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mercoledì 22 marzo 2023

Undici minuti schiacciato a terra: ennesimo afroamericano ucciso dalla polizia

Un'immagine di Irvo Otieno
Ancora un afroamericano diventa vittima sacrificale della polizia americana, e nonc'è bisogno di grdiare al Black Lives Matter per pretendere una seria analisi.
Irvo Otieno, 28 anni, è morto dopo essere stato immobilizzato a terra per undici minuti da sette agenti in un ospedale psichiatrico pubblico in Virginia.
La procura ha rilasciato le immagini registrate dalle telecamere interne: si vede un uomo in manette condotto nella stanza da sette poliziotti che sembrano spingerlo verso una piccola sedia ma subito dopo, in seguito a un movimento brusco di Otieno, lo spingono sul pavimento e lo immobilizzano, tenendolo fermo per undici minuti, fino a quando l'uomo non si sente male.
Le immagini successive lo mostrano sdraiato, supino, mentre il personale medico prova a rianimarlo, ma inutilmente.
La procuratrice distrettuale della contea di Dinwiddie, Ann Cabel Baskervill, ha contestato ai sette agenti e a tre impiegati dell'ospedale l'omicidio preterintenzionale. Nel pomeriggio, il 'grand jury' ha incriminato tutti e dieci, confermando le accuse della procura.
La Baskervill aveva annunciato la diffusione dei video e ha mantenuto la promessa, a fronte dell'opposizione dei legali degli imputati.
Otieno, che aveva problemi mentali, era stato ricoverato tre giorni prima. La famiglia della vittima ha spiegato che Otieno era stato privato dei medicinali di cui aveva bisogno a causa della sua malattia mentale e ha contestato la prima versione fornita dagli agenti, secondo cui avrebbero agito in quel modo nel tentativo di contenere il suo atteggiamento aggressivo. Le immagini darebbero ragione alla famiglia.
Otieno, originario del Kenya, era arrivato negli Stati Uniti nel 1998 con la famiglia, quando lui aveva appena quattro anni. Per tutti loro, ha spiegato la madre, era la realizzazione del "sogno americano".

sabato 20 novembre 2021

Kyle Rittenhouse, i facinorosi di Black Lives Matter scendono in strada

L'home page di Fox News
Sono passate poche ore dall'assoluzione piena e completa di Kyle Rittenhouse, il giovane che ha sparato per legittima difesa, uccidendo due estremisti del movimento Black Lives Matter che lo stavano inseguendo, armi in pugno, per poi atterrarlo e puntargli una pistola carica in faccia.
Ovviamente, come prevedibile, gli estremisti della Sinistra americana, BLM e Antifa in testa, hanno deciso di non accettare il verdetto. L'allerta della polizia in tutte le città è altissima anche se, paradossalmente, almeno per ora, proprio a Kenosha (Wisconsin), città dove si è svolto il processo, l'atmosfera pare tranquilla e tutti sembra abbiano accettato il verdetto della giuria.
Nelle strade di New York sono scesi però a migliaia, il solito gregge fatto di capelli colorati, punkabestia, incappucciati, bandiere palestinesi, inni al movimento LGBT, richieste di abolizione della polizia, volti sconvolti dall'odio e da sostanze stupefacenti, il peggio del bestiario umano e tutta la solita noiosa paccottiglia che ormai da anni si vede scorrere tristemente in tutte le strade del mondo, anche quelle italiane, finti alternativi alla ricerca di una bandiera sotto la quale sventolare idee consunte, prive di originalità come la loro vita costruita da altri alle loro spalle.

Kyle Rittenhouse assolto, sconfitta la violenza di Antifa

Il giudice chiede alla giuria la sentenza, a destra Rittenhouse
Kyle Rittenhouse
è salvo. Il ragazzo che si difese a Kenosha sparando dalla violenza dei manifestanti 'antifa' legati ai movimenti di Black Lives Matter, uccidendo due persone che, armate, erano sul punto di colpirlo a loro volta, è stato assolto per legittima difesa.
Sembra incredibile che, a dispetto della macchina del fango demagogica allestita dai media del 'mainstream' americano, CNN e MSNBC in testa, la giuria sia riuscita a mantenersi neutrale. Addirittura una persona legata proprio a questa seconda rete è stata in questi giorni fermata nei pressi del furgone che trasportava i giurati, e pertanto espulsa, con tutta la troupe, dall'aula del processo.
Una demagogia che, da più parti, aveva condannato il giovane Kyle, oggi 18 anni ma solo 17 al tempo dei fatti, senza il beneficio del processo.
"Razzista" e "Suprematista bianco" erano i termini usati per indicarlo da parte di tutti i commentatori dell'America 'bene', arrogatisi in anticipo di una sentenza di colpevolezza. Il nostro "La Repubblica", a dispetto della sentenza finale di assoluzione, lo definisce "il killer di Kenosha", mostrando per l'ennesima volta tutto il proprio disprezzo per la verità, ignorando le motivazioni che hanno portato alla sua innocenza ma mettendo alla berlina il dolore di un ragazzo che, oltre ad aver rischiato la propria vita per colpa di alcuni violenti, si è trovato a dover affrontare il rischio dell'ergastolo. Sarei curioso di vedere come il coraggioso titolista (o giornalista) de "La Repubblica" avrebbe reagito in una situazione simile.
Per Joe Biden si tratta dell'ennesima umiliazione. Lui, il presidente che si era spinto a pronunciare frasi d'accusa incredibili verso Rittenhouse (forse pensando di cavalcare un 'sentiment' popolare), ritenuto pure da lui al pari di un razzista della peggior specie, senza attendere l'esito di un giudizio ritenuto frettolosamente scontato.
Invece, per l'ennesima volta, l'inquilino sempre più inquieto della Casa Bianca ha dovuto masticare amaro. Le immagini di queste ore lo inquadrano corrucciato, obbligato a rimangiarsi buona parte di quanto detto. A precisa domanda di una giornalista se non fosse il caso di correggere il tiro sulle affermazioni da lui rilasciate, Mister President si è limitato a rispondere: "Rispetto ciò che la giuria ha concluso. Il sistema giudiziario funziona e dobbiamo rispettarlo". Per fortuna.
Rittenhouse è stato assolto con formula piena dai cinque capi d'accusa dei quali era incriminato. Ancora una volta il ragazzo è stato preda di un violento attacco di pianto, comprensibilissimo. Ora cambierà città, forse stato, la paura di ritorsioni e di violenze da parte del movimento 'antifa' è tanta. Un movimento ritenuto 'terrorista' anche in Europa.
Alla fine però ha avuto ragione lui e le immagini, chiare, che lo vedono inseguito, armi in pugno, da un branco di violenti.
Intanto i media di Sinistra continuano a strillare straparlando di "White Supremacy". "Don't listen to these garbage", risponde con coerenza FoxNews, che fin dall'inizio, sola e unica, ha sposato la causa del giovane. La teoria della legittima difesa ne esce rafforzata. Almeno questa volta possiamo guardare con un briciolo di ammirazione al sistema americano. Un innocente è stato salvato dalla furia della marmaglia di strada.
Leggi l'articolo de "Il Primato Nazionale"

A "La Repubblica" piace speculare sulla pelle di un ragazzo innocente

giovedì 11 novembre 2021

Kyle Rittenhouse non è un violento, ha ucciso per legittima difesa

Lo scambio fra il giudice Schroeder e l'Accusa (FoxNews)
Non è così strano che un Paese come l'Italia, in grado di 'santificare' un personaggio del calibro di Carlo Giuliani, abbia definito Kyle Rittenhouse, aspirante agente di polizia che ha sparato per legittima difesa, uccidendo due persone, un 'baby assassino'.
Fortunatamente in America le cose, durante il suo processo, sembra stiano andando nel verso giusto, riconoscendo al giovane, che faceva parte di una sorta di 'ronda' di cittadini desiderosi di mantenere l'ordine e la pace sociale a Kenosha, Wisconsin, durante i tumulti originati dalla violenza dei manifestanti sobillati dal movimento Black Lives Matter, la legittima difesa.
Centinaia, forse migliaia di agitatori che hanno riempito le strade americane per giorni brandendo il presunto ideale di una non meglio identificata 'giustizia sociale', permettendosi di distruggere e colpire qualsiasi cosa e chiunque si trovasse sul proprio cammino.
Le immagini, del resto, sono chiarissime: Rittenhouse, identificato da quegli stessi facinorosi tanto amati dalla sinistra Dem come 'non allineato' e quindi 'nemico', viene inseguito da alcune persone, di cui alcune armate, cerca di scappare rifiutando ogni contatto. E' costretto, per difendersi, a colpire il primo manifestante che cerca di colpirlo, poi scappa ancora, incespica nella fuga, cade e, inevitabilmente, quando si trova circondato dagli avversari e vede la propria vita in pericolo, spara ancora, come chiunque avrebbe fatto al suo posto.
Il giudice Bruce E. Schroeder ha ammonito severamente l'Accusatore, Thomas Binger, riguardo alla sua linea di gestione del 'caso'. Soprattutto, un testimone presente quella sera, uno dei facinorosi che avevano circondato Rittenhouse, pistola in pugno, ha candidamente ammesso come il giovane aspirante poliziotto non abbia aperto il fuoco fino a quando non abbia visto la pistola puntata verso di lui.
L'opposto di quanto buttato nelle 'fauci' dei lettori dal 'moderato' Corriere della Sera che, come la stragrande maggioranza dei media, si è genuflesso di fronte alla causa BLM, e ha presentato così la vicenda: "...Vicino all’edificio c’è anche Kyle Rittenhouse, 17 anni: ha un fucile semiautomatico AR-15. 'Stiamo proteggendo i cittadini e una persona della folla mi ha appena spruzzato dello spray al peperoncino negli occhi', racconta il ragazzo che a un certo punto viene inquadrato mentre, scappando dai manifestanti, si volta e inizia a sparare. Rittenhouse colpisce la prima persona alla testa e si dà alla fuga, ma scappando inciampa e aggredito dalla folla che lo ha raggiunto continua a sparare. Sotto i suoi colpi cadono altre due persone, una delle quali rimane a terra".
Insomma, non proprio quanto viene invece raccontato da un sito c in cui, invece, vengono raccolte firme in suo favore.
"Nei pressi di una stazione di benzina, il giovane è stato aggredito da alcuni manifestanti, nello specifico da Joseph Rosenbaum (il ragazzo con la maglietta rossa). Kyle, non essendo un violento, non ha inizialmente utilizzato l'arma a sua disposizione ma anzi E' FUGGITO. Il manifestante lo ha inseguito lanciandogli oggetti non identificati, e quando lo ha quasi raggiunto accerchiandolo in un parcheggio (avendo altri oggetti non identificati con sé di cui Kyle non poteva chiaramente accertarsi in tempo visto le circostanze) il giovane cadetto ha fatto fuoco colpendo e uccidendo il manifestante. La prima cosa che fa a questo punto è chiamare il 911 per far arrivare i soccorsi. A seguito di ciò e con la folla a lui attorno, si è dato alla fuga per evitare di essere gambizzato dalla folla numerosa di manifestanti ma è stato inseguito. Poco distante avverrà infatti il secondo conflitto a fuoco: durante la fuga Kyle inciampa e cade all'indietro. Un manifestante (che si scoprirà poi essere Anthony Huber) tenta di colpirlo ALLA TESTA sferrandogli un colpo con il suo skateboard mentre Kyle è ancora a terra ma il ragazzo assorbe il colpo e risponde sparando UN colpo che si rivelerà poi fatale. Contemporaneamente, un altro manifestante, col viso coperto, tenta di aggredire Kyle ma quando quest'ultimo fà fuoco con la sua arma, arretra spaventato e si blocca al rumore degli spari. Vigliaccamente, poi, estrae da dietro i pantaloni una Glock (illegalmente posseduta) e la punta contro Kyle che però con una freddezza ed una lucidità eroica degna dei migliori militari da campo, ferisce con un colpo il manifestante al braccio".
Anche Donald Trump aveva difeso Kyle Rittenhouse

venerdì 29 ottobre 2021

Condannato a morte fra vomito e spasmi, la drammatica fine di John Grant

John Grant, assassinato dagli Stati Uniti stanotte
Dramma della vita e della morte nei 'civili' Stati Uniti democratici di Joe Biden, atterrato stanotte a Fiumicino per partecipare al G20 e incontrare il Papa. Chissà cosa si diranno i due, mentre nelle prigioni americane ci sono ancora detenuti pronti a venire assassinati attraverso esecuzioni capitali che assumono spesso il carattere di autentiche torture.
E' il caso di John Grant, che per la cronaca è afroamericano (unica cosa che non dovrebbe interessare, ma che sarà invece probabilmente l'unica che smuoverà l'opinione pubblica sull'onda di Black Lives Matter), scosso da vomito e convulsioni durante la sua esecuzione nello stato americano dell'Oklahoma, dove i 'boia' hanno usato un cocktail letale su cui già aleggiava il sospetto potesse causare un dolore atroce alla persona, sebbene la 'morte dolce', almeno a mio avviso, rappresenti un paradosso ancora più crudele.
Lamentarsi del dolore della morte di Grant pare assurdo, proprio perché il problema che ancora attanaglia la 'civile' America è quello delle esecuzioni capitali, non certo se queste arrivino fra atroci dolori.
Grant, 60 anni, era stato condannato a morte nel 2000 per l'omicidio di un dipendente della prigione. Dopo aver ricevuto il via libera dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, le autorità carcerarie dello stato del sud gli hanno iniettato le tre sostanze, dichiarandolo poi morto alle 16.21 locali, le 23.21 in Italia, ovvero non molto tempo fa, al momento in cui scrivo.
L'agenzia AGI sottolinea come questo protocollo fosse già stato applicato nel 2014 e nel 2015.
Grant "ha iniziato a tremare poco dopo la prima iniezione", ha detto il reporter dell'AP, Sean Murphy, che ha assistito alla scena. Ha avuto circa 20 convulsioni e ha vomitato diverse volte prima di svenire. "Ho visto 14 esecuzioni, non ho mai visto niente del genere", ha detto Murphy. Il suo calvario ha immediatamente scatenato forti critiche. "L'Oklahoma aveva bloccato i suoi ultimi tre tentativi di esecuzione prima della sua pausa di sei anni, ma apparentemente non ha imparato nulla da quell'esperienza", ha commentato Robert Dunham, che gestisce il Death Penalty Information Center (DPIC). Qualche giorno fa, i servizi penitenziari dell'Oklahoma avevano tuttavia affermato in un comunicato stampa che il loro protocollo era "umano ed efficace" e che le esecuzioni potevano riprendere.
Il protocollo contestato combina un sedativo, il midazolam, e un anestetico, destinato a prevenire il dolore prima dell'iniezione di cloruro di potassio a dose letale. E' stato usato nel 2014 per giustiziare Clayton Lockett, ma il condannato morì in apparente agonia per 43 minuti. Nel 2015, un altro condannato, Charles Warner, si lamentò che il suo "corpo stava bruciando" prima di morire, poiché i boia avevano usato il prodotto sbagliato.
Nel 2020 è stato messo a punto un nuovo protocollo e sono state fissate diverse date di esecuzione nel 2021, a cominciare da quella di Grant. L'Oklahoma prevede di giustiziare prossimamente Julius Jones, 41 anni, condannato a morte nel 2002 per l'omicidio di un uomo d'affari, crimine che però ha sempre negato. (fonte AGI/AFP)

mercoledì 18 agosto 2021

Covid nato per caso, cocktail di vaccini, BLM e dialogo con i talebani, la 'devoluzione' dell'uomo è completa

Booji Boy, il ragazzo 'idiota' protagonista dei video dei Devo
Il QI dell'umanità dev'essere paurosamente sceso in questi ultimi anni, e un extraterrestre sceso sulla Terra a distanza di mezzo secolo forse penserebbe di avere a che fare con una specie umana diversa, o addirittura con un animale incrociato con qualche bipede minore.
Quali storture devono essersi messe in moto nel cervello umano per convincerlo ad accettare l'inaccettabile?
Come può un'intera umanità essersi 'bevuta' la storiella, costruita a uso e consumo della Cina, che il Covid-19 sia 'casualmente' arrivato attraverso un orsetto della giungla dell'entroterra di Wuhan, quando in quella medesima area prospera un laboratorio chimico militare che opera sugli stessi virus?
Come può un'umanità che si dica tale avere subito impotente il tragico balletto dei vaccini e delle 'bufale' correlate al comportamento anti-Covid, dalle mascherine prima inutili e poi obbligatorie pena l'arresto, fino al leggendario 'cocktail dei vaccini', prima sbandierato come migliore soluzione per debellare l'infezione e poi resettato sotto al tappeto del silenzio per evitare guai peggiori?
Come può una consistente parte di mondo essersi indignata per la morte di un criminale di colore, ucciso sì in maniera violenta da un poliziotto americano, ma certamente non di più di migliaia di altri criminali di tutto il mondo, per cui, peraltro, la morte dovrebbe essere un 'rischio calcolato' del mestiere? Una morte da cui poi nascerà tutta la litania mediatica del Black Lives Matter...
Arriviamo allo zuccherino finale, quel dialogo auspicato con i talebani da parte dell'Occidente, una frase che già di per sé rappresenta un ossimoro, perché non è possibile 'dialogare' con gente che decapita i propri nemici, che lapida le donne in strada e che crede di essere attesa da decine di vergini in cielo se riuscirà a immolarsi nel nome del proprio dio.
Ecco. Pare così arrivare a conclusione, o comunque a un buon punto, quella 'devoluzione' di cui parlavano i Devo sul finire degli anni '70, in brani tanto acuti quanto graffianti, musica elettronica alterata da quella fine percezione che solo il movimento post-punk di quel periodo seppe cogliere. "Jocko Homo" e "Mongoloid" sono due canzoni che rappresentano appieno il traumatico momento vissuto da un'umanità ormai 'schiava' di un'informazione distorta e guidata dai grandi 'social' del momento. Non molto di cui vantarsi, semmai un passo ulteriore verso il baratro di una 'de-intelligenza' sempre più palpabile e sempre meno rilevata da una plebe di 'utili idioti'.

giovedì 8 luglio 2021

Europei, con l'Inghilterra verso un altro teatrino dell'inginocchiamento

Tutti in ginocchio prima di Italia-Belgio (foto Sky)
La vittoria dell'Inghilterra
nella seconda semifinale degli Europei obbligherà a riproporre nella sfida decisiva con gli azzurri il teatrino già visto con il Belgio, quello della Nazionale che si inginocchia 'a comando', per un evento tanto inutile quanto quello ormai consunto e sfruttato demagogicamente dal movimento Black Lives Matter.
Inutile dire che, prima della partita, si rinnoveranno gli appelli a restare in piedi o inginocchiarsi a seconda della forza politica coinvolta, ma già sappiamo come andrà a finire, malgrado l'importanza della 'controcampagna' #iononmiinginocchio: Chiellini e soci si appoggeranno sulla propria rotula per rimanere in terra, pur senza crederci, come la stragrnade maggioranza degli italiani che 1) non si sentono razzisti; 2) non capiscono a chi giovi questo gesto, se non a certa becera propaganda secondo cui, in maniera altrettanto razzista, esiste un modo di pensare da 'maschio bianco' (e anche fosse?); ma soprattutto non capiscono (e non capiamo) perché questo gesto vada ripetuto.
Infatti, ci si chiede, fino a quando dovremo assistere a questa litania? Fino a quando le partite della Premier League inglese verranno funestate da questa patetica pantomima? Un mese, un anno, una decade? e poi, una volta che si ritenga terminata la campagna BLM (ma come? e perché?), verrà sostituita da una nuova campagna? O solo i ne*ri hanno e avranno per sempre l'esclusiva dell'avocare nei propri confronti per poi condannare comportamenti cosiddetti razzisti?
Insomma, anche solo nel presentare questo gesto idiota si capisce quanto siano enormi lo squallore e la demagogia imperanti, su cui come sciacalli si sono avventati, e non potrebbe essere altrimenti, i partiti di quella Sinistra raccogliticcia e consunta, carichi di personaggi fuori dal tempo, da sempre in ginocchio in preghiera per cercare un nuovo appiglio cui abbarbicare la propria fallimentare carriera da mestieranti.

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sabato 26 giugno 2021

Twitter, in tendenza il libero pensiero di #iostoconOrban

Malgrado tutti i tentativi di boicottaggio, non c'è stato bisogno dell'aiuto di Matteo Salvini per lanciare in tendenza su Twitter l'hashtag #iostoconOrban.
Un sentimento di libertà, una naturale vocazione per l'indipendenza del pensiero e contro le anomalie del 'politicamente corretto', hanno scatenato chi ha finalmente voluto scendere in campo, quasi nel vero senso della parola, visto che tra poche ore in campo, su quello vero, scenderanno Italia e Austria negli ottavi di finale degli Europei di calcio. E nasce da lì un altro hashtag, quello di #iononmiinginocchio, ovvero il 'sentiment' solidale (in questo caso, sì, possiamo utilizzare questa parola così abusata da certa Sinistra) con chi abbia il coraggio di alzarsi in piedi (o meglio, di restare in piedi) e dire 'basta' ala demagogia imperante di Black Lives Matter.

martedì 20 ottobre 2020

I buonisti italiani messi all'angolo delle proprie vergogne

Parte dell'articolo di Borgonovo all'interno de "La Verità"
E' come sempre mirabile e ficcante l'articolo che Francesco Borgonovo ha pubblicato quest'oggi sul quotidiano "La Verità", collegato alla morte, per decapitazione, del professore francese Samuel Paty, ucciso da un islamico, irritato per la scelta, da parte del docente, di mostrare delle vignette su Maometto in classe per discutere della libertà di espressione. 
"Si sono inginocchiati per George Floyd." comincia l'articolo, che prosegue: "Supportano le manifestazioni in Bielorussia. S’indignano per i sovranisti che «mettono a rischio la democrazia». Ma sulla violenza del fanatismo islamico i progressisti europei sono sempre morbidi o afoni".
E' questo il 'j'accuse' di Borgonovo, che mette in risalto per l'ennesima volta, semmai ce ne fosse bisogno, tutte le ipocrisie della cosiddetta Sinistra buonista, italiana e internazionale.
Ho deciso di postare il resto, come testimonianza del fatto che ci sia qualcuno in grado di dire 'no', di alzarsi in piedi quando tutti gli altri si inginocchiano. E non intendo, solo quando si sente parlare di Black Lives Matter.

giovedì 27 agosto 2020

NBA gesto clamoroso: stop ai playoff per l'uccisione dell'ennesimo nero

Il comunicato dell'NBA
Un altro nero è stato ucciso dalla polizia americana, in questo caso a Kenosha, nel Wisconsin, e l'NBA, lega professionistica del basket in cui, secondo uno studio del 2015, i neri rappresentano il 74,4% dei giocatori, decide di fermarsi.
Va detto che, la scena, come nel caso di George Foyd, è stata piuttosto raccapricciante, con l'uomo, Jacob Blake, colpito più volte alle spalle da colpi di pistola sparati da un poliziotto, mentre entrava nel proprio SUV a prendere un coltello, auto in cui, peraltro, erano presenti i suoi tre figli.
Una scelta clamorosa, quella dell'NBA, sulla scia della demagogica campagna Black Lives Matter e che, ovviamente, nessuno si è peritato di bloccare, nel più che concreto timore di venire etichettato come 'razzista' per il solo motivo di non volere adeguarsi a quella che pare come una vera e propria sceneggiata. Anche perché mai, e si sottolinea MAI, i ricchissimi paperoni del basket USA, che si sono presentati con magliette inneggianti a BLM e a una sorta di 'suprematismo nero' ("Black All The Time", "Black Excellence" e frasi di Barack Obama stampate su sfondo nero) hanno emesso un suono di fronte ai continui atroci crimini commessi negli Stati Uniti, commessi per la maggior parte da persone di colore.
Cinque partite sono state rimandate anche nella MLB, la lega 'pro' del baseball, mentre l'NHL, la lega dell'hockey ghiaccio, ha giocato regolarmente, ma solo una delle partite previste era fissata dopo che è stata diffusa notizia del fatto.
Scelte di questo genere non possono fare altro che giustificare le violenze dei facinorosi che, tuttora, stanno imperversando sbandierando l'icona del movimento filomarxista Black Lives Matter, ovviamente sfruttato politicamente in chiave politica da Joe Biden, impegnato nella corsa alla Casa Bianca, opposto a Donald Trump.
Secondo Wikipedia, che cita, fra gli altri, il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), nel 2017 la percentuale di arresti per omicidio ha coinvolto nel 53,5% neri e per il 20,8% ispanici.
La prima squadra a decidere di non scendere in campo è stata quella dei Milwaukee Bucks, rappresentativa di un centro distante circa 40 miglia da Kenosha, luogo del fatto. Poco dopo, anche la lega e i giocatori delle altre franchigie si sono adeguati.

L'immagine del campo dove si sarebbe dovuta giocare Milwaukee-Orlando

domenica 2 agosto 2020

Black Voices for Trump, i Neri che dicono NO a Black Lives Matter

Un momento dell'evento "Black Voices for Trump"
Dopo la coraggiosa presa di posizione di Candace Owens nei confronti di Black Lives Matter, attivista politica e sostenitrice di colore del presidente americano, Donald Trump, vale la pena sottolineare l'iniziativa andata in scena quest'oggi, ovviamente in mezzo al boicottaggio del 'mainstream' della stampa 'dem' americana e internazionale. "Black Voices for Trump" è l'idea lanciata da Katrina Pierson, membra del Tea Party e portavoce nazionale della campagna presidenziale di Trump nel 2016.
Curioso come 'googolando' il titolo della giornata, in italiano non ci sia alcun risultato, segno di quanto la vicenda sia stata seguita dai 'democratici' media di casa nostra. L'evento è in realtà anche un'associazione e una commmunity che, spiegata in inglese, "encourages the black community to re-elect President Donald J. Trump by sharing experiences and successes of everyday Americans".

mercoledì 29 luglio 2020

Giuseppe Conte, il servo dell'OMS ha colpito ancora

Parte dell'articolo dedicato da "Libero" alla vicenda
E così Giuseppe Conte, l'uomo prescelto dall'Europa per 'normalizzare' l'Italia, ha colpito ancora. Prolungato l'ormai chiaramente inutile stato di emergenza fino a metà ottobre (chissà perché poi sarà stata scelta quella data), con il chiaro intento di mettere ulteriormente in ginocchio la nazione che non si piega, quella parte di Stato che vuole ripartire, alla faccia di virus probabilmente creati in laboratorio e di intrusioni militari straniere (fanno quasi ridere i 'medici russi' arrivati in Italia con tanto di divisa).
I contagi, una parola che correlata al coronavirus non significa praticamente nulla (per quanto ne so, potrei essere contagiato pure io), si contano ormai sulle dita di due mani, il rischio è praticamente azzerato. Ma non basta. Ed è curioso come il virus abbia 'scientificamente' colpito quella parte di Paese più 'sovranista', più legata a un certo senso di autonomia, quella insomma che vota Lega e simpatizza per Matteo Salvini.
E' quella l'Italia da piegare, quella che deve capire come i soldi non si facciano lavorando, come sia meglio rinunciare alla libera imprenditoria. Il lavoro, nel mondo progettato dalla 'nuova cupola globalista', non paga. E' il welfare a regnare sovrano, un 'gin della vittoria' orwelliano elargito a fine mese per sopravvivere, una sovvenzione per ricevere la quale sarà necessario fare professione di fede, dichiararsi volontariamente seguaci del Black Lives Matter e, perché no (in fondo è già successo), autenticamente antifascisti.
Il 'laboratorio Italia' prosegue spedito l'esperimento di 'normalizzazione' del Paese, e mai come in questo caso un virus paraletale fu tanto tempista nel propagarsi dalla nazione che, anche in questo caso - guarda caso, più di ogni altra raccoglierà i frutti del contagio, quella Cina tanto amata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Quella stessa OMS che ci tiene sotto scacco intimando al lacchè italiano di proseguire lo stato di emergenza. E il cerchio si chiude.

lunedì 22 giugno 2020

Strage di Reading, a chi importa se muore un bianco?

Anche il calcio italiano è vittima della demagogia di BLM
Porta con sé un acuto stridore di logica e umanità vedere come, in particolare nel campionato di calcio inglese appena ripreso dopo la pausa a causa del Coronavirus, ci si inginocchi nel nome di George Floyd, pluricriminale ed ex-galeotto, e tutte le squadre portino sulle spalle la scriva "Black Lives Matter", mentre praticamente nessuno abbia mosso ciglio, alzato un dito o chiesto un minuto di silenzio nel nome delle tre vittime del parco di Reading (della cui identità finora se ne conosce solo una, un professore di scuola inglese di pelle bianca), uccise per mano di un rifugiato libico di 25 anni, Khairi Saad­allah.
Già, avete capito bene, l'assassino delle tre persone, avvenuto poco dopo, guarda caso, una manifestazione di BLM, è un richiedente asilo, uno di quelli la cui libertà e accoglienza viene declamata e reclamata a gran voce dalle decine di migliaia di persone che, nelle manifestazioni (cosiddette) antirazziste, hanno inserito un po' di tutto: la protesta per la morte di Floyd, l'odio nei confronti di Donald Trump, a seconda del Paese l'odio per il partito o per il movimento sovranista di turno (il famoso "è colpa di Salvini"), i diritti dei transessuali, delle donne gobbe e di quelle grasse, dei cani da pastore, dei cani per ciechi e di quelli sciolti, il mal di pancia e il mal di denti, e forse pure la nausea per il panettone mangiato lo scorso Natale.
Insomma, nelle manifestazioni in cui radical-chic, benpensanti, moralisti, musulmani, gay, lesbiche, clandestini, nordafricani, spacciatori e chi più ne ha più ne metta, si uniscono per formare un meraviglioso caleidoscopio di colori (spenti), mi chiedo se ora qualcuno si inginocchierà, a partire dalla prossima, per James Furlong, insegnante inglese bianco trucidato, assieme ad altre due persone, da un richiedente asilo libico e musulmano. Perché White Lives Matter Too.

domenica 21 giugno 2020

Arabo uccide tre inglesi a Reading, White Lives Matter Too

L'apertura del sito del giornale inglese "Daily Mirror"
Il movimento Black Lives Matter impera ovunque incontrastato, e metterne in dubbio autenticità e ideali è esso stesso un reato. Anzi, uno psicoreato.
Diventa però inquietante notare come, poco dopo la manifestazione cosiddetta 'antirazzista' di BLM, andata in scena nel parco Forbury Gardens di Reading, un arabo di origine libica abbia attaccato un gruppo di persone presenti con un coltello, provocando una strage: alla fine si sono contati infatti tre morti e tre feriti gravi sabato notte. Sarebbe stata solo la pronta risposta di un agente di polizia a placcare l'assassino e a bloccarlo, secondo i testimoni.
La polizia della cittadina nei pressi di Londra ha subito cominciato il 'balletto' delle notizie sussurrate: dapprima si è escluso ogni legame con il terrorismo, quindi la pista islamica ha preso sempre più consistenza, fino all'arresto del libico 25enne, con l'ammissione come l'atto sia considerato "di natura terroristica".

L'articolo de "Il Giornale"

L'articolo de "Il Corriere della Sera"

sabato 20 giugno 2020

Black Lives Matter, la polizia francese dice basta alle accuse di razzismo

I poliziotti francesi non ci stanno
La polizia francese dice basta. Basta alle accuse di violenza lanciate dai manifestanti di Black Lives Matter, basta con la demagogia che li vede sul banco degli imputati in qualità di razzisti.
Già pochi giorni fa una rappresentanza dei poliziotti francesi si era radunata davanti all'Arco di Trionfo, lampeggianti accesi, per esprimere il proprio dissenso nei confronti di una società e di un governo francesi (ed europei), che hanno deciso di sposare il movimento BLM senza batter ciglio, senza nemmeno darsi la pena di muovere un'eccezione, a quello che pare sempre più come un movimento politico pilotato per rianimare il cadavere di una Sinistra esanime.
La manifestazione della polizia ha avuto luogo nella serata a Place d'Italie, a Parigi, nel 13° 'arrondissement'. Anche in questo caso sono state decine le auto e i furgoni ad avere occupato la carreggiata.
In Francia la morte di George Floyd è stata paragonata a quella di Adama Traoré, che nel 2016 venne ucciso durante un'operazione di polizia.

L'apertura del sito ufficiale della 'Police nationale' francese

giovedì 18 giugno 2020

Sergio Sylvestre, un inno così non s'ha da fare...

Sergio Sylvestre
E' stata una Coppa Italia cominciata con l'autogol. Pronti, via, ed ecco l'inno nazionale cantato da uno che italiano nemmeno lo è, visto che Sergio Sylvestre, a dispetto del nome, è di passaporto statunitense, nato a Los Angeles, da padre haitiano e mamma messicana. Possibile che abbia uno zio di Baranzate ma, al momento, questo non risulta.
Come traspare da queste righe, il colore scuro della sua pelle non c'entra nulla (almeno da parte mia), mentre pare invece evidente il tentativo della Lega Calcio di aderire goffamente alla campagna Black Lives Matter convocando all'interpretazione di "Fratelli d'Italia" un cantante 'nero', la cui unica dose di italianità è quella di avere partecipato a una edizione del talent show "Amici" di Maria De Filippi. Roba fina, insomma.
Sylvestre ha tutto per rientrare nell'aspetto didascalico del 'nero' così come ci viene proposta dai film più classici e stantii: una via di mezzo fra Barry White e Puff Daddy, una variopinta messe di anelli in stile pappone malavitoso e una pronuncia della 'r' che tradisce le origini d'oltreoceano.
Il tutto, beninteso, tralasciando il 'piccolo dettaglio' della doppia dimenticanza delle parole dell'inno stesso durante l'esibizione: due stop durante la messinscena che, di certo, non hanno giovato all'immagine del cantante.
E va bene, sei americano, hai avuto l'immenso culo di venire in Italia e andare pure in tivù, ma almeno l'inno nazionale 'sallo'...