Gian Primo Quagliano e Luca Patanè (foto Bordignon) |
Per l’Italia l’obiezione all’introduzione di significativi incentivi alla rottamazione è che la situazione economica non consente di sostenere il grande sforzo per rinnovare in maniera significativa il parco circolante. La nazione italiana è l’unica ad economia avanzata che non abbia ancora superato la crisi del 2008, già oggi la più lunga dall’Unità, mentre il PIL pro capite 2018, contrariamente a quanto avviene in tutta l'Unione Europea, con l’esclusione della sola Grecia, è più basso di quello del 2001 (-3,96%). Esistono però formule di incentivazione alla rottamazione che possono dare una spinta anche al PIL ed essere a costo zero, perché il bonus viene completamente recuperato attraverso il gettito IVA sulle auto immatricolate in più.
Una formula di questo tipo fu adottata proprio in Italia con i primi incentivi alla rottamazione del 1997, che determinarono una crescita delle immatricolazioni del 39%, un gettito aggiuntivo per l’Erario di 1400 miliardi di lire e una crescita del PIL calcolata dalla Banca d’Italia in 0,4 punti%.
“Nel 2020 – ha affermato Quagliano – le immatricolazioni supereranno la soglia dei 2 milioni e si attesteranno a quota 2.010.000 (+5%), un risultato tutto sommato modesto (-19,4% sui livelli ante-crisi). Se vi fosse però una efficace campagna di rottamazione come quella che proponiamo anche le immatricolazioni nel 2020 avrebbero un notevole impulso che consentirebbe di colmare il divario rispetto ai livelli ante-crisi”.
Ancora Quagliano ha poi esaminato le prospettive per l’auto elettrica e per quella a guida autonoma. “L’auto elettrica arriverà perché la vuole la gente, la politica, le case auto, le compagnie elettriche e il più grande mercato del mondo: la Cina”. Il processo sarà molto lungo anche perché nel mondo, alla fine del 2018, circolavano 1,4 miliardi di autoveicoli. Gli anni ‘20 di questo secolo dovrebbero però vedere il decollo della mobilità elettrica. Perché ciò accada occorre un radicale cambiamento nei comportamenti delle autorità politiche che, finora, salvo eccezioni, hanno posto soltanto limiti alle emissioni e alla circolazione di determinati tipi di auto. Poiché l’impegno economico per passare all’elettrico sarà di enorme portata, i governi dovranno impegnarsi a sostenere l’industria, nella fase di transizione, a favorire il ricollocamento dei lavoratori espulsi dal processo produttivo per il fatto che l’auto elettrica è notevolmente più semplice da produrre rispetto agli standard tradizionali e soprattutto gli Stati dovranno sostenere gli automobilisti per accelerare la scelta di auto elettriche.