Nella foto Viktor Orban: "Noi ungheresi decidiamo il nostro destino" |
Il governo di Budapest ora ha anche ventilato la possibilità di riconsiderare la sua adesione al 'moloch' di Bruxelles. Una cosiddetta 'Unghexit' da completarsi nel 2030, quando per Budapest 'non sarà più conveniente restare nell'UE, perché da Stato beneficiario dei ricchi aiuti a fondo perduto si stima possa diventare un contributore netto. Vale a dire uno di quei Paesi che come Italia, Francia, o Germania, mettono mano al portafogli, per versare al budget comunitario più di quanto ricevono'*.
Una presa di posizione che va valutata anche in chiave politica visto che presto, Orban e il suo partito, Fidesz, dovranno affrontare elezioni politiche che potrebbero rivoluzionare completamente la situazione.
A parlare dell'ipotesi, in un'intervista alla televisione ungherese ATV, è stato il ministro delle Finanze, Mihaly Varga. Un po' a sorpresa, dato che l'economista ha fama di essere una delle voci più moderate della compagine di Orban. Uno scenario di divorzio che potrebbe avverarsi soprattutto "se gli attacchi di Bruxelles proseguiranno su scelte di valori", ha detto Varga.
Il governo ungherese è poi tornato, senza fare sconti, sulle vicende legate al mondo gay, e non solo, un documento ufficiale in cui si respingono con forza gli addebiti della Commissione europea sui presunti deficit democratici nel Paese, accusando l'Esecutivo comunitario di "pressioni" e "doppie misure" sullo stato di diritto. Il documento è stato diffuso via Twitter in inglese, francese e tedesco dalla guardasigilli Judit Varga. "L'Ungheria - ha insistito il ministro - ha subito un attacco senza precedenti, solo perché la protezione dei bambini e delle famiglie è la nostra priorità e, a questo proposito, non vogliamo che la lobby LGBTQ entri nelle nostre scuole e asili". (*fonte ANSA)