domenica 21 agosto 2022

Famiglie italiane in difficoltà e continui equilibrismi secondo una ricerca Nomisma

Da una ricerca di Nomisma Spazio Sociale, coordinata dall’economista Marco Marcatili e dal sociologo Massimiliano Colombi, emerge come il 65% delle famiglie italiane ritenga il proprio reddito inadeguato per fare fronte alle necessità primarie.
Con “Sguardi Famigliari”, Nomisma ha avviato un lavoro ricorsivo di ascolto, analisi e approfondimento che contribuisce insieme ad altri soggetti già consolidati del mondo della ricerca sociale, del lavoro sociale e della solidarietà organizzata, a costruire uno sguardo più prossimo alla vita quotidiana.
Il primo esito di questa attività ha già delineato il profilo di quelle che sono state definite “famiglie equilibriste”, cioè famiglie costantemente alla ricerca di un equilibrio dinamico tra un contesto socio-economico turbolento, che produce forti impatti sugli equilibri delle famiglie, e transizioni famigliari sempre più complesse ed esposte a condizioni di vulnerabilità.
Nella categoria delle “famiglie equilibriste”, alcune condizioni famigliari sono più esposte di altre. Il campione intervistato ha evidenziato cinque tipologie di nuclei famigliari: le famiglie unipersonali “under 70”; le famiglie unipersonali “over 70”; le famiglie con figli; le famiglie con persone non autosufficienti; e infine le famiglie sandwich, cioè quelle famiglie o quegli adulti che, per posizione generazionale, ogni giorno si prendono cura allo stesso tempo dei figli e dei genitori.
Dalla ricerca si è evinto che in Italia la maggiore concentrazione di famiglie unipersonali under 70 e over 70 si trova al nord, in particolare nord ovest; nel sud e nelle isole, invece, vi è una maggior distribuzione di famiglie con figli (39%), famiglie con almeno un componente non autosufficiente (41%) e famiglie sandwich (44%).
Ciò che accomuna tutte le categorie sono le sfide che impegnano le famiglie a compiere dei veri e propri equilibrismi tra varie dimensioni che per loro natura interagiscono tra loro, aumentando notevolmente il grado di complessità: la dimensione economica e finanziaria, quella lavorativa, quella della cura delle persone fragili e quella delle relazioni che chiamano in causa la dimensione psico-sociale ed educativa.
Sul fronte della condizione economica delle famiglie, il 65% degli intervistati valuta il proprio reddito inadeguato per far fronte alle necessità primarie, quali la spesa, l’affitto, il mutuo, ecc. In particolare, le “famiglie sandwich” sono la categoria più sensibile a questo tipo di difficoltà: il 74% si trova in condizioni di disagio economico, di cui il 41% anche a causa di una diminuzione del reddito complessivo percepito dalla famiglia nell’ultimo anno. Il 72% delle famiglie con almeno un componente non autosufficiente giudica il proprio reddito inadeguato, di cui un 7% dichiara addirittura di avere un reddito gravemente insufficiente. Tra le cause che concorrono all’inadeguatezza del reddito famigliare, emergono tre questioni focali: il disallineamento tra il reddito e il costo della vita (65%), le difficoltà lavorative (sia quelle causate dalla pandemia, sia quelle non causate dall’emergenza sanitaria, entrambe pari al 9%) e le spese elevate non legate alla casa (8%).
Chi è anziano, solo e senza reti sociali vive la questione economica come decisiva per il proprio equilibrio di vita, ragione per cui l’80% delle famiglie unipersonali over 70 intervistate individua nella sproporzione tra reddito percepito e costo della vita il motivo dell’inadeguatezza delle proprie entrate, situazione percepita analogamente dalle famiglie con figli (68%).
Anche di fronte ad un miglioramento generale delle condizioni economiche, testimoniato dalla minore percentuale di chi dichiara che non riuscirebbe ad affrontare una spesa imprevista di 5.000 – 20% rispetto al 24% dello scorso anno – si registra un lieve peggioramento della percezione della capacità di affrontare eventuali problemi come la perdita di lavoro o la perdita di autonomia di un componente della famiglia.
Per far fronte all’insieme di tutte le minacce appena citate, circa una famiglia su tre pensa di doversela cavare autonomamente, in particolare per le famiglie unipersonali under70 (50%). Per il 30% dell’intero campione, il ricorso ai genitori appare come una via praticabile, in particolar modo per le famiglie con figli e quelle sandwich, rispettivamente nel 49% e 41% dei casi.
Sul fronte degli strumenti a supporto delle famiglie erogati dalle istituzioni, 3 famiglie su 4 conoscono l’assegno unico per i figli a carico (77%). Un secondo strumento è costituito dai contributi economici Inps per le famiglie in difficoltà, conosciuto dal 66% del totale. Tra gli strumenti troviamo anche il bonus asilo nido, conosciuto dal 63% dei nuclei famigliari. È interessante notare come solo una famiglia su quattro (26%) pensi di usufruire dell’assegno unico per i figli.
Alla luce di questi dati, ci sono diverse vie praticabili per prendersi cura delle categorie più fragili del sistema famiglia. Innanzitutto, bisogna cominciare a guardare alla famiglia come ad un ecosistema socio-culturale, specialmente dal momento in cui le “condizioni famigliari” interrogano il lavoro sociale, le associazioni e le istituzioni. È necessario, inoltre, sostenere la costruzione di legami con “nuovi vicini” che lavorino insieme per far fronte a una sfida comune: investire per una cura ricostituente di una fiducia concreta legata a diversi contesti di vita; emerge quindi una nuova sfida per il Volontariato, irrobustendo uno “sguardo famigliare” che vada a rinforzare una capacità di azione con le famiglie, un “volontariato di domicilio” con una particolare attenzione alle persone più fragili.