Luciana Lamorgese (foto Il Fatto Quotidiano) |
Mentre l'Italia viene percorsa da extracomunitari e stranieri in genere che rubano, stuprano e violentano, per non parlare degli italiani che scorrazzano a suon di rave party e spaccio di droga, tipo quelli dei centri sociali (collegati alla parte 'sinistra' del governo cui la Lamorgese è attaccata mani e piedi), la 'ministra' si mette a puntare il ditino sul cosiddetto 'fenomeno dell'incitamento all'odio', ovvero il mondo social, quello in cui si trova veramente di tutto, compresi ovviamente gli insulti smodati che naturalmente sgorgano in un ambiente dove la scrittura libera lascia democraticamente spazio al pensiero di tutti.
Ma per la Lamorgese, invece di affrontare i reali problemi del Paese, è più facile condannare le inezie che, peraltro, sono comunque irrisolvibili, a meno che non si voglia limitare anche le libertà di pensiero e di insultare, che devono essere sempre tutelate, anche se non ci piacciono alcune delle idee che dal web nascono e prosperano.
"Negli ultimi anni il fenomeno dell'incitamento all'odio per motivi di discriminazione è diventato un fenomeno sempre più invadente e corrosivo - dice la Lamorgese -. A favorirlo l'accessibilità delle tecnologie della comunicazione e l'anonimato che la rete offre". Parole vuote, ma che paventano il rischio, in un momento in cui la libertà di circolazione e di scelta sono già pesantemente limitate, di una ulteriore stretta al mondo del web e della libertà di espressione. Un atteggiamento di intolleranza assolutamente intollerabile.
Personalmente sono favorevole a uno stato di polizia, certamente, ma verso chi delinque e non nei confronti di chi pensa con la propria testa. Si utilizzi pure il manganello contro chi occupa le case e chi danneggia la proprietà privata, non certo contro quei privati che esercitano, pagando le tasse, il proprio diritto a pensare, a disprezzare e perfino a odiare chi li rappresenti, evidentemente, molto ma molto male.