Facebook, Google e Meta sono finiti sul banco degli imputati negli Stati Uniti, accusati di
aver stipulato nel 2018 un accordo illegale per
aumentare il proprio dominio sul mercato della pubblicità online.
A rispondere dell'accusa sono stati chiamati in causa gli amministratori delegati di Meta, la
società madre di Google e Facebook.
L'azione legale è stata avanzata da una coalizione di stati guidata dal
Texas nel
dicembre 2020, ma i dettagli sono stati resi noti solo ora.
Secondo l'accusa, riportano i media statunitensi, il gigante della ricerca online avrebbe
cercato di eliminare la concorrenza manipolando le aste di
annunci, il sistema altamente sofisticato che determina quali
pubblicità possano apparire sulle pagine web in base al profilo di un
utente anonimo.
Nel 2021 le stesse potenze del web erano state condannate a pagare cifre 'monstre' in Russia per svariate decine di milioni di dollari, in quanto accusate di avere "ripetutamente trascurato di rimuovere contenuti vietati" dalla normativa locale. I problemi rilevati dalla Russia andavano però ben oltre l'aspetto meramente pubblicitario, ma andavano anche a colpire quello contenutistico: l'autorità garante russa delle comunicazioni, Roskomnadzor, aveva infatti affermato che Facebook e Instagram non erano riusciti a rimuovere oltre due mila pezzi che violavano le leggi russe, mentre Google manteneva 2.600 pezzi di contenuti vietati, in particolare quelli relativi ai post che promuovevano l'abuso di droga e passatempi pericolosi, come le informazioni su armi ed esplosivi fatti in casa, nonché quelli di gruppi estremisti o terroristici. (fonte: ANSA/AGI)