Zlatan Ibrahimovic impegna i 'reds' (foto sito Milan) |
L'Europa esercita in me un fascino particolare, non tanto perché sia, secondo il Codice Galliani, la 'casa del Milan', ma perché trattasi comunque di un palcoscenico affascinante e internazionale. Non è un obbligo affrontare Paris Saint Germain, Bayern Monaco e Real Madrid per sentirsi à la page. Per un tifoso la semplice idea della trasferta europea, ovunque essa sia, dovrebbe risultare meravigliosa. In Lituania oppure Ungheria, in Svezia così come in Belgio, Kazakistan, Bosnia e Scozia, il senso delle coppe europee, per me, è sempre stato questo: la scoperta di popoli e culture nuove, comperare l'almanacco del calcio danese o la sciarpa della squadra delle Fær Øer. Per questo essere uscito dalle coppe mi dispiace.
A cose fatte, certamente, come consolazione, unica, rimane quella dell'avere tolto possibili distrazioni dal percorso stagionale del Milan che, in effetti, ora potrà e dovrà solamente buttarsi sul campionato (e sulla Coppa Italia). Resta l'amarezza di avere, ancora una volta, affrontato una squadra inglese, nel momento decisivo della rispettiva competizione, con mezza formazione infortunata e ribaltata. L'anno scorso fu il Manchester United con Samuel Castillejo inventato centravanti, quest'anno il Liverpool con il vecchio Zlatan Ibrahimovic affiancato da Junior Messias. Con risultati, ovviamente, identici.
Incredibile come ancora nessuno abbia lanciato critiche e richieste di dimissioni allo staff dei preparatori rossoneri. La perdita del lavoro non la si augura a nessuno, ma non credo si stia parlando di 'poracci'. Quindi, a casa e avanti un altro.
Milan-Liverpool mi fa però tornare alla mente, sempre, la figura di Mark Houghton, tifoso dei 'reds' cui, in qualche modo, potrebbe essere dedicata una statua, a memoria e in rappresentanza di tutti i tifosi, da parte di tutti coloro che abbiano sofferto in maniera estrema per la propria squadra. Il suo fu un gesto estremo, allucinato, doloroso e incredibile, tanto più assurdo e folle se lo si rapporta al giorno e all'ora in cui lo fece: Mark decise di suicidarsi alla fine del primo tempo della finale di Coppa dei Campioni tra Milan e Liverpool, il 25 maggio 2005. Lui, tifosissimo della squadra della Merseyside, non poteva sopportare l'idea che, dopo tanti anni, il ritorno a una finale europea si spegnesse così male subito dopo 45 minuti di gioco. Il Milan, infatti, stava dominando e vinceva per 3-0. Non valeva la pena continuare a vivere per lui, disoccupato, malato da anni di depressione e colpito nel profondo dall'allora recente morte di Emlyn Hughes, leggenda del Liverpool. Si suicidò impiccandosi con la propria cintura, tra spasmi atroci, morendo probabilmente proprio mentre quel Liverpool che tanto amava capovolgeva clamorosamente il risultato come mai nella storia era successo, per vincere poi la coppa ai rigori, provocando a noi tifosi milanisti la più grande delusione sportiva della vita ma, evidentemente nulla di fronte a quanto provato da Mark, in una fine tanto più orribile quanto ironicamente drammatica.
L'ultimo pensiero di questo Milan-Liverpool va a lui e alla sua scelta assurda, per un amaro insegnamento che va ben oltre il calcio.