lunedì 5 luglio 2021

Raffaella Carrà, il delirio del Partito Gay: "Il ddl Zan nel suo nome"

Raffaella Carrà, sempre sensuale, per tutti
Che la politica sfrutti in maniera becera i morti e si impadronisca della loro memoria è cosa ben nota. Accade a tutte le latitudini ed è successo in ogni epoca. Compresi questi giorni, in cui drammatici, sconvolgenti e personalissimi suicidi sono stati fatti passare, salvo poi smentite, come risultato di segregazioni personali e violenze di genere, nel nome della presunta libertà e giustizia sessuali richieste dal mondo cosiddetto LGBT (acronimo italiano di: Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender).
La morte di Raffaella Carrà, icona sì, ma di tutto il mondo dello spettacolo e dell'italianità essa stessa, è diventata così il pretesto, accampato da un quasi sconosciuto Partito Gay per i Diritti LGBT+, Solidale, Ambientalista e Liberale, di cui ignoravo l'esistenza (sicuramente colpa mia, ma d'altra parte con un nome così, nei titoli è difficile farcelo stare), per risollevare pretese sull'approvazione del disegno di legge Zan.
Fabrizio Marrazzo, candidato sindaco di Roma e portavoce nazionale del partito dal lunghissimo nome è chiaro e senza mezzi termini. "La sua musica (della Carrà, ndr) da sempre è un 'cult' dei Pride e dei locali LGBT+ in Italia e non solo e continuerà ad esserlo anche dopo la sua scomparsa".
Il che, a dire la verità, potrebbe anche essere. Ma anche a me piace Renato Zero, pur non essendo mai stato un 'sorcino'. Sono nato e cresciuto ascoltando il principe dell'ambiguità, David Bowie, o il re della lussuria Prince, ma non esiste al mondo alcuna legge o decreto ispirato all'occhio di vetro del Duca Bianco.
La musica della Carrà è stata il simbolo delle discoteche di tutta Italia, a prescindere dai loro frequentatori. diventando così la musica ascoltata nelle feste tra liceali, nei locali posti sull'Adriatico ma anche di quelli sul Tirreno, in città e in campagna, e all'ingresso dei quali non venivano chieste tessere ArciGay o di partito.
La Carrà è stato sì un simbolo di libertà, ma della libertà evocata dalla sua voglia di vivere e certamente non di identificarsi in questa o quella forza politica.
Nel 2020 il giornale britannico The Guardian la incoronò come 'sex symbol' europeo, definendola "icona culturale che ha insegnato all'Europa le gioie del sesso". Non del sesso di un solo tipo.
"In sua memoria si migliori la legge contro l'omotransfobia", prosegue Marrazzo. Sarà possibile intitolare molte cose alla 'Raffa Nazionale', nelle quali tutti gli italiani possano rispecchiarsi e riconoscersi, non certo uno sparuto gruppo di esibizionisti a caccia di leggi 'ad personam' per regolare fatti, atti e cose peraltro già coperti perfettamente dall'attuale legislazione italiana, da quella Costituzione che quella Sinistra che ha deciso di sostenerli per puro calcolo, ha sempre definito 'meravigliosa e immutabile'.
Anche perché, giusto un inciso, quell'icona di libertà che desiderano fare 'loro', non ebbe alcun problema come ogni artista (giustamente) a esibirsi, più volte, a cavallo degli anni '80, alla televisione nazionale del Cile di tale Augusto Pinochet.