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mercoledì 16 giugno 2021

NBA, Intesa Sanpaolo partner esclusivo per l'Italia

L'NBA seguita sul sito di ESPN
La National Basketball Association (NBA) e Intesa Sanpaolo hanno annunciato oggi che il gruppo bancario italiano sarà il partner bancario esclusivo di NBA per quanto riguarda proprio l'Italia. L’annuncio segue la notizia della recente acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo di UBI Banca, precedente partner della Lega.
Grazie a questa partnership, Intesa Sanpaolo potrà offrire ai propri clienti vantaggi ed esperienze esclusive legati al mondo NBA, i cui dettagli verranno resi noti prossimamente.
"Ci fa davvero piacere dare continuità alla partnership con NBA", ha dichiarato Stefano Barrese, responsabile della Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo. "Sarà un percorso molto coinvolgente per tutti i nostri clienti, all’insegna del divertimento e dei valori universali che lo sport rappresenta”.
A sua volta Nick Cowell, NBA EME Director, ha sottolineato: "Siamo lieti di dare il benvenuto a Intesa Sanpaolo come Official Partner di NBA in Italia e non vediamo l’ora di sviluppare ulteriormente questa nuova partnership, supportando il posizionamento del brand e gli obiettivi di marketing".

giovedì 27 agosto 2020

NBA gesto clamoroso: stop ai playoff per l'uccisione dell'ennesimo nero

Il comunicato dell'NBA
Un altro nero è stato ucciso dalla polizia americana, in questo caso a Kenosha, nel Wisconsin, e l'NBA, lega professionistica del basket in cui, secondo uno studio del 2015, i neri rappresentano il 74,4% dei giocatori, decide di fermarsi.
Va detto che, la scena, come nel caso di George Foyd, è stata piuttosto raccapricciante, con l'uomo, Jacob Blake, colpito più volte alle spalle da colpi di pistola sparati da un poliziotto, mentre entrava nel proprio SUV a prendere un coltello, auto in cui, peraltro, erano presenti i suoi tre figli.
Una scelta clamorosa, quella dell'NBA, sulla scia della demagogica campagna Black Lives Matter e che, ovviamente, nessuno si è peritato di bloccare, nel più che concreto timore di venire etichettato come 'razzista' per il solo motivo di non volere adeguarsi a quella che pare come una vera e propria sceneggiata. Anche perché mai, e si sottolinea MAI, i ricchissimi paperoni del basket USA, che si sono presentati con magliette inneggianti a BLM e a una sorta di 'suprematismo nero' ("Black All The Time", "Black Excellence" e frasi di Barack Obama stampate su sfondo nero) hanno emesso un suono di fronte ai continui atroci crimini commessi negli Stati Uniti, commessi per la maggior parte da persone di colore.
Cinque partite sono state rimandate anche nella MLB, la lega 'pro' del baseball, mentre l'NHL, la lega dell'hockey ghiaccio, ha giocato regolarmente, ma solo una delle partite previste era fissata dopo che è stata diffusa notizia del fatto.
Scelte di questo genere non possono fare altro che giustificare le violenze dei facinorosi che, tuttora, stanno imperversando sbandierando l'icona del movimento filomarxista Black Lives Matter, ovviamente sfruttato politicamente in chiave politica da Joe Biden, impegnato nella corsa alla Casa Bianca, opposto a Donald Trump.
Secondo Wikipedia, che cita, fra gli altri, il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), nel 2017 la percentuale di arresti per omicidio ha coinvolto nel 53,5% neri e per il 20,8% ispanici.
La prima squadra a decidere di non scendere in campo è stata quella dei Milwaukee Bucks, rappresentativa di un centro distante circa 40 miglia da Kenosha, luogo del fatto. Poco dopo, anche la lega e i giocatori delle altre franchigie si sono adeguati.

L'immagine del campo dove si sarebbe dovuta giocare Milwaukee-Orlando

mercoledì 3 giugno 2020

Wes Unseld addio, mi hai fatto appassionare al basket

La morte di Unseld annunciata nell'articolo della Gazzetta
Un commosso saluto per Wes Unseld, uno dei 'big' che portarono i Washington Bullets a vincere il titolo NBA contro i Seattle Supersonics sul finire degli anni '70.
Fu attraverso quella finale, magistralmente raccontata da Dario Colombo sulle pagine de "I Giganti del Basket", che mi innamorai della pallacanestro e della sua meravigliosa arte.
La bellezza dei playoff americani, siano essi di basket o di hockey, attraverso gli alti e i bassi di una sfida che può prolungarsi fino alla settima partita, si esaltò lungo le pagine di quel racconto.
Mi è rimasta sempre impressa la frase del coach di Washington, Dick Motta, che, sotto nella serie, caricò i suoi con la frase: "L'opera non è finita finché il soprano non ha smesso di cantare". E,in effetti, fu proprio così.
Di quell'epica sfida, a occhio, per quanto riguarda i Bullets, oltre al coach mi ricordavo proprio il gigantesco Unseld, con quella capigliatura 'da nero' così tipica degli anni '70, ed Elvin Hayes, pezzo di marcantonio, e forse pivot della squadra. Dall'altra parte, per i Sonics, indimenticabile Lenny Wilkens, ala, e Jack Sikma, biondo cecchino.
Allora, in Italia, tifavo per la Xerox Milano, che sarebbe poi sprofondata nell'anonimato dopo l'abbinamento Amaro 18 Isolabella. Così, a parte qualche appassionante finale tra Boston Celtics e Los Angeles Lakers, dell'NBA seguii pochissimo.
Ed è per questo che la finale che vide Wes Unseld protagonista mi rimane ancora più impressa.

domenica 26 gennaio 2020

Kobe Bryant, il cordoglio del Milan per la morte del mito del basket

Il Milan, tramite il proprio profilo Twitter, si dice "choccato" per la morte di Kobe Bryant, caduto con il proprio elicottero che utilizzava spesso per i suoi spostamenti.
Bryant, una delle più grande 'stelle' di sempre del mondo NBA, uno dei più grandi sportivi della storia, ha vissuto per molti anni in Italia, parlava perfettamente l'italiano ed era un grande tifoso della società rossonera, che più volte era andato a vedere a giocare a San Siro e a Milanello.
Quando Bryant, il cui padre Joe ha giocato per molti anni a Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia, si ritirò dall'NBA dopo avere per ben cinque volte il titolo di campione, il Milan lo omaggiò con uno splendido tweet: "Gli eroi vanno e vengono, ma le leggende sono per sempre".



Kobe Bryant addio, l'incredibile morte di una leggenda dello sport

L'apertura del sito di Fox News con l'annuncio
Non posso credere che Kobe Bryant sia morto e ci/mi abbia lasciato. Lui, supereroe buono dei miei nemici, i Los Angeles Lakers, uno dei più grandi giocatori di sempre del basket e dello sport mondiali.
Bryant, che rappresentava un perfetto trait d'union fra la pallacanestro d'oceano e il nostro piccolo mondo della palla a spicchi, lui che parlava italiano perfettamente, merito dei suoi lunghi trascorsi nella Penisola a causa del padre, Joe Bryant, cestista di lungo corso nella nostra Serie A. Lui, grande tifoso milanista. Tante scuole, parchi e campetti porteranno il tuo nome d'ora in avanti, grande Kobe. Ma questo non ci consolerà. Addio campione.

lunedì 11 maggio 2009

Addio alla leggenda Chuck Daly

Chuck Daly se ne è andato, sconfitto dal tumore al pancreas che se l'è portato via all'età di 78 anni. Nella sua vincente carriera di coach (che gli ha permesso di fare un ingresso trionfale nella Hall of Fame), può annoverare due titoli NBA con i Detroit Pistons e la medaglia d'oro conquistata alle Olimpiadi del 1992 con il Dream Team (primo tecnico a realizzare la storica accoppiata). Uomo di grande classe e acume tattico, a Daly è sempre stata riconosciuta la capacità di creare una grande armonia all'interno di qualsiasi spogliatoio, trasformando diverse personalità in gruppi compatti. Non a caso un giocatore difficile come Dennis Rodman ha riconosciuto in Daly una figura fondamentale per la sua carriera.

Votato nel 1996 fra i dieci migliori allenatori dei primi 50 anni di vita dell'NBA, vanta un record in regular-season di 638 vittorie e 437 sconfitte in 13 stagioni, mentre nei playoff, a cui condotto le sue squadre per 12 volte in 13 anni, ha pure un record positivo di 75-51. Nato il 20 luglio 1930 a St. Marys, Pa., Charles Jerome Daly (questo il suo nome completo), ha cominciato ad allenare in NBA nel 1978 come 'assistant' di Billy Cunningham sulla panchina dei Philadelphia 76ers, mentre il suo lavoro come coach cominciò alla guida dei Cleveland Cavaliers nella stagione 1981-82.

mercoledì 6 maggio 2009

Sempre dalla parte di 'Sir Charles'

A me piacciono i tipi duri, e Charles Barkley è uno di questi. Uno di quelli che sa essere ‘grande’ sempre, che cadono in piedi, anche se le sue ‘cadute’ e i suoi infortuni lo hanno portato al ritiro nel 2000 alla ‘tenera età’ di 37 anni.
Philadelphia 76ers, Phoenix Suns, Houston Rockets, Sir Charles è sempre stato protagonista, sempre con il ghigno famelico di chi non ha mai vinto nulla, e mai vincerà, perché questo è stato il suo destino: quello di mai raggiungere l’agognato ‘anello’ del trionfo NBA, disputando una sola finale, persa ovviamente, contro i magici Chicago Bulls di Michael Jordan, l’eroe positivo, quello che tutto trasforma in oro. Quello che insomma io non sopporto. E anche per questo mi sono subito schierato dalla parte di Barkley, sebbene tra i due non vi sia mai stata incompatibilità ma anzi, una profonda amicizia.

Ma perché, mi chiederete voi, parlo di Charles Barkley? Ne parlo perché ieri sera l’ho visto ospite alla trasmissione PTI (Pardon the Interruption) su ESPN. Una fugace quanto simpatica apparizione, per parlare un po’ dei playoff NBA in corso di svolgimento ("Orlando batterà i Celtics, per i Lakers sarà dura con Houston", più un breve commento su LeBron), poco tempo dopo avere scontato la pena di tre giorni di detenzione subita per essere stato beccato ‘ubriaco’ alla guida di un’auto nei pressi di Phoenix la notte di Capodanno. Fermato da una pattuglia perché aveva attraversato con il rosso un semaforo, Barkley avrebbe rifiutato il test del palloncino.
E così il campione è finito in galera, come spesso capita negli Stati Uniti, giustamente, dove non si guarda in faccia a nessuno. A me però questo ‘perdente’ (si fa per dire) piace, e continua a piacere, a dispetto della sua guida in stato di ebbrezza, perché sono sicuro che ancora una volta si rialzerà. Prima della prossima ricaduta, e della prossima ripresa. Ave, Sir Charles...

martedì 5 maggio 2009

Boston Celtics ko, consoliamoci così...

Quest'anno marca male. La leggenda dei Boston Celtics farà molta fatica a realizzare il sogno dell''anello bis'. Dopo avere faticato le proverbiali sette camicie (pardon, sette partite) per eliminare i Chicago Bulls, la serie con gli Orlando Magic comincia con un ko casalingo. Nel frattempo eccoVi un contentino: il 'wallpaper' raffigurante le splendide ragazze biancoverdi.