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giovedì 22 maggio 2025

Trump attacca il governo sudafricano e inaugura il White Lives Matter

L''home page' di Fox News dedicata all'argomento
Donald Trump
ha finalmente messo in evidenza le tante violenze compiute dal governo 'nero' di Pretoria ai danni della popolazione bianca, gli Afrikaner.
Si inaugura così l'epoca del "White Lives Matter" grazie a quella che molti quotidiani hanno definito 'nuova imboscata' dopo quella avvenuta nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelenski.
Stavolta è così toccato al Presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa.
Durante l'incontro aperto ai giornalisti, Trump ha accusato il governo sudafricano di non proteggere gli agricoltori bianchi, parlando di "genocidio" degli Afrikaner e chiedendo spiegazioni ufficiali.
Davanti a un imbarazzato Ramaphosa, Trump ha improvvisamente fatto oscurare le luci dello Studio Ovale e mostrato un video di circa quattro minuti con scene di manifestazioni al grido di "Kill the Boer, the farmer" e immagini di croci bianche che, secondo Trump, avrebbero dovuto rappresentare agricoltori bianchi uccisi.
Il Presidente ha anche mostrato alcuni articoli di stampa a sostegno delle proprie accuse, parlando di "intere famiglie di bianchi in fuga". "E' molto triste da vedere", ha commentato Trump.
Ramaphosa ha provato piu' volte a intervenire, ma senza successo. A un certo punto il presidente sudafricano ha invitato a discutere "con calma". "Nelson Mandela - ha dichiarato - ci ha insegnato che, in caso di problemi, le persone devono sedersi attorno a un tavolo e parlarne".
Elon Musk, nato in Sud Africa, era presente nello Studio Ovale ed è tra i più accaniti accusatori del governo di Pretoria.
La settimana scorsa gli Stati Uniti hanno accolto 49 afrikaners, a cui verra' riconosciuto un percorso accelerato per ottenere la cittadinanza americana e benefici pagati dai contribuenti americani. Una scelta in contrasto con la dura politica migratoria avviata da gennaio dalla Casa Bianca.
Il Sudafrica è nel mirino di Trump da tempo anche per altri motivi, tra cui l'aver denunciato Israele alla Corte internazionale di giustizia per genocidio.

domenica 23 febbraio 2025

Telefonata Trump-Trudeau, il canadese accetta tutte le condizioni

Donald Trump come George Washington (dal Globe and Mail)
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il primo ministro canadese, Justin Trudeau, hanno discusso del fentanyl e della guerra in Ucraina in una telefonata avvenuta sabato. Lo riporta la Casa Bianca.
"Il primo ministro Trudeau ha fatto eco al desiderio del presidente Trump di vedere la fine della guerra e ha riconosciuto che (lui) è l'unico leader mondiale che può portare avanti una pace giusta e duratura", ha osservato la Casa Bianca in un comunicato.
Secondo la nota, il presidente statunitense ha indicato a Trudeau che il conflitto non sarebbe mai iniziato se lui fosse stato presidente all'epoca, cosa che il canadese ha "accettato".
Nel corso della conversazione, Trudeau ha anche informato il repubblicano che il Canada è riuscito a ridurre del 90% il fentanyl che attraversa il confine settentrionale degli Stati Uniti.
Il Canada ha recentemente nominato uno "zar del fentanyl" come parte di uno dei compromessi offerti a Trump per ottenere una sospensione di 30 giorni dei dazi del 25% che sarebbero dovuti entrare in vigore il 4 febbraio.
Dalla fine del 2024, Trump ha incolpato Canada e Messico per il flusso di migranti e della potente droga, il fentanyl, negli Stati Uniti.
Il leader repubblicano ha dichiarato che imporrà tariffe del 25% sulle importazioni dai due Paesi a meno che questi non agiscano per fermare il flusso di migranti e di fentanyl negli Stati Uniti. (fonte: AGI)

domenica 16 febbraio 2025

JD Vance, studente modello per diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti

JD Vance (foto tratta dal New York Post)
E' davvero il segno, finalmente, che il cambiamento c'è, e si vede. JD Vance, vicepresidente degli Stati Uniti, è un uomo che lascia il segno, 'hombre del partido' dalla schiena dritta, espressione diretta del neopresidente americano, Donald Trump.
La sensazione, o meglio, la certezza, è che rispetto ai tanti vicepresidenti che lo abbiano preceduto, a cominciare dalla tremebonda Kamala Harris, sbiaditi e privi di struttura, Vance sia un politico dalla spiccata personalità. Privo di una formazione europea, e questo è un male, ma dotato di un pragmatismo tutto americano, sconosciuto ai suoi predecessori, è questo è un bene. Appare quasi come un novello John Wayne. anche nella struttura fisica. Per quanto riguarda quella intellettuale, gli americani non ne hanno bisogno, sono i padroni del mondo, o di parte di esso, e questa volta, senza le false ipocrisie che contrassegnavano l'immagine di Joe Biden e del suo pastrocchio democratico, sono ben decisi a riaffermarlo.
I colloqui con la delegazione ucraina, guidata niente meno che da Volodymyr Zelensky, sono stati il primo passo. I dichiarati incontri con la Russia, senza l'inutile Europa a intromettersi con le proprie pastoie ideologiche e guerrafondaie, saranno il secondo. Molto interessante anche il plauso verso Alternative für Deutschland che rappresenta il vero futuro di un continente che sappia reagire all'invasione di clandestini che ne stanno drammaticamente modificando la costituzione etnica e sociale.
Vance (e Trump) ha compreso perfettamente che solo un'Europa slegata dal proprio passato può rappresentare un valido partner in chiave anticinese.
Per questo i segnali che lancia sono chiari: per questo, così agendo, Vance non solo si esprime come politico dell'oggi, ma si propone come guida per il domani, studente modello per proseguire nell'opera e nel solco tracciato da Trump.

venerdì 14 febbraio 2025

L'incontro fra Trump e Putin e la curiosa pretesa di Ucraina, Europa e NATO di non venire messe da parte

La prima pagina del Corriere della Sera del 13 febbraio 
E' curiosa la pretesa dell'Europa, dell'Ucraina e della NATO di potersi sedere da pari a pari con Stati Uniti e Russia per poter discutere dei destini del mondo.
Sono state proprio queste entità a chiedere che la Guerra in Ucraina, da conflitto meramente locale si estendesse a guerra praticamente mondiale, una sorta di lotta del Bene contro il Male, di 'unione delle democrazie' contro la dittatura non bolscevica ma, chissenefrega, qualcosa ce lo si riesce sempre a inventare.
Oggi la sconfitta dell'Ucraina di un leader stanco e sempre più abbandonato come Volodymyr Zelensky appare ineluttabile.
Allo stesso ex attore 'ammaestrato' dalla vecchia 'nomenklatura' democratica americana con a capo il 'guerrafondaio' per eccellenza, Joe Biden, viene riservata da Donald Trump una semplice telefonata (strombazzata da tutti i media occidentali come una pietra miliare dell'eccellenza diplomatica ucraina), per poi venire bellamente scavalcato da quello che sarà un faccia a faccia fra il neopresidente americano e Vladimir Putin.
Basta e avanza per decidere dei destini del mondo, libero o meno, anche perché, nel 2025, discutere di democrazie e dittature è come proferire l'ormai consunta frase 'non ci son più stagioni'.
Ai futuri colloqui di pace (o di termine guerra o di fine invasione, si scelga la definizione più appropriata) non è necessaria l'ormai malferma Ucraina, il cui leader Zelensky aveva per primo emanato il diktat che mai sarebbe stato consentito trattare qualsiasi genere di pace con la Russia, a meno che non fosse quella successiva alla schiacciante vittoria finale; non è necessaria l'Europa e quella sorta di animale dimenticato dal tempo e dalla storia che è l'Unione Europea, sempre fallace nelle sue scelte, abilissima nel puntare sul cavallo sbagliato, incapace di restare neutra in un conflitto in cui schierarsi non aveva semplicemente senso; non è necessaria, e lo è meno che mai, la NATO, entità che ha sostenuto l'Ucraina a spada tratta fin dall'inizio, minacciando il coinvolgimento diretto sul campo del mondo occidentale fino a rischiare una guerra atomica.
Trump, dopo la promessa del rispedire i clandestini 'latinos' al di là del muro messicano, si avvia così a mantenere un'altra promessa: quella di pacificare il turbolento mondo contemporaneo, facendo schiumare di rabbia quell'Europa ancora legata a ideologie cadaveriche e bucoliche ormai sconfitte dalla storia.

venerdì 10 gennaio 2025

Sindrome dell'Avana, nessuna conferma dall'intelligence americana

Un'immagine de L'Avana (foto di Yuting Gao per Pexels)
La cosiddetta Sindrome dell'Avana sarebbe solo un'ipotesi spionistica e non una reale malattia inoculata ai funzionari americani a Cuba, a partire dal 2016.
Lo ritiene l''intelligence' degli Stati Uniti in una valutazione pubblicata in questi giorni.
La sindrome venne segnalata pubblicamente per la prima volta nel 2016, quando i diplomatici statunitensi nella capitale di Cuba riferirono di essersi ammalati e di aver sentito rumori penetranti durante la notte, scatenando speculazioni su un attacco da parte di entità straniere con un'arma sonar non specificata. Altri sintomi tra cui naso sanguinante, mal di testa e problemi di visione sono stati successivamente segnalati dal personale delle ambasciate in Cina, Europa e nella capitale degli Stati Uniti, Washington.
"La maggior parte della comunità di intelligence continua a valutare che sia 'molto improbabile' che un avversario straniero sia responsabile degli eventi segnalati come possibili incidenti sanitari anomali", si legge nella valutazione, pubblicata sul sito web dell'Ufficio del direttore di intelligence nazionale. Ma "una componente della comunità di intelligence ritiene che vi sia 'una probabilità approssimativa' che un attore straniero abbia usato una nuova arma o un prototipo per danneggiare un piccolo e indeterminato sottogruppo" di personale e dipendenti statunitensi che hanno riportato sintomi, secondo la valutazione.
Gli Stati Uniti nel 2017 ritirarono i dipendenti non essenziali dalla loro ambasciata recentemente riaperta a L'Avana. (fonte: AGI)

lunedì 13 marzo 2023

Ucraina-Stati Uniti, ecco quello che non va

La pagina web dell'articolo di "Politico"
L'alleanza fra Ucraina e Stati Uniti pubblicamente non si sarebbe minimamente incrinata ma, dietro le quinte, le prime crepe si sarebbero create a causa delle sempre più evidenti differenze e tensioni su vari fronti: dal sabotaggio al gasdotto Nord Stream alla difesa brutale ed estenuante di Bakhmut, città ucraina ritenuta dagli americani non strategica (almeno pubblicamente), fino alla motivazione stessa che sta obbligando a combattere per una regione dove le forze russe sono presenti da quasi dieci anni.
Lo riporta "Politico" citando alcune fonti, secondo le quali alcuni all'interno dell'amministrazione sarebbero preoccupati dall'eccessivo uso di munizioni a Bakhmut da parte dell'Ucraina, in quanto potrebbe mettere a rischio la capacità di Kiev di fronteggiare un'offensiva di primavera. (fonte: ANSA)

mercoledì 25 gennaio 2023

Putin è il vero pacifista di una guerra voluta dagli Stati Uniti

La 'home page' di Russia Today
Mentre gli americani cercano di convincere i tedeschi a regalare l'ennesima vagonata di armi al regime di Kiev, qualcuno dovrebbe chiedersi del perché, malgrado le continue provocazioni, Mosca non sia passata alle 'maniere forti'.
Già, perché in qualsiasi altro conflitto, convenzionale o meno, il contendente più forte, ovvero la Russia, avrebbe letteralmente raso al suolo le città nemiche, a cominciare da Kiev, grazie alle proprie potenti armi. Invece l'armata di Vladimir Putin, malgrado le presunte accuse di stragi sul campo, ha cercato di mantenere il proprio profilo il più basso possibile.
Certo, contro un esercito, quello ucraino, 'drogato' dalle armi (e probabilmente anche dagli uomini) dei Paesi occidentali, la conduzione della guerra non è stata semplice. ed è incredibile come, in Occidente, i 'media' del 'mainstream' non abbiamo ancora voluto capire (ah, deontologia e intelligenza professionali, dove siete finite?) come la prosecuzione della guerra sia nell'esclusivo interesse dei grandi potentati economici che stanno dietro la vendita delle armi e, cosa ancora più lampante, dietro agli sporchi interessi di quegli investimenti chiamati 'ricostruzione', ovvero l'edizione rivisitata del Piano Marshall, altra grande nefandezza inventata dal Grande Fratello americano, che in Volodymyr Zelensky ha il suo più grande 'fantoccio'.
Per questo va riconosciuto a Putin un 'pacifismo' reale, che ha finora impedito al conflitto di assumere quelle dimensioni 'nucleari' che, in maniera tanto sfrontata, la NATO e suoi servi occidentali stanno cercando di provocare.

giovedì 24 febbraio 2022

Crisi Ucraina: Toni Capuozzo "Poco saggio aprire 'filiali' NATO come caffetterie"

Il profilo Facebook di Toni Capuozzo
La crisi in Ucraina, sfociata questa notte con il passaggio dei confini da parte di militari russi nel territorio del Donbass, è stata raccontata unilateralmente e in maniera demagogica come quella di un attacco 'folle' da parte di un 'dittatore' (Vladimir Putin).
A rimettere le cose a posto ci pensa, al solito, la saggezza e la competenza di un giornalista che ha sempre vissuto 'sul campo' come Toni Capuozzo.
Riporto dal suo profilo Facebook il commento scritto stamane, a poche ore dallo scoppio del conflitto 'caldo' per quanto ancora circoscritto.
"E' difficile provare a essere razionali quando sai che c'è chi muore, adesso, e quando tutto sembra una follia. L'invasione di Putin è basata su due convinzioni: 1) Gli Stati Uniti non interverranno se non a parole, e la Nato idem 2) Le sanzioni faranno male alla Russia ma non sono fatali . L'invasione ha due obbiettivi, annunciati nelle parole di Putin 1) demilitarizzare 2) denazificare il paese. Cosa vuol dire ? Distruggere l'apparato militare e destituire la dirigenza politica ucraina, magari sostituendola con uomini ucraini di fiducia. Quanto ci vorrà per raggiungere questi obbiettivi ? E' questa la domanda che decide l'agenda dei prossimi giorni, e la natura del conflitto. La terza guerra mondiale ? Se qualcuno si azzardasse a intromettersi, Putin promette conseguenze mai viste, ma nessuno lo farà. Resterà un conflitto locale, che cambia il mondo, e spoglia i sogni di quieta globalizzazione, di allegro e indolore contagio della democrazia. Allora tutta causa di Putin ? Chiediamoci se è stato saggio aprire filiali Nato come caffetterie, e se l'Ucraina ha giocato la carta giusta, scegliendo di non essere neutra e rassicurante parte terza. Un giorno nero per l' Europa, umiliante per gli Stati Uniti. E per Putin ? Come per ogni giocatore, dipende da come finisce l'azzardo. Noi ? Il barile di petrolio ha superato i 100 dollari, oggi. Fa male al cuore vedere quel che succede, ma anche il portafoglio duole un po'".

giovedì 30 dicembre 2021

Aveva applaudito l'assalto a Capitol Hill, 'sceriffa' licenziata

Roxanne Mathai
Psicoreati in corso negli Stati Uniti. Ne è rimasta vittima Roxanne Mathai, 47 anni, vice sceriffo di una contea del Texas, che aveva definito l'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 "uno dei giorni più belli" della sua vita.
La 'sceriffa' per questo suo giudizio è stata licenziata dopo che già a gennaio era stata sospesa a gennaio, a seguito della pubblicazione di alcune foto su Facebook in cui appariva a Capitol Hill.
La donna si era appellata contro la decisione, sostenendo di non avere partecipato all'insurrezione e di non essersi resa conto della violenza dell'assalto, ma la sua difesa è stata definita "ridicola". (fonte: AGI)

mercoledì 1 dicembre 2021

Dagli Stati Uniti e dal Cile un messaggio importante: abortire è assassinare un bambino

Le femministe vogliono poter uccidere un bambino così
Era finalmente ora che almeno il dubbio che l'aborto potesse venire considerato un reato venisse sollevata, senza il pericolo di venire bollati come 'oscurantisti satanici' da qualche femminista fallita alla vana ricerca di porre l'asterisco' sul 'gender' maschio-femmina.
Se la Corte Suprema degli Stati Uniti, in maggioranza, pare orientata a colpire il cosiddetto 'diritto all'aborto' e a sostenere la legge dello stato del Mississippi che vieta l'interruzione della gravidanza dopo 15 settimane di gestazione, in Cile la Camera dei deputati ha votato contro un progetto di legge che prevedeva la depenalizzazione dell'aborto entro 14 settimane di gravidanza, bloccando per un anno il dibattito parlamentare in materia.
Un curioso senso della vita, quello che da anni ci viene dall'estremismo femminista da strapazzo. Appassionato di astronomia, ascoltavo una di queste notti un programma dedicato a quegli esopianeti che, almeno in teoria, potrebbero ospitare la vita. Ma quale tipo di vita? Una vita scientemente sviluppata o virus, batteri, o forse un tipo di vita a noi ignota ma che si sia in qualche modo adattata a realtà diverse da quelle impostate sul carbonio. Quindi la scienza, quella comunemente accettata, considera 'vivo' un batterio cresciuto in un mare di titanio liquido. Eppure, queste 'streghe' da strapazzo, queste sottospecie di madri, questi rifiuti (anche nel senso della negazione) di tutto ciò che compone la famiglia, base e roccia su cui si costruisce l'unica opposizione al mondo globalizzato moderno, negano di vedere un essere vivente in un feto già sviluppato da settimane, se non da mesi.
Del resto la follia di pretendere il diritto di assassinare un umano che vive nella pancia di una donna è coerente con la pretesa di togliere la vita a persone 'scomode', come tetraplegici o depressi cronici, incapaci di adattarsi al mondo di plastica incorso di costruzione dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Qualsiasi sia la sentenza che verrà emessa dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, il punto fondamentale è quello di avere riportato l'aborto sotto la lente di ingrandimento della nostra quotidianità, rendendo chiaro a tutti ciò che un aborto è: l'omicidio di un essere umano, piaccia o meno alla strepitante femminista di turno.

giovedì 11 novembre 2021

Kyle Rittenhouse non è un violento, ha ucciso per legittima difesa

Lo scambio fra il giudice Schroeder e l'Accusa (FoxNews)
Non è così strano che un Paese come l'Italia, in grado di 'santificare' un personaggio del calibro di Carlo Giuliani, abbia definito Kyle Rittenhouse, aspirante agente di polizia che ha sparato per legittima difesa, uccidendo due persone, un 'baby assassino'.
Fortunatamente in America le cose, durante il suo processo, sembra stiano andando nel verso giusto, riconoscendo al giovane, che faceva parte di una sorta di 'ronda' di cittadini desiderosi di mantenere l'ordine e la pace sociale a Kenosha, Wisconsin, durante i tumulti originati dalla violenza dei manifestanti sobillati dal movimento Black Lives Matter, la legittima difesa.
Centinaia, forse migliaia di agitatori che hanno riempito le strade americane per giorni brandendo il presunto ideale di una non meglio identificata 'giustizia sociale', permettendosi di distruggere e colpire qualsiasi cosa e chiunque si trovasse sul proprio cammino.
Le immagini, del resto, sono chiarissime: Rittenhouse, identificato da quegli stessi facinorosi tanto amati dalla sinistra Dem come 'non allineato' e quindi 'nemico', viene inseguito da alcune persone, di cui alcune armate, cerca di scappare rifiutando ogni contatto. E' costretto, per difendersi, a colpire il primo manifestante che cerca di colpirlo, poi scappa ancora, incespica nella fuga, cade e, inevitabilmente, quando si trova circondato dagli avversari e vede la propria vita in pericolo, spara ancora, come chiunque avrebbe fatto al suo posto.
Il giudice Bruce E. Schroeder ha ammonito severamente l'Accusatore, Thomas Binger, riguardo alla sua linea di gestione del 'caso'. Soprattutto, un testimone presente quella sera, uno dei facinorosi che avevano circondato Rittenhouse, pistola in pugno, ha candidamente ammesso come il giovane aspirante poliziotto non abbia aperto il fuoco fino a quando non abbia visto la pistola puntata verso di lui.
L'opposto di quanto buttato nelle 'fauci' dei lettori dal 'moderato' Corriere della Sera che, come la stragrande maggioranza dei media, si è genuflesso di fronte alla causa BLM, e ha presentato così la vicenda: "...Vicino all’edificio c’è anche Kyle Rittenhouse, 17 anni: ha un fucile semiautomatico AR-15. 'Stiamo proteggendo i cittadini e una persona della folla mi ha appena spruzzato dello spray al peperoncino negli occhi', racconta il ragazzo che a un certo punto viene inquadrato mentre, scappando dai manifestanti, si volta e inizia a sparare. Rittenhouse colpisce la prima persona alla testa e si dà alla fuga, ma scappando inciampa e aggredito dalla folla che lo ha raggiunto continua a sparare. Sotto i suoi colpi cadono altre due persone, una delle quali rimane a terra".
Insomma, non proprio quanto viene invece raccontato da un sito c in cui, invece, vengono raccolte firme in suo favore.
"Nei pressi di una stazione di benzina, il giovane è stato aggredito da alcuni manifestanti, nello specifico da Joseph Rosenbaum (il ragazzo con la maglietta rossa). Kyle, non essendo un violento, non ha inizialmente utilizzato l'arma a sua disposizione ma anzi E' FUGGITO. Il manifestante lo ha inseguito lanciandogli oggetti non identificati, e quando lo ha quasi raggiunto accerchiandolo in un parcheggio (avendo altri oggetti non identificati con sé di cui Kyle non poteva chiaramente accertarsi in tempo visto le circostanze) il giovane cadetto ha fatto fuoco colpendo e uccidendo il manifestante. La prima cosa che fa a questo punto è chiamare il 911 per far arrivare i soccorsi. A seguito di ciò e con la folla a lui attorno, si è dato alla fuga per evitare di essere gambizzato dalla folla numerosa di manifestanti ma è stato inseguito. Poco distante avverrà infatti il secondo conflitto a fuoco: durante la fuga Kyle inciampa e cade all'indietro. Un manifestante (che si scoprirà poi essere Anthony Huber) tenta di colpirlo ALLA TESTA sferrandogli un colpo con il suo skateboard mentre Kyle è ancora a terra ma il ragazzo assorbe il colpo e risponde sparando UN colpo che si rivelerà poi fatale. Contemporaneamente, un altro manifestante, col viso coperto, tenta di aggredire Kyle ma quando quest'ultimo fà fuoco con la sua arma, arretra spaventato e si blocca al rumore degli spari. Vigliaccamente, poi, estrae da dietro i pantaloni una Glock (illegalmente posseduta) e la punta contro Kyle che però con una freddezza ed una lucidità eroica degna dei migliori militari da campo, ferisce con un colpo il manifestante al braccio".
Anche Donald Trump aveva difeso Kyle Rittenhouse

domenica 7 novembre 2021

Biden in netto calo, se gli americani votassero oggi vincerebbe Trump

L'articolo della CBS al riguardo
Le ultime elezioni negli Stati Uniti hanno dimostrato quanto sia basso il gradimento degli americani nei confronti del presidente Joe Biden. Tanto che, se 'Sleepy Joe' dovesse oggi affrontare Donald Trump, sarebbe quest'ultimo a vincere la sfida con due punti di margine. Il dato emerge da un sondaggio realizzato a livello nazionale dall'Emerson College di Boston.
Secondo la ricerca, il 50% degli americani boccia Biden, mentre solo il 41% approva il suo operato, ben cinque punti in meno rispetto a settembre. Il calo è, soprattutto, tra gli afroamericani, dove l'indice di approvazione è sceso di 20 punti, dal 72 al 52%. Ma è il confronto con Trump a fornire ai democratici motivi di preoccupazione: l'ex presidente sarebbe avanti di due punti, 45 a 43 per cento, in un ipotetico testa a testa per la Casa Bianca.
Nelle periferie prevale Biden di un punto, in quelle rurali domina Trump addirittura con 32 punti di vantaggio, 62 contro il 30 per cento del democratico, mentre nelle aree urbane è avanti il presidente, 52 a 36.
Alla domanda chi voteresti alle elezioni di 'midterm' del 2022, il 49% ha indicato i conservatori, il 42 i progressisti.
Il 25 gennaio, dopo la prima settimana alla Casa Bianca, Biden era al 55%, dato abbastanza costante, con lievi oscillazioni, fino a giugno, quando è peggiorata la situazione pandemica. Il crollo di popolarità si è registrato nei giorni della ritirata americana da Kabul e dell'attentato all'aeroporto internazionale.
"I consensi sono in costante calo - ha confermato Mark Penn, co-direttore dei sondaggi per conto di Harvard/Caps/Harris - in pratica il presidente è sostenuto solo dalla sua base elettorale. Il declino è stato accelerato dalla percezione dell'incertezza nel gestire i temi economici". Il punto più basso di affidabilita', Biden l'ha registrato sull'Afghanistan: solo il 33% degli americani, secondo il sondaggio di Harvard, ha approvato il suo modo di agire. (fonte: AGI)

domenica 8 novembre 2020

Trump, i tanti buoni motivi per cui doveva essere rieletto

Pubblico e riprendo con questo post un articolo a sua volta pubblicato su diversi media (altri blog e social vari), attribuito a Giulio Meotti, giornalista de "Il Foglio". E' una analisi interessante di chi sia stato e cosa abbia fatto Donald Trump, uno dei presidenti americani più sottovalutati della storia.

"Non sono mai stato un trumpiano tanto per fare, non ho mai amato certe sue mattane e familismi e che non abbia letto più di cinque libri in vita sua, ma ora che ha perso qualcosa va detto chiaro.
Trump è stato eletto per porre fine ai cosiddetti interventi 'umanitari' e lo ha fatto.
Ha eliminato il Califfo Baghdadi e il Generale Soleimani senza farsi trascinare in nuovi Vietnam.
Ha annullato l’'accordo' di Obama che avrebbe dato all’Iran una via alle armi nucleari, una nuova Monaco.
È uscito dal ridicolo accordo sul clima di Parigi.
Ha rafforzato la posizione di Israele in Medio Oriente e costretto Emirati Arabi, Sudan e Bahrain a farci la pace.
Ha osteggiato l’Onu.
Ha detto agli europei che dovevano contribuire di più alla propria sicurezza, oltre al proprio luna park sociale.
Ha eletto giudici importanti alla Corte Suprema, nemesi della cultura progressista che vorrebbe l’America simile alla Svezia (penso ad Amy Barrett e alla sua famiglia [che ha preso il posto di quella, recentemente defunta, che per ventisette anni ha prostituito la legge all’ideologia]).
Ha completamente cambiato il modo in cui gli americani pensano alla propria dipendenza dai prodotti cinesi a buon mercato. Mai prima la Cina ha sentito una minaccia al proprio dumping economico planetario. Quando un paese industriale avanzato non è in grado di produrre mascherine chirurgiche, guanti e gel per le mani e ibuprofene durante una pandemia, significa che la globalizzazione si è spinta troppo oltre. Va rivista per non morire in suo nome. E questo vale anche per l’Italia.
Ma il più grande risultato di Trump è stato nell’economia. Durante i primi tre anni della sua presidenza, una quota importante di ricchezza è andata ai lavoratori più poveri.
Ha portato crescita salariale agli svantaggiati. Ecco perché gli elettori nelle zone dimenticate del paese, i 'forgotten men' che ho descritto due giorni fa, hanno votato per lui nel 2016 e in numero ancora più grande nel 2020. Ecco perché un numero sorprendente di afroamericani si è rivolto a lui quest’anno. Con la 'giustizia sociale' le minoranze non mangiano. Le sue restrizioni all’immigrazione hanno ridotto la concorrenza per gli americani più poveri.
Trump tornerà a giocare a golf in Florida.
Quella che perde è una certa idea della realtà. E’ quella che ha portato molti immigrati che lavorano duro a votare Trump e quasi tutti i bianchi benestanti a votare Biden.
Perdono i vecchi, sporchi rapporti umani e vince il Silicio dei 'social'. Perde la nazione e vince il 'villaggio globale'. Perde l’idea che la propria cultura conta e vince il multiculturalismo.
Dopo questa festa di liberazione da Trump ci sarà da lavorare per l’Occidente.
Se devo scegliere fra il mondo di Oprah, di chi butta giù le statue e degli accademici che lavorano per una società di individui indefiniti, e il mondo di un operaio americano dai denti consumati dal tabacco e di un messicano rispettoso delle regole e con il rosario in tasca, non ho dubbi".

giovedì 27 maggio 2010

Obama replica così a un attivista gay

E' stata ancora una volta Obama-show. Il presidente degli Stati Uniti, che oggi ha incontrato il suo omologo (più o meno...) Giorgio Napolitano, subito dopo è volato in California per tenere un comizio durante una serata di beneficenza.
Mentre pronunciava il suo discorso è stato interrotto da un'attivista gay.
Questa la tranquilla e pacata reazione di Mr. Barack: yes, he can!