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sabato 30 novembre 2024

Behrouz Sasani, il ritratto dell'eterna femminilità persiana

Un ritratto scattato da Behrouz Sasani (foto Unsplash)
Una foto di Behrouz Sasani per rinfrancare lo spirito e immergersi negli occhi delle più belle modelle iraniane.
Nativo di Teheran, Sasani collabora con le più importanti agenzei di 'free photos' come Unsplash, Pexels, 500px e 1X.
Ha iniziato a fotografare a 16 anni, vincendo il suo primo premio per una foto del ponte Khorramshahr, che può essere considerato il ricordo più memorabile della sua giovinezza.
Sasani Ha collaborato con cantanti come Sirvan Khosravi, Zaniar Khosravi, Mahan Bahram Khan, Shahab Ramadan, Amir Abbas Gulab e Yasin Turki.
Quello che preme sottolineare qui, soprattutto, in ambito ritrattistico, la capacità di Sasani di esaltare la bellezza femminile mediorientale e, in particolare, iraniana. Anzi, persiana, come preferiscono definirsi gli abitanti di quella che, un tempo, era la terra delle "Mille e una notte", facendo conoscere al mondo il fascino dimenticato delle ormai dimenticate donne persiane.

venerdì 27 gennaio 2023

La Bonfrisco nel mirino dell'Iran, il silenzio del PD

Anna Cinzia Bonfrisco
Anna Cinzia Bonfrisco
, europarlamentare della Lega, è finita nel mirino del governo dell'Iran, unica politica italiana nell'elenco delle personalità sanzionate.
La Lega stessa fa sapere come la Bonfrisco sia nell'occhio del ciclone del regime di Teheran "per aver difeso valori come libertà, giustizia e democrazia: unica italiana nell'elenco delle personalità sanzionate, ma dalla sinistra nemmeno una parola di solidarietà e vicinanza".
Sempre la Lega sottolinea quello che definisce "assordante e incredibile silenzio del PD su questa vicenda. Su certi temi non dovrebbero esistere divisioni partitiche o politiche: la lotta per i diritti fondamentali delle donne e i cittadini in Iran deve riguardare tutti, non ci sono distinzioni o cordoni che tengano. E chi non prende una posizione netta, oggi, si rende complice del regime", aggiungono dal gruppo leghista.

domenica 13 novembre 2022

Iran, protesta all'Arco della Pace contro il regime di Teheran

Un momento della protesta (immagine Bordignon)
Milano si associa alla protesta degli iraniani. Non erano in molti all'Arco della Pace, nel pomeriggio di domenica 13 novembre, forse un centinaio ma, va detto, la comunità degli iraniani all'ombra della Madonnina non è poi così folta.
Qualche coro sparuto, forse nemmeno troppo convinto, quasi elegante, come elegante è la presenza degli immigrati dall'Iran in giro per il mondo.
Va precisato che costoro mai andrebbero confusi con altri islamici di stirpe araba, perché con questi ultimi gli iraniani non condividono quasi nulla. Niente a che vedere con le 'maroquinades' di origine nordafricana, o altre varie grossolanerie provenienti da ricchi Paesi arabi del Golfo. L'Iran vanta una cultura profonda, Teheran era e rimane una delle capitali più attive e ferventi di passioni del mondo.
Coloro che arrivano da quelle latitudini non sono straccioni ma, al contrario, spesso intellettuali o professionisti che vengono impiegati, e lautamente remunerati nei settori più disparati. L'iraniano medio, normalmente, è inoltre persona con un livello medio di vita alto, alle volte proveniente o tuttora abituato all'utilizzo di personale al proprio servizio.
La stessa ragazza che mi ha porto il volantino con le motivazioni della protesta era molto carina ed elegante: "Stiamo gridando ad alta voce in questa manifestazione 'no alla dittatura'", vi era scritto, e ancora :"E' esattamente quello che ha provato il popolo italiano negli anni 30/40 in presenza dei nazisti. Il regime islamico è l'Hitler dell'Iran".
Si fa poi riferimenti all'omicidio di Mahsa Amini, la 22.enne iraniana, il cui nome è divenuto uno dei codici della protesta. Viene poi citata Hrana, agenzia attivista per i diritti umani, i cui numeri presentano dati drammatici: 321 morti durante le proteste contro il regime di Teheran, di cui 50 bambini, con 15mila arresti.
"Cosa chiede esattamente il popolo?" prosegue il volantino. "No alla Repubblica Islamica".
"Donna, vita, libertà", il coro che si è levato all'Arco della Pace, con i manifestanti in cerchio, in persiano "Zan Zendegi Azadi". Troppo pochi i presenti, molti i distratti, qualcuno mi ha anche chiesto cosa volessero.

domenica 25 settembre 2022

Ali Karimi a fianco dell'opposizione, ricercato dai Pasdaran iraniani

Un'immagine tratta dal profilo Instagram di Ali Karimi
I Pasdaran iraniani, le Guardie della Rivoluzione (Irgc), stanno danno la caccia ad Ali Karimi, personaggio popolarissimo del calcio, autentica icona del mondo sportivo nazionale, tanto da essere soprannominato il 'Maradona d'Asia', schieratosi con le proteste in corso nel Paese, e che dopo la morte della giovane Mahsa Amini hanno preso nuovo slancio.
L'agenzia di stampa Fars, collegata all'Irgc, lo ha aspramente criticato e lo ha definito "il nuovo leader dell'opposizione".
Karimi, ex capitano della nazionale di calcio iraniana, ha utilizzato la sua immagine per sensibilizzare il mondo delle vicende in corso nel suo Paese.
Ora allenatore, Karimi, che ha giocato anche per il Bayern Monaco e lo Schalke 04 nella Bundesliga fra il 2005 e il 2010, posta continuamente sui 'social' i video delle proteste, in cui la brutalità del regime diventa sempre più evidente.
Karimi è stato tra i primi personaggi pubblici ad addossare la responsabilità della morte della 22enne Mahsa alla Polizia per la Morale, sostenendo di credere alla versione della famiglia, secondo la quale la giovane sarebbe morta per le ferite riportate dopo essere stata picchiata per non avere indossato correttamente l''hijab'.
Da allora, l'ex attaccante, considerato una leggenda in Iran dove il calcio è lo sport nazionale, ha dedicato i suoi canali social a incoraggiare la rivolta. "Abbiamo imparato che queste sono bugie: i turchi in Azerbaigian non sono razzisti, i Rashtis (abitanti della provincia iraniana del Gilan, ndr) non mancano di onore, i curdi non sono un problema di sicurezza.... E' quasi come se queste fossero bugie siano state diffuse per dividerci". E poi ancora: "I loro figli se ne stanno andando. I nostri figli stanno morendo", ricordando cioè che i figli dei funzionari del regime stanno lasciando l'Iran e si stanno godendo la vita in Occidente; ma chi resta in Iran rischia la morte. "Sono solo un normale cittadino iraniano e non cerco alcun incarico o posizione per il mio attivismo. Cerco solo pace e prosperità per il mio popolo", ha aggiunto su Twitter.
Karimi, il cui account Instagram ha 11,6 milioni di 'followers', ha anche consigliato come utilizzare le VPN (reti private virtuali, ndr) per aggirare il blackout di Internet e condividere in sicurezza i propri filmati online; e invitato l'esercito tradizionale iraniano (Artesh) a schierarsi con il popolo per evitare lo "spargimento di sangue".
Karimi, che è anche noto per le sue numerose attività di beneficienza, durante una finale della Coppa del Mondo con la Corea del Sud nel 2010 indossò, insieme a diversi giocatori iraniani, una fascetta verde al braccio come dimostrazione di sostegno al leader dell'opposizione, Hossein Moussavi, che aveva accusato il governo iraniano di brogli elettorali nelle elezioni presidenziali del 2009. Intanto le dimostrazioni in strada non si fermano e sono continuate anche nella notte. (fonte: AGI)

Un'immagine tratta dal profilo Twitter di Ali Karimi

domenica 28 agosto 2022

Russia-Iran, rapporti sempre più stretti dopo le sanzioni occidentali

Russia
e Iran stanno rafforzando le loro relazioni alla luce delle sanzioni occidentali contro i due stati, cosa che preoccupa Washington. Lo scrive l'editorialista del Wall Street Journal, Benoit Faucon.
Secondo l'articolo ripreso anche dall'agenzia russa Tass, "Iran e Russia stanno stringendo legami più stretti che mai, poiché il loro isolamento internazionale spinge i due nemici giurati americani verso una maggiore cooperazione commerciale e militare, allarmando Washington. I due stati condividono un'opposizione a un ordine mondiale guidato dagli Stati Uniti ed entrambi subiscono le dure sanzioni statunitensi. Ma fino a quest'anno le loro relazioni erano state appesantite da agende opposte in Siria, dallo storico sospetto dell'Iran di interferenze straniere e dal ruolo della Russia di potenza dominante in Asia centrale e nel Caucaso", scrive Faucon.
L'editorialista del WSJ crede che "una più stretta alleanza Russia-Iran aiuterebbe entrambi i paesi a mitigare l'impatto delle sanzioni occidentali, trovando nuovi mercati per i loro prodotti e rafforzando la cooperazione militare". Allo stesso tempo, secondo l'articolo, "complessivamente il commercio bilaterale tra Russia e Iran è aumentato del 10% quest'anno. Nel 2021, il commercio tra i due paesi è aumentato dell'80% in più a 4 miliardi di dollari, secondo Mosca". (fonte: ANSA)

mercoledì 1 dicembre 2021

Guardie iraniane e talebani afghani, scontri di confine

Immagine da Perild.com
Scontri a fuoco si sono verificati al confine tra Iran e Afghanistan fra Guardie di frontiera iraniane e forze talebane afghane.
L'agenzia di stampa Aamaj ha diffuso un video degli scontri, registratisi nella provincia di Nimroz. Secondo l'agenzia, rilanciata da BBC in farsi, almeno due posti di blocco nei valichi di frontiera iraniani sono caduti in mano alle forze talebane.
L'agenzia AGI, che ha ripreso la notizia in Italia, sottolinea come i confini tra Iran e Agfghanistan siano passaggio non solo di migranti, droga e gruppi armati ma anche di acqua: due importanti fiumi entrano infatti in Iran dall'Afghanistan: l'Helmand e l'Hari Rud.
Problemi di demarcazione esatta dei confini e questioni legate alla carenza di acqua rappresentano fattori che hanno aumentato le tensioni tra Repubblica islamica e le nuove autorità afghane, in alcune aree di confine.
Secondo i media iraniani, gli scontri sarebbero nati da un 'malinteso' e la situazione sarebbe tornata sotto controllo dopo poche ore. (fonte: AGI)

domenica 21 novembre 2021

Il regista iraniano Farhadi contro gli estremisti islamici: "Pronto a ritirarmi dagli Oscar"

Una scena del film "A Hero" (foto Madmass.it)
Asghar Farhadi
, regista iraniano premio Oscar, ha duramente criticato il governo e i media iraniani, da lui stesso definiti "estremisti", e ha annunciato di essere pronto a ritirare il suo film, "A Hero", che dovrebbe rappresentare l'Iran alla prossima edizione degli Oscar.
"Come posso essere ingannevolmente associato a un governo i cui media estremisti non hanno mai smesso negli ultimi anni di distruggermi, emarginarmi, stigmatizzarmi", si legge in una lettera pubblicata su Instagram, dove si rivolge a un gruppo di fondamentalisti che avevano affermato che il regista ha preso posizioni vaghe sulla situazione politica nel Paese, dispiacendosi che sarà il suo film a rappresentare l'Iran.
In precedenza, Farhadi aveva criticato l'uccisione e l'arresto di migliaia di manifestanti avvenute durante le proteste del 2017 e del 2019 e l'attuale situazione delle donne nel Paese.
"Se la presentazione del mio film da parte dell'Iran agli Oscar porta alla conclusione che sono sotto la tua bandiera, dichiaro esplicitamente che non ho problemi a revocare questa decisione", ha affermato il regista.
Farhadi, 49 anni, è stato premiato con l'Orso d'argento al festival di Berlino per il film "About Elly" e ha vinto due premi Oscar per "Una separazione" e "Il cliente". Il suo ultimo film, "A Hero", si è aggiudicato il premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes di quest'anno. (fonte: ANSA)

lunedì 13 gennaio 2020

I soliti anti-Trump in uno stanco freddo pomeriggio milanese

La solita 'parata' anti Trump: questa è del 20 gennaio 2017
Breve storia dalla Milano 'accogliente': esco di casa alle 6 del pomeriggio per andare in un negozio di cineofotovideo, ecc, ecc, di Piazza della Repubblica, alla ricerca di un microfono 'a pulce' che non troverò. Vengo raccolto da un taxi di passaggio e, nel traffico cittadino, scambio quattro chiacchiere con l'ineffabile tassista (categoria a fianco della quale mi schiero a spada tratta, contro i vari Uber, ciclisti, pedalò, varie ed eventuali). Per arrivare alla località designata infiliamo via Turati. Camionette della polizia di qua, camionette della polizia di là, le lampade blù indaco poste sopra alle auto risaltano nell'oscuro pomeriggio invernale. Che sarà? All'angolo con via Moscova (credo), scopro l'arcano, con un manipolo di pirloni saltellanti, con tanti striscioni e bandiere rosse, più alcuni bianchi con scritte rosse, talvolta nere. Non riesco a leggere nulla, ma so che lì, a pochi metri, c'è il consolato americano. E poi, fatidica, con la coda dell'occhio destro, scopro la parola "Iran".
Non ci voleva molto a immaginare che il solito branco di nullafacenti sinistrorsi si sarebbe riversato nelle vie (sempre di meno, ovviamente, rispetto al passato) milanesi e italiche, belando proteste contro il 'boia' americano. Le manifestazioni della Sinistra sono come le colonne delle auto a Ferragosto, si può mandare in onda il servizio dell'anno prima.
Non ho visto la classica bandiera a stelle e strisce in fiamme, né tanto meno il fantoccio di Donald Trump, ma il ragionamento è quello: questa gente continua a giustificare chiunque professi la fede islamica così, per partito preso, perché chiunque non sia 'occidentale' per loro è intrinsecamente 'più buono', spogliato di un peccato originale che macchia le coscienze di noi 'bianchi' (di sicuro la pensa così Carola Rackete). Gli americani sono accettabili se comandati da un 'negro', pigmentazione della pelle che rende accettabile a costoro qualsiasi stronzata venga commessa in nome di chicchessia. Trump è invece l'incarnazione del 'male', dei 'redneck' dell'ovest, rappresenta soltanto qualche sperduto bovaro isolato nel suo ranch, chissà come avrà mai fatto a vincere. Bovari che diventano pecorai, oppure contadini, oppure operai, insomma ignoranti: quelli che hanno votato Brexit, gli stessi che votano Lega e Salvini, più la Meloni. Spontaneo mi esce dalla bocca un "Ma andate in culo, vah...". Applausi del tassista.

sabato 4 gennaio 2020

La pagliuzza nell'occhio di Trump, la trave in quella di Obama

La prima pagina del Corriere della Sera
Curioso leggere i commenti della 'rete' legati alla morte del generale iraniano Qasem Soleimani, ucciso per mano degli Stati Uniti di Donald Trump ed esponente di spicco della dittatura di Teheran, nazione che da decenni ha dichiarato guerra all'Occidente e sta cercando di creare una grande nazione sciita in Medio Oriente (non bastasse ciò che rappresenta essa stessa).
I 'pacifisti' dell'ultima ora, dimentichi che spesso è meglio prevenire che curare, temono che le ritorsioni iraniane (che probabilmente ci saranno) portino a quella guerra che l'Iran meditava da tempo di scatenare. Le violente dimostrazioni contro l'ambasciata americana a Teheran non ne erano che un antipasto. Per non fare la fine di Jimmy Carter, bene ha fatto Trump a usare il pugno duro, imponendo la legge del più forte (si auspica). Probabilmente, in questo modo, una guerra verrà evitata e, se così non fosse, non bisogna continuare a nascondere che gli islamici sono naturali nemici, non solo degli Stati Uniti, ma di tutta la civiltà occidentale, noi europei compresi, per cui un 'redde rationem' si renderà in ogni caso necessario.
Patetici alcuni commenti del calibro 'molti giovani soldati moriranno': non credo che chi faccia di mestiere il soldato lo faccia per recare fiori al nemico, bensì per difendere il territorio nazionale o, come nel caso americano, mantenere quella posizione di forza del proprio Paese in ambito internazionale, usando non certo gerle ripiene di pere e mele, ma mitragliatori agli infrarossi e 'bombe intelligenti'.
Fra l'altro, gli amabili critici di Trump sono i primi che, invece, applaudivano le azioni guerrafondaie di Barack Obama, forse perché inconsapevolmente 'razzisti' e, di conseguenza, portati a credere che lo 'Zio Tom' della Casa Bianca, con quell'amabile pelle scura, fosse naturalmente portato alla pace e alla bontà fra i popoli. Non proprio quanto accaduto durante e successivamente al disastro libico, in cui gli Stati Uniti si sono resi protagonisti, assieme alla Francia, dell'eliminazione di Mu'ammar Gheddafi, o in quello forse addirittura peggiore dei Fratelli Musulmani, movimento dipinto come 'libertario' e che ha invece gettato nel caos l'intero Medio Oriente.
L'azione di Trump è senz'altro rischiosa, ma confrontarla e paragonarla con le autentiche 'stronzate' (quando ci vuole ci vuole) perpetrate in politica estera dal marito di quella Michelle Obama che Rula Jebreal vuole a tutti i costi intervistare al prossimo Festival di sanremo (ennesima sciatta operazione di marketing 'buonista' compiuta sulla pelle degli italiani) è alquanto improvvido. "Il mondo ha paura", titola il giornale dei 'compagni', ovvero "La Repubblica": il mondo ha ragione di avere paura da quando si è consentito al cancro musulmano di colonizzare le strade d'Europa e dell'Occidente in genere. Non arriverà mai troppo tardi l'ora di cominciare di sbarrargli la strada.

lunedì 15 giugno 2009

Le donne iraniane chiave per abbattere il regime

C'è molta ignoranza accanto a ciò che succede in Iran, e non potrebbe essere altrimenti. Le violenze di questi giorni, successive alle elezioni, 'alzano il velo' (scusate il gioco di parole) su molti dei pregiudizi e sulle 'non conoscenze' che disponiamo su questa terra, la meravigliosa Persia, molto più vicina all'Europa di quanto non si pensi, anche razzialmente parlando. Me ne sono reso conto guardando le foto delle donne iraniane che andavano al voto. Volti curati, dolci, affusolati. Li avrei potuti trovare in un seggio italiano o francese, e non me ne sarei meravigliato.

Mahmoud Ahmadinejad o Mirhossein Mousavi? Problemi loro, direi, anche se non può certamente non darmi fastidio la violenza perpetrata ai danni di queste persone, che in fin dei conti vogliono solo la possibilità di pensare liberamente senza venire accusate di commettere 'psicoreati'. Nel frattempo ho pensato sia 'carino' mostrare qualche 'bellezza iraniana', per fare capire come queste meraviglie siano molto più 'umane' di quanto i loro abiti stagnanti della loro religiosità immorale vogliano nascondere.

"Dov'è il 63% che ha votato Ahmadinejead?", hanno scandito i manifestanti pro-Mousavi, riferendosi al risultato delle elezioni. Io piuttosto vorrei vedere rivedere riaffermato il diritto di esibire sé stessi e la propria cultura, che dall'inizio della rivoluzione islamica è stato continuamente umiliato.

Piccole grandi cose ignote a noi italiani, che accettiamo impunemente di costruire moschee a Milano e Torino, abbattiamo crocifissi e togliamo i simboli della nostra fede dalle nostre case, per non 'offendere' quelli che altrove stuprano e ammazzano nel nome di Allah
. Con la 'chicca' finale dell'arrivo in Europa della Turchia, cosa che farebbe rivoltare nella tomba i combattenti veneziani che distrussero la flotta della Mezzaluna a Lepanto nel 1571. La peggiore delle iatture è quando la storia non riesce più a insegnare nulla...