Chi è povero si accontenta di ciò che ha e nel mondo dei ciechi l'orbo è re. Sono due frasi classiche, scontate, ma che riassumono perfettamente la povertà intellettuale e umana di Hakan Çalhanoğlu, uno dei peggiori giocatori che abbiano mai vestito la maglia del Milan, assimilabile per incapacità, rispetto almeno alle previsioni, ai soli Patrick Kluivert e Ricardo Oliveira, cui forse si potrebbe aggiungere anche il 'mitico' Roque Junior. Se però, per il difensore brasiliano poteva valere l'attenuante della simpatia (un po' come per le donne brutte, "è un cesso, ma è simpatica"), nel caso di Çalhanoğlu l'incapacità sul campo corrisponde all'antipatia dentro e fuori dal campo.
Messo, giustamente, ai margini della squadra milanista ai tempi in cui vi giocava (parola grossa), 'Chalamerda palla persa' (come lo soprannominavo personalmente) è approdato 'a zero' (il suo reale valore) sull'altra sponda del Naviglio, cominciando a sparare proiettili carichi di livore verso il proprio ex club e gli ex compagni di squadra.
Giunto nell'Inter campione d'Italia in carica, ha osservato impotente quella da cui proveniva vincere lo scudetto, alzato proprio sul suo faccione e quello dei suoi nuovi colleghi.
Una vera iattura, oltre il limite del comico, con 'Chala' piangente e inginocchiato nel giorno del trionfo rossonero, insultato (giustamente) da quegli stessi tifosi e giocatori rossoneri che, basti leggere i giornali, aveva più volte deriso e disprezzato.
Oggi, quello stesso personaggio si permette di vantare una presunta 'rivincita' alzando il meno nobile dei trofei nazionali, una Supercoppa che certo non può pareggiare il tricolore scudettato.
Çalhanoğlu 'palla persa' ha così sbagliato l'ennesimo passaggio, quello del buon gusto.
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