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sabato 1 giugno 2024

Giovani trascinati dalla corrente, lo sciacallaggio di "Repubblica"

La notizia, con foto, data da "La Repubblica"
Non passa giorno che "La Repubblica" scenda sempre più verso il baratro dell'informazione costruita, sedata o esaltata alla bisogna, serva e sguattera di interessi diversi da quelli del dare all'utente finale, il lettore, quella che da sempre 'è' la notizia, senza annessi e connessi, identificando, un giorno sì e l'altro pure, il 'nemico' di turno contro cui combattere: la prima a scendere in campo contro Silvio Berlusconi, la prima a inventarsi il pericolo del rinato fascismo, costi quel che costi.
Stavolta, però, il quotidiano che, ai tempi del primo Eugenio Scalfari aveva saputo perfino essere innovativo e intelligente, ha toccato un altro passo verso il fondo, sciacallando sulle vite, purtroppo molto probabilmente andate perdute, dei tre giovani rumeni, un ragazzo e due ragazze, travolti dalla piena del fiume Natisone in Friuli.
Pur di acchiappare il famoso 'clic' ci sarebbe gente che ammazzerebbe. Beh, in questo caso, i morti "La Repubblica" se li è trovati bell'e pronti, con tanto di storia 'pulp', i giovani che si abbracciano nell'ultimo vano tentativo di resistere alla furia dell'acqua, e della morte, per poi venire trascinati lontano, verso il proprio inesorabile fato.
Cosa c'è di meglio, per guadagnare qualche 'clic' in più, che sbattere la fine di questi tre ragazzi 'online'? Con tanto di video in aggiunta? Poter osservare, fotogramma per fotogramma, il loro incontro con la morte, guardarli agonizzare di fronte all'ineluttabile? La notizia è solo un contorno, vuoi mettere il gusto? Impossibile resistere, con "La Repubblica" tutto è concesso, questa è la verità, la sua verità, quella dell'inviato direttamente sulla strada. Se la notizia non c'è puoi inventartela, se poi c'è, ma hai la fortuna pure di averne i dettagli, perché mai preoccuparsi se pubblicarla equivalga a un atto di macelleria giornalistica?
Un altro passo verso il fondo di questa professione. E non sarà certamente l'ultimo.

venerdì 2 febbraio 2024

Ilaria Salis mette in crisi anche i 'compagni' di "Repubblica"

Il sito online de "La Repubblica" oggi: dov'è Ilaria Salis?
C'è qualcosa che non va dalle parti del quotidiano proferito dai 'compagni'. Si parla, ovviamente, de "La Repubblica", giornale che, pur di attaccare il Governo di Giorgia Meloni, si è praticamente attaccato a ventosa a qualsiasiargomento possibile e immaginabile. Dalla crisi paraconiugale del presidente del Consiglio fino ai botti di fine d'anno di un suo membro del Governo (argomenti di profondo spessore ideologico), per poi affondare il colpo sulle 'braccia tese' di Acca Larentia (purtroppo per i 'compagni' poi sdoganate e legittimate a furor di legge), per poi cercare a tutti i costi l'eroe antifascista di turno: dal vecchiettino in stile Muppet Show della 'prima' della Scala, sparito nel giro di pochi giorni, per poi arrivare alla nuova Supergirl il salsa Marvel: Ilaria Salis che, in un colpo solo, racchiude in sé la lotta 'fisica' antifascista e antinazista. Per i 'dem' più vetusti la parola 'anti' riporta alla mente i fasti del '68, con tanto di "Hazet 36, fascio dove sei?" e, per i più spericolati, rimembranze dei servizi d'ordine del periodo, dove le teste si spaccavano per davvero.
Sarà che, con il passare dei giorni, malgrado le querele ad alzo zero lanciate dal padre come in un film di Quentin Tarantino, emerga sempre più chiaramente la non proprio pulitissima fedina penale della 'maestrina antifascista' (basti leggere l'articolo pubblicato quest'oggi su "La Verità" da Fabio Amendolara e Salvatore Drago e riportato, in parte, qui sotto), sarà che lo stesso padre della Salis, in temi non sospetti, si era lanciato in alcuni 'post' non propriamente di Sinistra (come alcune feroci accuse contro l''antifascista per sempre', Paolo Berizzi), tant'è, la notizia legata alla Salis comincia a uscire dalle 'aperture' o, comunque, tende a essere relegata nelle parti più basse delle 'prime pagine'.
Strano, perché l'argomento legato alla rivalsa dell'eroina pseudo acculturata con tanto di lezioni 'woke' da regalare ai nuovi piccoli partigiani del futuro, sarebbe stata una leccornia pronta per essere utilizzata a lungo. In attesa magari di un ritorno in Patria con tanto di dita a V come Vittoria, meglio tralasciare, quindi, per evitare di essere accostati a un personaggio scomodo. Tanto scomodo che potrebbe perfino essere ritenuto colpevole. E, in quel caso, sarebbe molto più difficile strillare contro l'ingiustizia magiara.


La prima pagina cartacea de "La Repubblica" di oggi e l'articolo de "La verità"

mercoledì 21 settembre 2022

La Repubblica, il 'porcale' quotidiano degli italiani colpisce ancora

La prima pagina del 'porcale' del 20 settembre
"La Repubblica"
non si smentisce mai. "Dacci oggi il nostro 'porcale' quotidiano", verrebbe da dire leggendo l'immondizia pubblicata da questi pseudo giornalisti servi del potere, come si usava giustamente dire nei circoli estremisti non più tardi di una quarantina d'anni fa.
"Berlino: no ai postfascisti" è il titolo dell'edizione del 20 settembre. In piena campagna elettorale, per un giornale che si picca di essere 'super partes' e 'politically correct', è davvero un titolo criminale. Ma ben si sa questa gentaglia di che pasta sia fatta.
Che poi il titolo sia un falso clamoroso, non solo nei confronti di chi sia diretto (postfascisti a chi?) lo si scopre leggendo immediatamente il contenuto.
Trattasi di intervista a Olaf Scholz, cancelliere tedesco sì, ma espressione della Sinistra tedesca, che certo non rappresenta ciò che tutta la Germania pensi o possa pensare dell'Italia.
Di più, non si capisce perché un giudizio politico sul nostro Paese espresso a Mosca rappresenti un'ingerenza politica, mentre uno proveniente da Berlino sia un 'avvertimento'.
La 'pattumiera' dell'informazione quotidiana italiana ha quindi servito il suo ennesimo assist alla disinformazione. Si attendono con ansia le prossime imminenti pubblicazioni.

lunedì 22 agosto 2022

Omicidio Dugina, Russia Today attacca i media occidentali

Rachel Blevins su Russia Today
Ha fatto molto scalpore in Russia, e non poteva essere altrimenti, l'assassinio di Darya Dugina, figlia di Alexander Dugin.
Proprio in queste ore, mentre mi trovo a Petrozavodsk, nella Carelia russa, in televisione continuano a scorrere le immagini del dramma, e i commenti, in una lingua che non conosco per nulla, sono ovviamente dedicati a chi si celi dietro l'attentato che ha straziato il corpo della 30enne giornalista e studiosa moscovita. Fra i tanti, in prima serata, non può mancare il famoso 'talk' condotto da Vladimir Rudolfovič Solovëv sul canale Rossija 1.
Un omicidio politico trattato dai media occidentali in maniera ben diversa da quello che vide sfortunata protagonista Anna Politovskaya, sfruttato d utilizzato in chiave antirussa. Ma si sa, nel mondo i morti non sono mai tutti uguali,ma vengono sfruttati a seconda delle esigenze e del bisogno.
Proprio l'atteggiamento dei media occidentali è stato al centro dell'analisi di Rachel Blevins, giornalista di Russia Today, sito e televisione in lingua inglese oscurati in Italia ma, ovviamente, ben visibili da queste parti. La Blevins si è soffermata sulla mancanza di 'pietas' da parte dei cosiddetti 'giornalisti' antirussi, soprattutto visto che la Dugina non ricopriva alcun ruolo militare ma era una studiosa e una libera pensatrice, cresciuta sulle orme del padre. Ma per molti era proprio questa la sua colpa e, forse, la giustificazione della sua fine straziante.
Per fortuna la Blevins non ha letto l'ultimo disgustoso articolo da "La Repubblica" in cui Rosalba Castelletti si diverte a gettare fango su tutta la famiglia Dugin, già a cominciare dal titolo: "La famiglia con la "Z" amata dai sovranisti, tra fake news e odio per l'Occidente". All'interno la 'propagandista' del globalismo che tanto piace ai suoi padroni scrive: "L'ultima volta che l'avevamo vista Daria Dugina, o Platonova come si faceva chiamare, interveniva in qualità di esperta del Movimento Internazionale Eurasiatico... Mancavano nove giorni al lancio della cosiddetta "operazione militare speciale" contro Kiev e Daria e altri sedicenti esperti, anche italiani, sostenevano che gli Usa stessero cavalcando lo scontro che si profilava in Ucraina per allontanare definitivamente l'Europa dalla Russia... Dugina definiva gli ucraini "subumani" da conquistare e aveva scritto il libro di prossima pubblicazione intitolato Z, il famigerato simbolo dell'operazione russa in Ucraina"... è indubbio che il vero obiettivo dell'autobomba che la ha uccisa sabato sera alla periferia di Mosca fosse il padre, faro dei sovranisti occidentali e disseminatore di disinformazione". Penso possa bastare.




domenica 21 agosto 2022

Omicidio Dugina, il delirio di "Repubblica": ecco servita la 'matrice russa'

I deliranti titoli de "La Repubblica"
Leggere il 'fantagiornale' de "La Repubblica" non finisce mai di stupire. Un'accozzaglia di notizie costruite a bella posta per poter giustificare anche l'ingiustificabile,inventandosi letteralmente presunte notizie la cui veridicità, ovviamente, non sempre è facile da verificare.
L'ultimo titolo buttato 'ad cazzum' è quello relativo alla morte di Darya Dugina, unica figlia di Alexander Dugin, ideologo russo, che i media occidentali definiscono 'pupazzo di Putin', quasi a volerne ottenebrare l'immagine di insigne studioso (che poi non piacciano le sue idee, questo è un altro discorso) e, in un certo senso, giustificare l'omicidio della figlia che, si specifica sul quotidiano del gruppo Gedi, aveva trascorso "Una vita sulle orme del padre", definito "uno dei promotori dell'invasione dell'Ucraina" e ancora "l'ideologo di Putin amico di Salvini che ora punta su Meloni", giusto per coinvolgere nell'insalata la politica italiana senza alcun motivo anche se, non si sa mai, inserire il nome dei 'nemici politici giurati' in un omicidio politico è utile per il proprio squallido tornaconto politico.
Il meglio, però, "La Repubblica" lo raggiunge nell'articolo dedicato alle ipotesi dietro all'assassinio: "Sabotatori ucraini o matrice russa: le piste sull'attacco che ha ucciso la figlia di Dugin". Ma certamente! A uccidere quello che lo stesso giornale in un altro articolo ha definito quasi come il 'braccio destro' di Putin sarebbe stato lo stesso Putin! Logico, no? E forse, fra gli squinternati lettori del giornale che fu di Eugenio Scalfari ci sarà pure qualcuno che ci crede. Perché "la modalità tuttavia trova numerosi precedenti in operazioni condotte da Mosca". Si precisa: è stata un'autobomba a uccidere Darya, un'azione comune a quasi tutti i movimenti terroristici mondiali, e tracciarne l'origine alla Russia è un ragionamento che solo qualcuno che scriva in malafede può arrivare a immaginare. Questo è il livello di certo giornalismo in Italia.

lunedì 31 gennaio 2022

I leccaculo, La Repubblica e Mattarella

Mattarella presidente di tutti? Ma anche no!
Sto ascoltando estremamente divertito
, ma anche con un filo di amarezza, il monologo che Pubble, una delle più argute vignettiste del mondo 'libero' (e quindi inevitabilmente bollata come fascista) ha dedicato al 'leccaculismo', ovvero alla piaggeria.
Un'arte antica, quella del 'leccaculo', di cui Pubble ci racconta la storia a partire dalla piaggeria, ovvero l'arte di leccare il culo.
Se i greci odiavano gli adulatori, nel Medio Evo il termine si consolida e la pratica diventa diffusissima, a cominciare dall'adorazione del Maligno. Ed è proprio in quel periodo che arriva la condanna da parte di Dante, che relega gli 'adulatori' nell'8° Girone dell'Inferno, nella 2.a Bolgia, completamente immersi nello sterco, di cui la Bolgia è ripiena in modo simile a una latrina o a un canale di scolo, intenti tra l'altro a colpirsi con le loro mani. "E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco, vidi un col capo sì di merda lordo, che non parea s’era laico o cherco" (Dante, "Inferno", canto XVIII, 115-117).
Cortigiani e cicisbei diventano, dal Rinascimento al XVIII Secolo, la norma, dei veri e propri 'prostituti intellettuali' (anche prostitute, di certo non si vuol essere sessisti, ci mancherebbe), i cui tratti distintivi sono la mancanza assoluta di dignità e il narcisismo patologico.
Trasportare il concetto dalla simpatica 'vulgata' di Pubble al giornalismo italiano ci vuole un attimo e, ancora una volta, a distinguersi in questa corsa alla discesa agli inferi del cattivo gusto a vincere per distacco è il quotidiano "La Repubblica", di cui ho avuto l'immenso coraggio di sfogliare alcune pagine, con lo stesso tremore con cui ci si accosta alla visione di film come "Nightmare" o "L'enigmista".
Pagine in cui si miscelano in dosi perfette il lecchinaggio verso il rieletto presidente Sergio Mattarella e il servilismo verso il globalismo più sfrenato, uniti contro i 'cattivi' sovranisti, quei cialtroni che hanno provato a travolgere il 'democratico e naturale scorrere degli eventi', ovvero l'immobile 'status quo' che tormenta l'Italia da sempre. Senza parlare di lustri, decenni o secoli, perché applicare il senso temporale al nostro Paese semplicemente non ha senso.
L'Italia è questa, contenuta nel titolo "Il Presidente di Tutti" vergato con fiocco tricolore a fronte di una situazione politica, sociale ed economica drammatica, resa tale da quegli stessi protagonisti tanto osannati dai 'media' di regime.
Come in una festa di Paese, una festa che non è mai la nostra, ma che, nella splendida tradizione del 'leccaculismo', premia come sempre i peggiori rispetto a tutti gli altri.

Le pagine interne de "La Repubbblica": è tutto un mondo meraviglioso...


mercoledì 12 gennaio 2022

Le violenze di Capodanno e "La Repubblica", ovvero la verità a proprio uso e consumo

Le violenze di Capodanno raccontate da "La Repubblica", il giornale dei 'giusti' per antonomasia, per quelli con il portafoglio a destra e la coscienza a sinistra, o per coloro che comunque, anche mentre si sbocconcella la brioche ripiena d'albicocca del mattino, vale sempre la pena emettere una sentenza in più, meglio se dalla parte di dove tira il vento, che poi è sempre la stessa.
Mi sono sfuggite, per fortuna, le edizioni milanesi immediatamente successive alla vicenda, ma già sfogliando quelle a partire dal 7 gennaio ci si può fare una bella idea di come sia stata raccontata questa ennesima barbarie che nulla è se non l'ennesima dimostrazione di come la presenza degli stranieri a Milano, in particolare nordafricani (quelli che, a frotte, continuano a invadere il nostro Paese con il beneplacito del ministro Luciana Lamorgese e l'amore incondizionato delle ONG), abbia inevitabilmente modificato il tessuto socio-razziale della città, distruggendolo dall'interno, creando un guano umano che sta rendendo sempre più irrespirabile la nostra città.
7 gennaio: l'articolo di Luca De Vito, intitolato "Si indaga sulla notte brava del 'branco'", poi ripreso a pagina 7, in oltre mezza pagina di cronaca riesce nell'impresa di non citare mai (ripeto 'mai') l'origine etnica del bestiame umano coinvolto, pur costretto a fare un riferimento alla notte di Colonia del 31 gennaio 2015 (sbagliando peraltro la data, spostata avanti di un anno e inducendo all'errore altri colleghi, che evidentemente ritengono il giornale scalfariano l'unica bocca della verità), e anche in questo caso, pur avendo un rigore da calciare a porta sguarnita, senza ricordare in alcun modo che quelle violenze furono opera di arabi (diciamolo pure: islamici).
8 gennaio: è ancora De Vito a curare l'approfondimento di pagina 7. Stavolta si punta sulle interviste. Ovviamente spadroneggiano le donne del PD. Alla Destra (infame, sempre) si lasciano poche righe per Riccardo De Corato, precedute da una 'quasi nota': "Per l'opposizione è invece l'occasione per attaccare la giunta guidata da Sala". In poche parole: fate attenzione a ciò che leggete, perché son tutte balle, saranno solo frasi strumentali". E se Diana De Marchi (che conosco e stimo) esprime un concetto condivisibile, per quanto senza affrontare di petto la questione, è Silvia Roggiani, anche lei del PD (e ci mancherebbe, stiamo parlando de "La Repubblica") a regalare la vera 'perla', tirando in ballo la 'cultura patriarcale della nostra società'. Sparata che, giustamente, ha fatto venire i brividi all'italiano medio e alla Lega, che ne ha immediatamente denunciato la stortura, innescando poi la polemica 'social' che ha portato la stessa Roggiani ad assumere l'atteggiamento da 'vittima' causa il consueto e inevitabile (e deprecabile) insulto per opera del web.
Smarrito fortunatamente il giornale del 9 gennaio (no, scusate, non perdo tempo per provare a cercare questo quotidiano), si passa al 10 gennaio: come nel miglior film di Carlo Verdone, la parola passa al prete, al secolo il cappellano del Beccaria, Don Claudio Burgio, in un pezzo firmato da Sandro De Riccardis. Il titolo l'è (citando Jannacci): "Le violenze in Duomo derivano anche dall'esclusione sociale". Direi che si può evitare di andare oltre e saltare l'articolo, sebbene una risata convulsa giunga istintiva al pensiero reale del prete di "Un sacco bello".
11 gennaio: ecco, finalmente, forse grazie all'arrivo di Ilaria Carra a fianco di Luca De Vito (i due firmano insieme il pezzo), si riesce a leggere un articolo che potrebbe anche non arrivare da "La Repubblica". Le dinamiche delle aggressioni vengono ricostruite con attenzione, c'è perfino una bella infografica che ne riporta i dettagli, e viene usato il termine "italiani di seconda generazione" per identificare quelli che, certamente in maniera più sommaria, vengono da me definiti 'maghrebini e nordafricani'. Frase comunque non errata, visto che io mi riferisco alla loro origine etnica, e non nazionale.
12 gennaio: arriva, in bella apertura, una volta riordinate le idee, l'intervista al sindaco Giuseppe 'Beppe' Sala, l'uomo sotto accusa, che sa però di poter giocare 'in casa', sulla carta del giornale compiacente. L'intervista, a cura di Sandro Riccardis e Massimo Pisa, viene titolata "Sala e le violenze di Capodanno: 'Sulla sicurezza faremo di più'". Strimgiamci a coorte, queste cose non possono accadere, mi scuso, faremo di più. Frasi che si potevano scrivere anche senza andare a Palazzo Marino sprecando benzina. Non si capisce il passaggio (che passa, mi si scusi la ripetizione, sotto silenzio, essendo a metà intervista), in cui il Primo Cittadino dice che "gran parte del 'branco' arriva da fuori Milano". Cosa intende? Pioltello, Monza e Brianza, Sesto San Giovanni, raccogliendo l'assist del recente video girato con il 'milanese imbruttito', che considera 'giargianna' tutti coloro non nati all'interno delle mura spagnole? Boh, non si capisce. I due autori dell'articolo ci deliziano invece con i dettagli delle indagini: sugli indagati ci viene raccontato che hanno tra i 15 e i 21 anni, 10 sono italiani... ma di questi cinque sono di origine nordafricana... ah, ecco, e otto sono invece stranieri. Quindi, riassumendo, su 18 ben 13 sono stranieri, maghrebini o giù di lì. Chiudo con l'articolo, e non poteva mancare nemmeno quello, di analisi sociale, a firma Brunella Giovara, che si inoltra in stile 'inviata di guerra' (e forse questo è pure vero e dovrebbe fare pensare) nei mega palazzoni popolari di San Siro e via Imbonati dove questo pattume vive e sopravvive.
Chiudiamo con una nota a margine: in arabo esiste anche una espressione apposita per definire quanto avvenuto in piazza del Duomo (e durante il Capodanno di Colonia), giusto per ribadire quanto eventi del genere siano connaturati alla cultura sociale di questi popoli. Si chiama "taharrush gamea" e, citando Wikipedia, "è un'espressione in lingua araba che significa letteralmente “molestia collettiva”. Con questo nome si designa un'aggressione sessuale di massa ai danni di una donna, che può anche sfociare nello stupro".

lunedì 10 gennaio 2022

Silvia Roggiani, prima i commenti deliranti, poi il vittimismo

Silvia Roggiani (foto profilo Facebook)
Non sarebbero nemmeno da commentare le parole di Silvia Roggiani, ennesima piddina 'buonista' abile solo nel parlare a vanvera guidata da confuse prese di posizione demagogiche o dalla malafede di una cecità politica a caccia del voto di turno.
Allucinante e vergognosa la sua intervista rilasciata alla sezione milanese del quotidiano "La Repubblica" (e chi altri, se no?), in cui definiva le violenze subite da diverse ragazze nel centro di Milano la notte di Capodanno "figlie di una cultura troppo patriarcale della nostra società".
Insomma, in pratica la colpa sarebbe nostra, dei nostri genitori e dei nostri nonni, di coloro che, forse la signora Roggiani, in preda ad acuto delirio non lo sa, ci hanno invece insegnato il valore del rispetto e della democrazia. Quella stessa democrazia che, a furia di 'accoglienza indiscriminata', sta cadendo maciullata sotto i piedi di chi, invasore, non ne conosce né il valore né il significato.
Più che giustificata e logica la reazione del 'leghista' Alessandro Morelli che, sui'social' aveva così commentato: "Fanno arrivare qui decine di migliaia di persone senza alcun controllo né preoccupazioni su come possano integrarsi, poi però se succede qualcosa è colpa della 'nostra società' (?) e del 'patriarcato'. Ma per favore!". Normali schermaglie politiche, ma parole inappuntabili.
Nasce da questo innocuo post il piagnisteo della Roggiani che lamenta insulti e minacce sui propri 'social', lamentazioni ovviamente riprese dalla stampa compiacente, la medesima che si diverte, al contrario, nel fare gara all'insulto, ignorandone le conseguenze, contro 'donne di Destra' come Silvia Sardone e Susanna Ceccardi, contro cui le minacce di stupro si trasformano spesso in auguri di morte.
L'importante è sapere con chi si ha abbia a che fare. Da quelle parti usa così. Ogni mezzo è buono per colpire l'avversario. Ma, anche stavolta, ed è l'ennesima, si è abbondantemente pisciato fuori della tazza. Non facile per una donna.

mercoledì 20 ottobre 2021

Annalisa Cuzzocrea oltre il senso del ridicolo: non sono io che sbaglio, siete voi in malafede

Il profilo Twitter di Annalisa Cuzzocrea
Giornalisti, purtroppo, si diventa con una fantomatica tessera ricevuta attraverso un esame bizzarro in quel di Roma, di cui conservo ancora momenti di ampia ilarità. Eppure possedere la tessera dell'Ordine dei Giornalisti è bello e importante, qualcosa di cui essere orgogliosi.
Non mi piace criticare i colleghi, errori ne abbiamo fatti tutti, io per primo. E, aggiungo, ciò che si scrive sui 'social' dovrebbe essere 'ban free' e libero da qualsiasi ritorsione da parte di chi gestisca il mondo del web. E' anche vero però che, una volta scritta e lanciata un'opinione, la reazione debba essere attesa.
La vicenda legata ad Annalisa Cuzzocrea, giornalista de La Repubblica, una delle testate capofila del 'politicamente ipocrita', assume dei toni inattesi proprio da parte di quella casta di 'giornalisti illuminati', pronti a sbandierare la bandiera degli 'haters'. Loro, le povere vittime, che non certo odio hanno provocato, ma legittima indignazione sì, grazie ad articoli che troppo spesso fanno intravedere, o vedere benissimo, l'obiettivo finale delle loro cosiddette cronache.
Riassunto delle puntate precedenti. La 'Kuzzo' (questo il suo nome di battaglia su Twitter, si sa, ai 'kompagni' una kappa buttata lì in mezzo dà sempre un certo tono barricadero e descamisado) se ne esce con il seguente 'tweet' su Giorgia Meloni: "Giorgia Meloni, interamente vestita di nero, lascia platealmente l’aula non appena la ministra Lamorgese conclude il suo intervento #opencamera".
Un 'interamente vestita di nero' buttato lì, come una pera sugli spaghetti alla carbonara, assolutamente inutile ai fini della cronaca politica (che poi da più parti pare manco fosse nero, ma blù scuro, ma tant'è, per amor di falsità si fa questo e altro), semmai a voler aggiungere in maniera subdola una 'veste' precotta e sfornata al lettore di turno, le 'simple minds' degli italiani avidi compratori del foglio fondato da Eugenio Scalfari, fazzoletto rosso al collo e "Bella Ciao" ascoltata in loop lungo tutto l'arco della giornata.
Seconda puntata: la Meloni, anche giustamente, un po' si inkazza (anche qui con la 'K') e, visto che la 'querelle' era nata su Twitter, su Twitter la fa proseguire, pubblicando lo 'screenshot' dell'uscita della Cuzzocrea (questo lo riporto come letto 'online', ho cercato il 'tweet' senza recuperarlo).
Inevitabile, sul profilo della 'pericolosen Ciorcen neufascisten', si scateni la protesta dei 'fan' di Giorgia. Che, ovviamente, esattamente come i 'compagni' fanno con la Meloni (tipo metterne la foto dell'autobiografia al contrario con la testolina in giù, innocuo e inoffensivo riferimento, ma se fatto da quei lidi nessuno fiata) non si prodigano in complimenti verso la Cuzzocrea, eccedendo, come ormai capita SEMPRE sul web, anche nelle offese e pure in minacce nemmeno troppo velate, che vengono scelte accuratamente (fra le migliaia di commenti pervenuti) per essere esposte, ancora una volta su Twitter.
Apriti cielo! La 'povera vittima' diventa un novello Saviano, paladina dell'antifascismo da cioccolatino ripieno che riempie le redazioni dei giornali di regime, ovviamente 'sdraiate' e genuflesse verso la propria nuova eroina.
Per Il Riformista "I fan di Meloni scatenano una ‘shitstorm’ contro Annalisa Cuzzocrea", mentre Huffington Post titola "La giornalista Cuzzocrea finisce nella shitstorm dei fan della Meloni"; secondo NextQuotidiano "Annalisa Cuzzocrea vittima degli hater di Giorgia Meloni".
Nel totale delirio la Direzione e il Comitato di Redazione de La Repubblica emettono addirittura un doppio comunicato (o comunicato congiunto) su quella che definiscono "aggressione social ad Annalisa Cuzzocrea". Lascio il link per farsi quattro risate o, più tristemente, per comprendere fino a che punto il 'pensiero unico' orwelliano del mondo 'post covid' pretenda di fare presa sull'italiano medio, con frasi assurde del tipo "intimidazione" e "campagna di stampo fascista e squadrista".
A corredo conclusivo della vicenda, dopo aver compreso di aver calpestato la classica 'cacca', la risposta che la Cuzzocrea aveva pubblicato, sempre sul consueto Twitter, tentando una sorta di dietrofront: "Ragazzi, calma. Ho raccontato una cosa vista come faccio in ogni pezzo e anche qui. Descrivendo cravatte, vestiti, particolari. Non c’era niente sotto. Chi mi sta riempiendo di insulti su ogni muro è in malafede". Lei faceva 'cronaca', capito? Parlando dell'abito stile Darth Vader della Meloni lei si stava limitando a fare una normale, semplice, innocua descrizione, senza alcun secondo fine. Ed è chi, come il sottoscritto, ci ha visto un 'filino' di malafede, a essere lui, sì, invece, in chiara malafede, entrando di diritto nell'ormai aula magna degli odiatori di professione, dei fascisti rancorosi, dei prezzolati della violenza online. Pronto per essere nuovamente bannato dai social, di modo che, finalmente, nell'immensità del web, possa circolare solamente la meravigliosa 'produzione letteraria' di tutte le piccole e grandi giornaliste de "La Repubblica".

venerdì 25 giugno 2021

Massacro a Würzburg, "La Repubblica" ignora la notizia

L'apertura di oggi, ore 23.17, de "La Repubblica"
E' un africano, un somalo per la precisione, l'autore del massacro di Würzburg, in cui tre persone sono state uccise e sei ferite a colpi di coltello.
Una persona con problemi mentali, scrivono i giornali, ma nessuno in prima pagina sottolinea come il 'nero' abbia gridato "Allah Akhbar" ('Allah è grande') durante la strage, notizia poi riportata dal ministro dell'Interno bavarese, Joachim Herrmann, in conferenza stampa. Un 'bastardo islamico', termine già utilizzato in passato dal quotidiano "Libero", ma che può tornare buono in ognuno di questi attentati di matrice religiosa. Anzi, islamica.
Ho parlato sopra di 'prima pagina'? Che sbadato. Qui sotto potete vedere in che posizione "La Repubblica", il giornale dei 'buonisti' per antonomasia, abbia posizionato la notizia. E' quella cerchiata in rosso, nella quarta foto rimpicciolita. Di fronte all'ennesimo attacco terroristico, una vera e propria strage da apertura, il 'foglio' del mainstream di regime ritiene tre morti e sei feriti gravi per mano dell'ennesimo omicida islamico una 'non notizia'.
In primo piano la condanna dell'agente Chauvin, autore dell'omicidio Floyd (notizia importante, sicuramente meno di una strage, visto che si tratta di una condanna su un fatto già chiuso), lo scontro fra due barche sul lago di Como con morto annesso (spiace, ma è fredda cronaca locale), una bella news contro Orban, che non guasta mai, il bracciante nero morto in Puglia per il caldo (un nero che muore a Sinistra si intona sempre con "Il Quarto Stato"di Pelizza da Volpedo), e si arriva perfino a parlare dell'esistenza degli UFO. Ma c'è tanto altro ancora, prima di parlare di quei 'cattivoni' di tedeschi uccisi dal 'povero nero' somalo. Buonanotte informazione, il giornalismo libero dorme sonni profondi.

Ho provato a scorrere il sito de "La Repubblica" per trovare la notizia della strage di Würzburg. La vedrete spuntare nella parte bassa della quarta foto, cerchiata in rosso. Ecco come questo giornale di 'informazione' considera i morti europei per mano straniera.

martedì 2 giugno 2020

E su "La Repubblica" si paragona l'America a Iran e Cina

Gli 'statisti' citati da "La Repubblica" nell'articolo anti Trump
Lo fa sotto voce, ma lo fa. Senza ritegno. Negli ultimi giorni "La Repubblica" che pure, con la nuova direzione, ha fatto qualche passo in avanti nei confronti della qualità della propria informazione, ricasca sempre nel proprio vizio originale, quello di una demagogia sinistrorsa e preconcetta.
E così gli ultimi giorni si sono riempiti di prime pagine dedicate alla 'Nuova Destra' che scende in piazza, in cui vengono curiosamente dimenticate le pagliacciate di ANPI e altri ex combattenti ex tutto che, il 25 aprile prima e il 1° maggio poi, sono scesi in piazza somministrandoci la consueta litania sui 'valori della resistenza'.
Pur di rimestare nel torbido ora si dà, ovviamente, addosso a Donald Trump, cui è stata sommariamente data la colpa della morte di George Floyd, ucciso, in una città governata da un sindaco ebreo democratico di sinistra, da un poliziotto che già aveva compiuto atti di violenza ma che nemmeno era stato indagato da un procuratore donna, Amy Klobuchar, che avrebbe dovuto correre alla vicepresidenza per Joe Biden, espressione antitrumpiana per ecellenza. Ma la colpa, per "La Repubblica" (e non solo) resta di Trump. Un po' come in Italia, dove la colpa è di Salvini. O in Europa, dove la colpa è di Orban.
Così, l'argomento principe del 2020, dopo il coronavirus, è la morte di Floyd, scusa rigeneratrice degli spiriti eternamente sconfitti di chi vota a Sinistra.
Fino ad affermare che, dietro le violenze avvenute dopo la morte del nero di Minneapolis ci siano i suprematisti bianchi. Che sia colpa di Trump se la polizia, di fronte a disordini incommentabili e da guerra civile, si permetta di caricare i 'dimostranti' (in realtà bande di violenti e criminali).
Fino ad arrivare a regalare più di mezza pagina alle rimostranze di Paesi come Iran e Cina (cui viene aggiunta la Russia), dei quali, per carità di patria, vengono ammesse le politiche - come dire? - un filino dittatoriali. Insomma, si arriva a fare un paragone fra lo Stato che, nel bene e nel male, rimane comunque un punto di riferimento democratico per le nazioni di tutto il mondo, e due fra le nazioni più sanguinarie e monolitiche del pianeta. Espressione guarda caso delle due ideologie più infette mai esistite, che solo noi, figli degeneri di una Europa un tempo rispettata e temuta, abbiamo accolto senza ritegno nei nostri confini: il comunismo e l'islamismo.

sabato 18 aprile 2020

Noi non siamo come Michele Serra

L'articolo di Michele Serra
Tutti noi scriviamo e diciamo (talvolta) stupidaggini. Alcuni però sono prezzolati per farlo, e non ne hanno vergogna. L'ultimo 'articolo' vergato da Michele Serra per "La Repubblica" (riprodotto nella foto) ne è un mirabile esempio. Non perderò tempo a snocciolarvi quello che non è solo l'ultima espressione del Serrapensiero, ma è la linea di un giornale impareggiabile espressione del Minculpop globalista, è la maniera di pensare di un certo miserabile credo politico, è il rimasuglio infetto di quella Italietta retrograda, di uno Stivale imbattutosi in una cacca pestata per strada.
Come replicare a uno come Michele Serra? Cercare di scovare a forza qualcosa all'interno di una zucca vuota rischierebbe di essere confuso con un atto di violenza. Che fermamente condanniamo, contro qualsiasi essere vivente, sia esso un bipede, un maiale o anche un'ameba. Si potrebbe noleggiare un aereo, tipo quelli che una volta si libravano sopra lo stadio di San Siro con una lunga striscia pubblicitaria (credo fosse "Termozeta"), ma con una scritta che potrebbe essere un lunghissimo "Vaffanculooooooo" con 72 'o' a rendere più chiaro il concetto. Ma non si vuole qui creare vittimismi né procedere a provocazioni gratuite, che potrebbero solo inorgoglire personaggi che si masturbano quotidianamente nel colpire e deridere l'uomo comune, forse perché essi stessi vittime complessate di abusi subiti nel passato, felici e dormienti fra le coltri di un rassicurante Potere che hanno deciso di rappresentare, magari persino inconsapevolmente.
Ci basti solo una certezza, poca roba, ma sufficente a inorgoglire noi, che certe cazzate non le pensiamo e non lo scriveremo mai. Perché "noi non siamo come Michele Serra". Una certezza che vale una garanzia.

mercoledì 15 aprile 2020

Cina senza vergogna: "Saremo i guardiani dell'ordine mondiale"

L'intervista pubblicata da "La Repubblica"
Più che un auspicio una minaccia: sono le parole dell'ambasciatore cinese a Roma, Li Junhua in una intervista rilasciata a "La Repubblica", capofila dei giornali 'sdraiati' di fronte alle 'veline' governative, tutte coordinate verso il classico atteggiamento del 'buonismo globalizzante'. Il fato che il Coronavirus sia arrivato dalla Cina e sia stato diffuso originalmente dai cinesi (peraltro ancora da dimostrare che il virus sia nato in maniera casuale) non è nemmeno preso in considerazione: "La Cina è pronta a fare da guardiana all'ordine mondiale e da riparatrice dell'economia globale", l'espressione dell'ambasciatore. Figurarsi.
Di più, il cinese fa la parte della vittima, incensando l'atteggiamento della dittatura che rappresenta, e sottolineando come la Cina abbuia avuto un atteggiamento "aperto, trasparente e responsabile, riconosciuto dalla comunità internazionale e dall'Oms" nel diffondere le informazioni sulla nascente crisi, e sostenendo che l'accusa di avere 'nascosto l'epidemia' celi "secondi fini e malizia".
"Vorrei sottolineare - ha aggiunto - che il primo Paese ad aver fatto rapporto all'Oms in merito all'epidemia è stata la Cina, ma non ci sono ancora certezze sull'origine del virus... L'Oms si oppone alle teorie sul legame tra il virus e Paesi e regioni specifici. Purtroppo gruppi politici di alcuni Paesi fruttano il Covid-19 per diffamarci".
Infine, in chiusura, la cupa minaccia, travestita da 'mano tesa': "Tutti stanno discutendo su come si possa migliorare la globalizzazione: la Cina è disponibile a impegnarsi in questa sfida insieme agli altri Paesi ed è pronta a fare da guardiana dell'ordine mondiale, da riparatrice dell'economia globale e da contributrice allo sviluppo e alla prosperità del mondo intero". No grazie.

sabato 25 gennaio 2020

"La Repubblica" si inventa il neonazismo dilagante il giorno prima delle elezioni

Trasformare una notizia di secondo piano in 'apertura'...
Essere di Sinistra non significa essere stupido o in malafede. Anzi. E' quasi normale abbracciare ideali nobili, specie in gioventù. I titoli de "Il Manifesto" mi hanno sempre divertito. Diretti, chiari nel loro prendere posizione. L'opposto del cialtronismo de "La Repubblica", classico becerame da Sinistra salottiera, autocompiacente verso le falsità disseminate a piene mani per creare notizie false (le famose 'fake news') e diffondere demagogia.
E' il caso di questa disgustosa prima pagina pubblicata oggi (immagine a lato), una foto di un fatto spiacevole di cronaca locale, degno di una pagina interna (forse piuttosto indietro, nella cronaca, appunto, locale) una bravata di qualche stupido idiota eretta a totem di un inesistente pericolo neonazista incombente, guarda caso, il giorno prima delle elezioni che oppongono al fortino comunista emiliano, l'Emilia Romagna, l'avanzata del Centrodestra, o almeno così viene ancora definito, capeggiato dalla Lega di Matteo Salvini. Che tutto è fuorché di Destra. Piaccia o non piaccia ai salotti della Sinistra radical-chic, Salvini piace perché è 'popolare', non 'populista', perché va tra la gente e vive tra la gente, cosa che questo giornalismo becero non sa o non vuole sapere. La frase "Juden Hier" vergata dallo 'stupido ignoto' è un attentato all'intelligenza di chi l'ha scritta, il titolo "Juden Hier" del giornale di Eugenio Scalfari è un attentato alla nostra libertà di informazione.

venerdì 9 ottobre 2009

Silvio, il Movimento Martiano, Toffolo e 'Alien'

Giorni bui per l’Italia, sebbene io viva lontano lontano. Osservare i tentativi della serpe comunista di schiacciare la testa di Silvio fa male, un po’ come vedere la spazzatura di sinistra riempire di nuovo le piazze e l’informazione italiana. Fra poco ci sarà qualcuno che tornerà a vagheggiare di Cuba e Corea del Nord, additando il Movimento Martiano di terrorismo anticastrista. Parola d’ordine: resistenza.
Intanto il ‘democratico’ giornale La Repubblica definisce il film su Barbarossa sponsorizzato dalla Lega un inutile fumettone su un personaggio inventato. Fortunatamente la presenza di Repubblica sul mio tavolo dura un nanosecondo, giusto il tempo di scartarne il Corriere Canadese e gettarla nel cestino dei rifiuti. Personalmente ritengo Silvio Martinelli un regista palloso, per cui può essere che il film non sia un kolossal alla Ridley Scott. Strano, perché di solito i film ‘lenti’ e carichi di struggenti intensi momenti sono quelli per cui va pazza la sinistra con ‘barba lunga’ e occhiali spessi. Io ho sempre preferito guardare la quadrilogia di ‘Alien’ e ‘Predator’, per cui preferisco tenermi le eventuali critiche al momento in cui guarderò il film, consapevole che quelle di Repubblica valgono come un rotolo di carta igienica usato al posto della tovaglia.
L’untuoso Fini ha pubblicato un documento in cui sostiene l’esimio presidente proveniente dal PCI, ma da tempo avevamo capito che di questo personaggio ci si può fidare come del ‘guerriero longobardico’ interpretato da Lino Toffolo nell’’Armata Brancaleone’.
A Toronto posso pensare tranquillamente all’hockey ghiaccio, anche se i Maple Leafs fanno cagare forse anche più del Milan di proprietà, guarda caso, proprio di Berlusconi. E qui si chiude il cerchio. Ancora Silvio, e qui sì mi incazzo. Sul Milan non si scherza, mai. L’inflazione può galoppare, il debito pubblico sprofondare, ma i ‘ragazzi’ sono loro la nostra bandiera. In questo caso, caro Silvio, passo all’opposizione. Stai tranquillo: non sono qui per giudicarti. Se ti va una ‘bambolina’, nessun problema, Toronto ne è piena. Però, mi consenta, ci vado prima io…

Nel frattempo vi regalo un paio di dati sull'Eden cubano che la sinistra italica, Repubblica e la finta informazione del Belpaese ci danno, spingendoci al turismo sessuale (condivisibile) e a quello della magliette rossonere (bel colore) col faccione del Che (patetico)...
Dal 1959 a oggi:
Giustiziati ufficialmente: 5.760.
Stime degli oppositori: 88.000, di cui 18.000 per esecuzioni, 3.000 per esecuzioni extragiudiziarie, 1.000 morti in prigione e 66.000 morti per aver tentato di fuggire da Cuba.
Secondo Cuba Archive, ricerche incrociate evidenziano 9.000 morti e 77.000 "balseros" morti nel tentativo di fuggire da Cuba.
E buon 'Annozero' a tutti!

martedì 12 maggio 2009

Berlusconi boom! Siluro alla panchina di Ancelotti

Non c’è pace nel calcio milanese e, tutto sommato, c’è pure una certa carenza di classe. Dopo avere ‘fustigato’ alcune scelte fatte in ‘casa Inter’ sulla difesa a oltranza di quei giocatori che, oltre che giocare (bene) al pallone si dilettano nell’alzare dita e braccia verso i tifosi (propri e altrui) non posso esimermi dal varcare il Naviglio per terminare in quell’autentico ‘cimitero delle buone intenzioni’ che è l’attuale Milan.

La notizia è di stamani e come fonte ha il giornale “La Repubblica” (quindi mi chiedo: sarà attendibile?), però non è poi così improbabile: il Premier Silvio Berlusconi, in visita in Egitto, avrebbe attaccato senza mezze misure l’allenatore rossonero Carlo Ancelotti, mettendo così fine al suo lungo regno di guida milanista: “E’ colpa di Ancelotti se abbiamo perso lo scudetto" avrebbe detto il ‘numero uno’ milanista a un gruppo di turisti che lo avrebbe interpellato al riguardo. E ancora: “Potevamo tenere testa benissimo all'Inter. Molte volte abbiamo davvero sbagliato la tattica. Noi abbiamo tanti calciatori bravissimi nel palleggio e avremmo dovuto puntare su quello, invece abbiamo fatto il contrario".

Mi chiedo: ma ci sarà stato casualmente un giornalista fra i turisti presenti, pronto a sfoderare il bloc-notes? Ma non è finita. Il Berlusconi-pensiero prosegue: "Troppe volte abbiamo preso gol nella parte finale della partita"... Continua a leggere su Milano 2.0