sabato 4 gennaio 2020

La pagliuzza nell'occhio di Trump, la trave in quella di Obama

La prima pagina del Corriere della Sera
Curioso leggere i commenti della 'rete' legati alla morte del generale iraniano Qasem Soleimani, ucciso per mano degli Stati Uniti di Donald Trump ed esponente di spicco della dittatura di Teheran, nazione che da decenni ha dichiarato guerra all'Occidente e sta cercando di creare una grande nazione sciita in Medio Oriente (non bastasse ciò che rappresenta essa stessa).
I 'pacifisti' dell'ultima ora, dimentichi che spesso è meglio prevenire che curare, temono che le ritorsioni iraniane (che probabilmente ci saranno) portino a quella guerra che l'Iran meditava da tempo di scatenare. Le violente dimostrazioni contro l'ambasciata americana a Teheran non ne erano che un antipasto. Per non fare la fine di Jimmy Carter, bene ha fatto Trump a usare il pugno duro, imponendo la legge del più forte (si auspica). Probabilmente, in questo modo, una guerra verrà evitata e, se così non fosse, non bisogna continuare a nascondere che gli islamici sono naturali nemici, non solo degli Stati Uniti, ma di tutta la civiltà occidentale, noi europei compresi, per cui un 'redde rationem' si renderà in ogni caso necessario.
Patetici alcuni commenti del calibro 'molti giovani soldati moriranno': non credo che chi faccia di mestiere il soldato lo faccia per recare fiori al nemico, bensì per difendere il territorio nazionale o, come nel caso americano, mantenere quella posizione di forza del proprio Paese in ambito internazionale, usando non certo gerle ripiene di pere e mele, ma mitragliatori agli infrarossi e 'bombe intelligenti'.
Fra l'altro, gli amabili critici di Trump sono i primi che, invece, applaudivano le azioni guerrafondaie di Barack Obama, forse perché inconsapevolmente 'razzisti' e, di conseguenza, portati a credere che lo 'Zio Tom' della Casa Bianca, con quell'amabile pelle scura, fosse naturalmente portato alla pace e alla bontà fra i popoli. Non proprio quanto accaduto durante e successivamente al disastro libico, in cui gli Stati Uniti si sono resi protagonisti, assieme alla Francia, dell'eliminazione di Mu'ammar Gheddafi, o in quello forse addirittura peggiore dei Fratelli Musulmani, movimento dipinto come 'libertario' e che ha invece gettato nel caos l'intero Medio Oriente.
L'azione di Trump è senz'altro rischiosa, ma confrontarla e paragonarla con le autentiche 'stronzate' (quando ci vuole ci vuole) perpetrate in politica estera dal marito di quella Michelle Obama che Rula Jebreal vuole a tutti i costi intervistare al prossimo Festival di sanremo (ennesima sciatta operazione di marketing 'buonista' compiuta sulla pelle degli italiani) è alquanto improvvido. "Il mondo ha paura", titola il giornale dei 'compagni', ovvero "La Repubblica": il mondo ha ragione di avere paura da quando si è consentito al cancro musulmano di colonizzare le strade d'Europa e dell'Occidente in genere. Non arriverà mai troppo tardi l'ora di cominciare di sbarrargli la strada.