azioni compiute da Antifa debbano essere descritte come atti terroristici e qualificate come tali;
2. invita l'alto rappresentante a proporre al Consiglio l'inclusione di Antifa nell'elenco dei soggetti terroristici stabilito dall'UE; invita pertanto il Consiglio a includere Antifa nell'elenco dei soggetti terroristici in occasione della prossima revisione di tale elenco.

venerdì 5 novembre 2021

L'ultima buffonata dell'Europa, lo spot "La libertà è nell'hijab"

La bizzarra pubblicità del Consiglio d'Europa
Sempre più coinvolta dal proprio ruolo di "sottomissione", per citare un noto libro di Michel Houellebecq, l'Europa si affretta con l'ennesima decisione scellerata a 'stendersi' di fronte alla religione di chi la sta invadendo in ogni angolo delle sue antiche e remote lande, ormai preda di 'truppe da sbarco' islamiche, arrivate a centinaia di migliaia, milioni di derelitti con le pance vuote di cibo e gravide di figli, pronte a rimpiazzare l'anemica etnia del Vecchio Continente.
Protagonista, in negativo, della vicenda l'ultima campagna promossa dal Consiglio d'Europa contro la cosiddetta 'narrativa d'odio e discriminazione' (un modo legalizzato per tappare la bocca a chi intenda reagire contro l'invasione islamica). Si tratta di una pubblicità che sdogana il tipico 'hijab' (il velo islamico), proponendo l’immagine di una donna con il volto diviso a metà: da una parte con l’'hijab', dall'altra senza, e lo slogan: "La bellezza è nella diversità così come la libertà sta nell’hijab".
E fra le prime a protestare non è stata una rappresentante delle Destre europee (che pure, ovviamente, hanno preso una posizione durissima), ma una politica francese di origine marocchina, la sottosegretaria di Stato per la Gioventù, Sarah El Haïry, che ha definito l'immagine "profondamente scioccante", aggiungendo che "è l'opposto dei valori difesi dalla Francia". Sempre in Francia, stavolta da 'destra', è tranchant il giudizio di Eric Zemmour, candidato alle prossime elezioni presidenziali, ma anche lui legato al mondo nordafricano, essendo di origine ebraico-berbero algerina: "L'Islam è il nemico della libertà. Questa campagna è il nemico della verità" ha commentato, denunciando una "jihad pubblicitaria". Ma pesanti critiche sono arrivate anche dalla Destra più moderata, dove la candidata all'investitura dei Républicains, Valérie Pécresse, ha ribadito la sua visione negativa dell''hijab': "Non è un simbolo di libertà, ma di sottomissione".
Anche da Sinistra non sono mancate le critiche: il senatore socialista Laurence Rossignol ha dichiarato: "La libertà di indossare l''hijab' è un conto, dire che la libertà è nell''hijab' è un altro. Il ruolo del Consiglio d’Europa è promuovere il velo?".
Sul tema è intervenuto anche l'ex commissario dell'Unione Europea, Michel Barnier: "Mi piacerebbe che le persone che hanno fatto questa brutta campagna andassero a intervistare le donne di Kabul che stanno lottando proprio per non indossare questo velo. Il velo non è uno strumento di libertà per le donne, è il contrario".
Non poteva mancare, e ci mancherebbe, l'entrata a piedi uniti della Lega. In una nota congiunta delle senatrici del Carroccio, si legge, fra l'altro: "Chiusi nei loro uffici, i burocrati europei forse non sanno cosa accade alle donne in Afghanistan? Non conoscono la sorte delle ragazze rapite dai terroristi islamici di Boko Haram in Nigeria? Basta gaffe sulla pelle delle donne, basta umiliazioni: anziché retorica e frasi fatte, milioni di loro segregate, offese, costrette al silenzio, meritano attenzione, vicinanza e rispetto".
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giovedì 23 settembre 2021

Zemmour, fari puntati sulla speranza dell'estrema destra francese

Eric Zemmour (foto Huffington Post)
Si chiama "La Francia non ha detto l'ultima parola": è il titolo dell'ultimo libro - già a ruba - di Eric Zemmour, il personaggio che già da ora sembra contendere a Marine Le Pen la leadership dell'estrema destra in vista delle elezioni presidenziali di aprile.
Un titolo che suona come una 'chiamata alle armi' per un bestseller che viene acquistato anche da chi lo teme o da chi lo disprezza per le sue idee reazionarie, revisioniste, negazioniste, che sbandiera senza alcun timore di scandalizzare.
Dalla prima riga del libro, Zemmour - ex editorialista di Le Figaro, poi animatore sulla tv CNews - è stato preso di mira non solo per i contenuti, ma perché la prima frase a pagina 1 è "Ho peccato, lo confesso" ma un grossolano errore di ortografia la rende in francese "Ho pescato". Ma poi c'è il resto, idee particolari ma coerenti con il suo credo, come nel caso del progetto di non rendere più leciti in Francia i nomi di battesimo 'non francesi'.
Zemmour, in realtà, non ha ancora annunciato la candidatura, sebbene i sondaggi gli assegnino già il 10% delle preferenze.
Origini ebraiche, 63 anni,Zemmour è stato condannato più volte per incitamento all'odio, e da anni ormai non ha remore nel parlare del suo ideale di Francia tradito ("Il suicidio francese" del 2014 è il suo libro più popolare), delle radici 'napoleoniche' che continua a evocare e alle quali inneggia durante i suoi meeting pubblici, entrati in una fase decisiva proprio nell'ultimo fine settimana. Il repertorio con il quale ha entusiasmato gli 800 che lo applaudivano a Tolone è stato un classico, con l'attacco ai "cani da guardia dell'ideologia dominante", la difesa dell'"uomo eterosessuale bianco", l'identificazione di chi "aggredisce le donne" con gli "immigrati" o comunque i "musulmani", la 'banlieue' di Parigi che a breve diventerà "come il Kosovo". Fino ad arrivare alla condivisione della nota (ma denigrata dai poteri forti) "teoria della grande sostituzione" che ha fatto sua, appoggiandola e riproponendola a più riprese. La teoria, nota anche come Piano Kalergi, sottolinea come la popolazione europea viva un momento drammatico in cui, contemporaneamente alla diminuzione delle proprie nascite, subisca l'aggressione di popolazioni extracomunitarie dalla natalità elevatissima, venendo quindi azzerata e sostituita con immigrati, soprattutto di origine africana. Una teoria arricchita dall'inserimento dei virus o dei vaccini per portare a termine il progetto. (fonte: ANSA)