domenica 19 luglio 2020

Cecile Kyenge, assolto il leghista che l'aveva chiamata 'negra'

Il titolo online de "Il Primato Nazionale"
Chi si ricorda di Cecile Kyenge? Quella tizia bizzarra, arrivata in maniera incredibile a ricoprire una carica di ministro, che sbraitava contro tutto e tutti, ma soprattutto contro il razzismo (funziona sempre, alle nostre latitudini), evidentemente incapace dal punto di vista politico, ma scelta appositamente a Sinistra per il colore della sua pelle, il nero. Cioè, detto chiaramente la signora Kyenge è negra. E dire questo, in Italia, non è reato.
Lo ha confermato il tribunale di Macerata, per la precisione il collegio presieduto dal giudice Daniela Bellesi, che ha assolto l vicesindaco di Civitanova Marche, Fausto Troiani, che aveva così definito l’esponente del Pd,.
Cito l'edizione online de "Il Primato Nazionale", che racconta: "Tutto era nato da un commento su Facebook di Troiani, alla fine di un intervento in cui veniva condiviso un articolo sulla Kyenge. “Rimane negra“, si leggeva nel post in questione, con riferimento esplicito all’ex europarlamentare di origini congolesi (non rieletta alle ultime europee). La Kyenge aveva sporto denuncia alla procura della Repubblica di Macerata. Procura che aveva dato avvio ad un procedimento per direttissima per Troiani, accusato di diffamazione con l’aggravante dei motivi di odio razziale. Ma, nonostante la richiesta da parte della procura della Repubblica di Macerata di una condanna a sette mesi di reclusione, il tribunale ha assolto il vicesindaco". prosegue IPN: "L’avvocato Gian Luigi Boschi infatti è riuscito a far passare la sua linea difensiva. Innanzitutto che non sussistono prove certe ed incontrovertibili del fatto che il commento fosse partito da un account di Facebook attribuibile senza dubbio alcuno al suo cliente. Ma soprattutto che il termine “negra” non può essere interpretato con un’accezione negativa, come invece accade nei Paesi di lingua anglosassone. Tutti elementi che hanno convinto il tribunale di Macerata ad assolvere Troiani. D’altronde sul dizionario alla voce “negro” troviamo: “In antropologia fisica, appartenente alle etnie (sudanese, nilotica, cafra, silvestre, batua, andamanese, aetide), viventi per lo più in Africa e in poche regioni dell’Asia, comprese nel ceppo negride".
Detto questo, personalmente ritengo che il termine 'negro' venga utilizzato con accezione negativa. Ma, aggiungo, proprio per questo viene usato: in una cena con un ragazzo di colore che vive a Milano, magari il fidanzato di una parente (o anche a sessi invertiti), o durante un incontro con una persona qualsiasi dalla pigmentazione scura, a nessuno verrebbe in mente di chiamarla 'negra'. Riferendoci invece ai tanti spacciatori, assassini e criminali di pelle scura che infestano le nostre città, trovo più che legittimo definirli 'negri', aggiungendo, lì sì in senso spregiativo, le due parole 'di merda'. Proprio perché il termine 'negro' non è automaticamente negativo. Una chiarificazione che vale per qualsiasi gruppo etnico, dai piemontesi agli zingari, dai tirolesi ai più generici 'terroni', questa sì una parola su cui sarebbe lecito discutere, ma che ormai, proprio in virtù dell'ampia presenza e quasi totale integrazione dei meridionali al Nord e a Milano in particolare, viene usata quasi sempre in tono scherzoso anche dagli stessi protagonisti.
Del resto, secondo Wikipedia "il termine negro indica una persona generalmente appartenente a una delle etnie originarie dell'Africa subsahariana e caratterizzate dalla pigmentazione scura della pelle. In senso più ampio, può applicarsi ad altri gruppi etnici con caratteristiche somatiche analoghe, come ad esempio i negritos delle Filippine o gli australiani aborigeni. Sebbene la sua etimologia e il suo significato originale e tecnico non siano né dispregiativi né volgari, sotto l'influenza di simili termini in tedesco e soprattutto in inglese la parola ha assunto col tempo connotazioni negative anche nella lingua italiana".
L'Accademia della Crusca è più 'negro-unfriendy', ma forse vale la pena riassumere il concetto espresso alla fine di una risposta espressa a un quesito in merito: "Il punto vero, infatti, è che – al di là di opzioni più o meno accettate – sarebbe meglio specificare il colore della pelle solo se effettivamente necessario ai fini della comprensione del messaggio o dell’informazione che si vuole trasmettere. Non certo per nascondere una caratteristica fisica; semmai – al contrario – per non rimarcarla quando non serve".
Di sicuro c'è una cosa: ci offendono sicuramente molto di più i negri che delinquono, e sono molti, che utilizzerebbero questa parola come epiteto per trincerarsi squallidamente dietro un preteso senso vittimistico (basti vedere tutta la vicenda Black Lives Matter), da quelli che, onesti e integrati, sorriderebbero facendo spallucce con un gesto di superiorità all'udire questo termine. Perché l'intelligenza non ha colore.